Lo studio ENVISAGE-TAVI AF: troppi sanguinamenti con edoxaban
di Vittoria Rizzello
14 Settembre 2021

Nel corso dell’edizione 2021 del Congresso Europeo di Cardiologia, appena conclusosi, sono stati presentati, in concomitanza con la pubblicazione sul NEJM (1), i risultati dello studio ENVISAGE-TAVI AF.

Nello studio edoxaban è stato confrontato, in aperto, con gli antagonisti della Vitamina-K (AVK) in una popolazione di 1426 pazienti (età media 82+5 anni; 47.5% donne), con fibrillazione atriale (FA) pre-esistente (99%) o incidente, sottoposti a TAVI.

I pazienti sono stati randomizzati 1:1 con un sistema web-based (da 12 ore a 7 giorni dopo la procedura) e rivalutati a 3 mesi, a 6 mesi e successivamente ogni 6 mesi fino a 3 anni.  Nel 46% dei pazienti erano presenti i criteri per la riduzione della dose di edoxaban (da 60 a 30 mg die). L’utilizzo di terapia antiaggregante associata (doppia terapia anti-aggregante per 3 mesi dopo la TAVI o singola terapia per sempre) era consentita, a discrezione del cardiologo curante. L’end-point primario di efficacia è stato l’incidenza di eventi clinici avversi netti, ossia l’insieme di morte per tutte le cause, infarto miocardico, stroke, tromboembolismo sistemico, trombosi della valvola e sanguinamenti maggiori (secondo la International Society Thrombosis and Haemostasis, ISTH). L’end-point primario di sicurezza è stato l’incidenza di sanguinamenti maggiori sempre secondo la definizione ISTH (ossia eventi emorragici con riduzione dell’emoglobina >2g, necessità di più trasfusioni, emorragia sintomatica in siti critici o sanguinamenti fatali).  L’analisi statistica è stata condotta in maniera gerarchica: non-inferiorità per l’end-point primario di efficacia, non inferiorità per l’end-point primario di sicurezza, superiorità per sicurezza e superiorità per efficacia.

Il follow-up medio è stato di 554 giorni nel gruppo randomizzato ad edoxaban e di 530 giorni nel gruppo randomizzato ad AVK.  La percentuale media di INR in range terapeutico nel gruppo  in AVK è stata  del 64%. Le percentuali di interruzione del trattamento durante il follow-up sono state del 30% e del 40%, rispettivamente nel gruppo edoxaban e nel gruppo AVK. L’end-point primario di efficacia si è verificato in 170 pazienti nel gruppo edoxaban e in 157 patienti in AVK (HR 1.05; 95% IC 0.85-1.31; P=0.01 per non-inferiorità). L’end-point primario di sicurezza si è verificato in 98 pazienti in edoxaban e in 68 pazienti in AVK (HR 1.04; 95% IC 1.03-1.91; P=0.93 per non-inferiorità). In particolare, le emorragie gastrointestinali sono state più frequenti con edoxaban. Poiché il test di non-inferiorità non è stato superato per gli eventi emorragici maggiori, le ulteriori analisi di superiorità non sono state effettuate. Nei pazienti in cui erano presenti i criteri per la riduzione della dose di edoxaban, l’incidenza di sanguinamenti era uguale a quella dei pazienti in AVK. In un’analisi pre-specificata è stato dimostrato che nei pazienti con associata terapia anti-aggregante (circa il 50% in entrambi i gruppi), i sanguinamenti totali e gastrointestinali erano maggiori con edoxaban rispetto agli AVK, mentre nei pazienti senza terapia anti-aggregante erano simili nei 2 gruppi.

Considerazioni.

I risultati dello studio ENVISAGE-TAVI AF appaiono sorprendenti e in controtendenza rispetto alla precedente letteratura sugli anticoagulanti orali diretti (DOAC), che hanno dimostrato, nei diversi trial sulla FA, un migliore profilo di sicurezza rispetto agli AVK (2). Anche nei trial sui pazienti con FA sottoposti a PCI, in cui era necessaria una terapia anti-aggregante, i DOAC si sono rivelati più sicuri in termini di eventi emorragici (3).    

L’insuccesso di edoxaban nello studio ENVISAGE-TAVI è stato in parte attribuito alla più alta percentuale di interruzione del farmaco nel gruppo AVK e alla possibilità che l’INR fosse al di sotto del target in una percentuale non irrilevante di pazienti in AVK. Inoltre, il disegno in aperto dello studio può aver influenzato i risultati a sfavore di edoxaban.

Tuttavia, potrebbe essere ragionevole pensare che l’insuccesso sia legato piuttosto a un’intrinseca complessità e vulnerabilità del paziente con stenosi aortica sottoposto a TAVI che lo espone a un rischio più alto di sanguinamento. In effetti, il CHA2DS2-Vasc score medio della popolazione inclusa nello studio è stato 4.5 (quindi  più alto che nei precedenti trial sulla FA). È infatti noto che molte delle variabili incluse nel CHA2DS2-Vasc score, tra cui l’età, (che era significativamente più alta rispetto ai trial registrativi dei DOAC), l’insufficienza renale, l’ipertensione, la storia di stroke, l’utilizzo concomitante di antiaggreganti, rappresentano anche un fattore di rischio per gli eventi emorragici.  Proprio la presenza di terapia anti-aggregante (giudicata necessaria a discrezione dei cardiologi che avevano in carico i pazienti) è stata correlata, ad un’analisi pre-specificata dello studio, con un più alto numero di sanguinamenti rispetto agli AVK. Questo dato è in linea con le precedenti evidenze del trial POPUular TAVI in cui l’aggiunta di clopidogrel in pazienti con FA e stenosi aortica sottoposti a TAVI si associava a un aumentato numero di emorragie (4). In questo studio però la popolazione era randomizzata a clopidogrel, mentre la scelta tra DOAC e AVK era a discrezione del clinico.  Sulla base del risultato dello studio POPUular TAVI, il recente documento di consenso del Working Group on Thrombosis e dell’European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions ha ritenuto preferibile l’utilizzo della singola terapia anticoagulante dopo TAVI in pazienti con FA, piuttosto che la terapia combinata anticoagulante e antiaggregante (5). I risultati dello studio ENVISAGE-TAVI sembrano dare maggiore supporto a questa indicazione.

Se questo minor profilo di sicurezza di edoxaban rispetto agli AVK, nei pazienti con FA sottoposti a TAVI, in particolare in associazione con la terapia antiaggregante, sia isolato o un “effetto di classe” merita di essere valutato in studi dedicati. Inoltre, trial randomizzati che valutino l’utilizzo isolato dei DOAC verso gli AVK in questa specifica popolazione di pazienti sono fortemente auspicabili. 

REFERENCES

  1. Van Mieghem NM, Unverdorben M, Hengstenberg C, et al. Edoxaban versus Vitamin K Antagonist for Atrial Fibrillation after TAVR. N Engl J Med. 2021 Aug 28 E-pub ahead of print.
  2. López-López JA, Sterne JAC, Thom HHZ, et al. Oral anticoagulants for prevention of stroke in atrial fibrillation: systematic review, network meta-analysis, and cost effectiveness analysis. BMJ. 2017;359:j5058. 
  3. Capodanno D, Di Maio M, Greco A, et al. Safety and Efficacy of Double Antithrombotic Therapy With Non-Vitamin K Antagonist Oral Anticoagulants in Patients With Atrial Fibrillation Undergoing Percutaneous Coronary Intervention: A Systematic Review and Meta-Analysis. J Am Heart Assoc. 2020;9:e017212.
  4. Nijenhuis VJ, Brouwer J, Delewi R, et al. Anticoagulation with or without Clopidogrel after Transcatheter Aortic-Valve Implantation. N Engl J Med. 2020;382:1696-1707.
  5. Ten Berg J, Sibbing D, Rocca B, et al. Management of antithrombotic therapy in patients undergoing transcatheter aortic valve implantation: a consensus document of the ESC Working Group on Thrombosis and the European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions (EAPCI), in collaboration with the ESC Council on Valvular Heart Disease. Eur Heart J. 2021;42:2265-2269.