Lo storm elettrico vuole l’ablazione
di Filippo Stazi
21 Gennaio 2025

L’ablazione transcatetere riduce significativamente la mortalità a breve e medio termine rispetto alla sola terapia medica nei pazienti con storm aritmico e cardiopatia strutturale. Questo è quanto sembra emergere da uno studio (1) recentemente pubblicato su JACC Clinical Electrophysiology. Lo storm aritmico o elettrico (ES), comunemente definito come il verificarsi di 3 o più episodi prolungati di aritmia ventricolare (VA) in <24 ore o di una VA incessante che dura più di 12 ore, è una condizione pericolosa per la vita e rappresenta una grave emergenza cardiologica. L’incidenza di ES nei pazienti con cardiopatia strutturale (SHD) varia dal 3% all’8%, a 3 anni, nei pazienti con defibrillatore impiantabile (ICD) in prevenzione primaria e fino al 28% nei pazienti con ICD in prevenzione secondaria. Inoltre, nei pazienti con SHD, la comparsa di ES è associata ad un incremento della mortalità, sia per cause aritmiche che non aritmiche, tanto in acuto che a lungo termine con una mortalità a 1 anno di circa il 35%. Sebbene l’ablazione transcatetere (CA) con radiofrequenza sia ormai un consolidato trattamento dell’ES, i dati riguardanti il suo impatto sulla mortalità a breve e lungo termine in questa popolazione rimangono poco chiari (2-3). Precedenti studi osservazionali hanno evidenziato risultati migliori nei pazienti trattati con CA rispetto alla sola terapia medica ma tali risultati sono inficiati dalle piccole dimensioni delle popolazioni arruolate e dai bias tipici delle analisi non randomizzate. In questi studi, infatti, i pazienti sottoposti a CA presentano in genere profili clinici meno gravi rispetto a quelli gestiti con terapia medica e ciò inevitabilmente introduce variabili confondenti che influiscono sull’analisi dei risultati.

Partendo da questi presupposti lo studio di Benali (1), ampio e multicentrico, ha indagato l’impatto della CA sugli esiti di sopravvivenza nei pazienti ricoverati per ES utilizzando l’approccio statistico  del Propensity Score Matching (PSM) ideato per bilanciare le caratteristiche essenziali associate all’uso della CA o della terapia medica.

Nell’analisi sono stati inclusi 780 pazienti (86% maschi, età mediana 66,0 anni [Q1-Q3: 56,0-75,0 anni]), ricoverati consecutivamente nelle unità di terapia intensiva di 4 centri terziari per la gestione dell’ES nel contesto di SHD tra gennaio 2010 e marzo 2023. 288 soggetti (36,9%) sono stati sottoposti a CA e 492 (63,1%) sono stati trattati con la sola terapia medica. Endpoint primario dello studio era la mortalità a 1 anno dalla dimissione. Gli endpoint secondari erano la mortalità intraospedaliera, il tasso di recidiva di ES a 1 anno e la sopravvivenza a 3 anni dopo la dimissione. L’età mediana dei pazienti sottoposti a CA (66 anni [Q1-Q3: 56-75 anni]) e dei pazienti trattati con la sola terapia medica (67 anni [Q1-Q3: 58-72 anni]) era abbastanza simile, mentre i maschi erano più frequenti nel gruppo terapia medica (90,3% vs 83,1%; P = 0,006). Non sono state riscontrate differenze significative nella prevalenza di ipertensione, diabete mellito, dislipidemia, tabagismo, malattia polmonare cronica ostruttiva, fibrillazione atriale o malattia renale cronica tra i gruppi di trattamento. I pazienti sottoposti a CA hanno invece mostrato differenze significative rispetto ai pazienti trattati con terapia medica, tra cui una LVEF più elevata (36,9% ± 6,1% vs 33,5% ± 5,3%; P < 0,001), un tasso inferiore di classe funzionale NYHA III o IV (25,0% vs 34,6% ; P = 0,005), una percentuale maggiore di pazienti con precedente CA per VA (18,1% vs 9,1%; P <0,001) e un uso maggiore di beta-bloccanti (86,1% vs 65,9%; P < 0,001) e amiodarone (33,6% vs 21,3%; P < 0,001). I pazienti trattati solo farmacologicamente avevano invece maggiori probabilità di essere portatori di ICD al momento dell’ES (75,0% vs 67,9%; P = 0,001).

Il PSM ha prodotto una coorte abbinata di 576 pazienti, di cui 288 trattati con la sola terapia medica e 288 sottoposti a CA. Nella popolazione comparata, non è stata osservata alcuna differenza significativa relativamente alle principali caratteristiche demografiche. Tra i 288 pazienti sottoposti a CA, è stata necessaria una ripetizione della procedura in 26 (9,0%), mentre è stata eseguita l’ablazione epicardica in 42 (14,6%). Complicazioni significative della procedura si sono verificate in 14 (4,9%) pazienti, tra cui 3 fistole artero-venose, 7 ictus o attacchi ischemici transitori, 2 versamenti pericardici trattati in modo conservativo e 2 tamponamenti che hanno richiesto pericardiocentesi. Non sono stati segnalati decessi correlati alla procedura.

Nella coorte abbinata, la recidiva di ES a 1 anno si è verificata in 15 (5,2%) pazienti nel gruppo CA e in 76 (26,3%) pazienti nel gruppo terapia medica (P < 0,001). I tassi di sopravvivenza complessivi a 1 e 3 anni dopo il ricovero per ES erano 75,6% (IC 95%: 72,2%-79,2%) e 65,5% (IC 95%: 61,1%-70,3%), rispettivamente. Un totale di 73 (12,7%) pazienti sono morti durante la degenza ospedaliera per ES. La mortalità intraospedaliera è stata significativamente inferiore nel gruppo CA rispetto al gruppo terapia medica (7,6% vs 17,7%; P < 0,001). Allo stesso modo, la sopravvivenza a 1 anno dopo la dimissione nei pazienti sottoposti a terapia di ablazione (91,2%; IC 95%: 87,8%-94,7%) è stata significativamente più elevata rispetto a quella dei pazienti trattati con terapia medica (80,7%; IC 95%: 75,8% -85,9%; P<0,001). Nelle analisi di regressione univariata di Cox, la CA è stata associata a una riduzione del 59% del rischio di morte a 1 anno (HR: 0,41; IC 95%: 0,29-0,59; P < 0,001). È interessante notare che il miglioramento della sopravvivenza sembra essere persistente a 3 anni, sebbene i 2 gruppi di trattamento fossero più vicini in termini di sopravvivenza.

Tra i pazienti con una causa di morte documentata quelle cardiovascolari hanno rappresentato il 65,8% dei casi (il 59% dovuto al peggioramento dell’insufficienza cardiaca e il 7% attribuito a ES intrattabile), mentre le cause non cardiache hanno rappresentato il 34,2% dei decessi. Dall’analisi per sottogruppi l’età avanzata non sembra influenzare l’effetto della CA sulla sopravvivenza a 1 anno e infatti l’impatto della terapia di ablazione è rimasto coerente nei pazienti di età superiore ai 70 anni (HR: 0,39; IC al 95%: 0,24- 0,66; P < 0,001), anche se l’effetto era maggiore nei pazienti più giovani (HR: 0,28; IC 95%: 0,11-0,60; P¼ 0,007). D’altro canto, i benefici in termini di sopravvivenza sembrano essere principalmente determinati dall’impatto della CA nel sottogruppo di pazienti con LVEF più bassa (≤ 35%) (HR: 0,39; IC 95%: 0,27-0,59; P < 0,001), mentre il beneficio è stato meno pronunciato nei pazienti con LVEF >35% (HR: 0,59; IC 95%: 0,23-1,02; P = 0,085). Infine, la CA sembra migliorare significativamente la sopravvivenza a 1 anno sia nei pazienti con cardiomiopatia non ischemica (HR: 0,51; IC 95%: 0,23-0,85; P = 0,014) che ischemica (HR: 0,40; IC 95%: 0,26-0,62; P <0,001).

I risultati principali di questo lavoro sono dunque i seguenti: 1) l’uso della terapia di ablazione è associato a una riduzione significativa della mortalità a breve e medio termine rispetto all’uso della sola terapia medica; 2) i benefici di sopravvivenza sembrano prevalere nel sottogruppo di pazienti con LVEF <35% e 3) L’ablazione per ES è una procedura sicura ed efficace, associata a un basso tasso di recidiva di storm a 1 anno.

Nell’interpretazione dei risultati bisogna però tenere conto che lo studio è stato condotto in centri iperspecialistici con, quindi, una competenza ablativa non facilmente replicabile sul territorio. Ciò nonostante, e pur considerando gli inevitabili limiti delle analisi PSM, questo lavoro, al momento la più grande analisi multicentrica sull’argomento, fornisce, per la prima volta, un’ampia panoramica dell’impatto della CA dell’ES sulla sopravvivenza, riducendo al minimo i fattori confondenti associati alla selezione del trattamento.

Bibliografia:

  1. Benali K, Ninni S, Guenancia C et al.; Impact of catheter ablation of elecrtical storm on survival. A propensity score-matched analysis. J Am Coll Cardiol Clin Electrophysiol 2024; 10: 2117-2128
  2. Jentzer JC, Noseworthy PA, Kashou AH et al.; Multidisciplinary critical care management of electrical storm. J Am Coll Cardiol 2023; 81: 2189–2206
  3. Zeppenfeld K, Tfelt-Hansen J, De Riva M et al.; 2022 ESC guidelines for the management of patients with ventricular arrhythmias and the prevention of sudden cardiac death. Eur Heart J 2022; 43: 3997–4126