Lo scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata: un target di precision medicine
di Vittoria Rizzello intervista Michele Senni
02 Ottobre 2020

Lo Scompenso Cardiaco (SC) a funzione sistolica preservata (HFpEF) rappresenta circa il 50% di tutti i casi di SC ed è gravato da una prognosi purtroppo infausta. Inoltre la sua incidenza è in costante incremento per l’invecchiamento della popolazione e ciò determina un elevato burden socio-economico destinato ad aumentare nel tempo. A oggi lo HFpEF è ancora il più grande “unmet medical need” in cardiologia.

Prof. Senni perchè nessun farmaco è riuscito a migliorare ad oggi l’outcome dei pazienti affetti da HFpEF?

L’estrema eterogeneità fisiopatologica, clinica e di comorbilità associate, che caratterizza l’HFpEF spiega, in gran parte, l’insuccesso di una strategia terapeutica omnicomprensiva in pazienti HFpEF (il cosiddetto “one size fits all approach”) e pone le basi per una medicina personalizzata, volta alla cura di specifici fenotipi, con terapie che abbiano dimostrato, in determinati sottogruppi di pazienti HFpEF, di poter ridurre la morbilità e migliorare outcome surrogati, quali la qualità della vita.

Prof. Senni l’insuccesso delle terapie può essere almeno in parte imputabile a una diagnosi errata di HFpEF?

Nel momento in cui il medico si approccia al paziente con HFpEF e deve scegliere una terapia idonea, è anzitutto necessario verificare che ci sia una corretta diagnosi, poiché esistono molte patologie che possono mimare un HFpEF, quali la pericardite costrittiva, lo scompenso ad alta gittata, la cardiopatia valvolare o ischemica. Una diagnosi di certezza di HFpEF deve passare attraverso l’implementazione di diversi steps diagnostici, che includono anzitutto la valutazione di probabilità di malattia pre-test ed in seconda battuta l’uso di peptidi natriuretici ed ecocardiografia a riposo. Inoltre, esistono rari casi in cui il paziente, “etichettato come HFpEF”, presenta una eziologia specifica della malattia (ad esempio infiltrativa, ipertrofica, restrittiva, genetica), che potrebbe essere curabile e che va sempre ricercata.

Prof. Senni, una volta accertata la diagnosi di HFpEF, come è possibile fenotipizzare il paziente?

Negli ultimi anni, vari documenti di consenso hanno delineato le diverse modalità applicabili alla fenotipizzazione del paziente con HFpEF. Il primo di tali documenti, ancora estremamente attuale, descrive HFpEF come una malattia sindromica dove più anomalie cardiache e vascolari, fattori di rischio cardiovascolari e comorbilità extracardiache sovrapposte, possono essere presenti in varie combinazioni. Adattare strategie di trattamento specifiche per il fenotipo dominante di uno specifico paziente con HFpEF è un approccio promettente che può aumentare la probabilità di dimostrare un beneficio clinico.

I biomarcatori possono avere un ruolo nella fenotipizzazione del paziente con HFpEF?

In base ad opinioni di esperti l’uso di biomarcatori può essere utile per identificare sottogruppi con prevalente fibrosi miocardica, elevati marcatori di danno/ischemia miocardica o ancora con alterati marcatori di infiammazione. Dall’integrazione di tali biomarcatori con parametri clinico/fisiopatologici, elettrocardiografici ed ecocardiografici, possono delinearsi strategie terapeutiche differenti nei diversi pazienti con HFpEF.

Prof. Senni quest’integrazione si presenta estremamente complessa e di difficile attuazione nella pratica clinica. E’ in arrivo un aiuto per il “povero medico” che deve tenere conto di tutti questi elementi? 

In effetti, vista la mole di dati teoricamente da considerare nella sindrome di HFpEF, sono in fase di studio modalità di fenotipizzazione guidate da algoritmi matematici/statistici, il cosidetto “machine learning”, di cui la cluster analysis proposta per primo da Shah nel 2015 su Circulation rappresenta il primo esempio. Queste metodiche sicuramente sono destinate a impattare in futuro sulle nostre scelte terapeutiche, delineando fenogruppi che potranno verosimilmente rappresentare target terapeutici nei futuri trial clinici randomizzati

Prof. Senni può fornirci delle indicazioni terapeutiche da adottare in specifici macro-fenotipi di HFpEF?

L’ Esercizio fisico e la restrizione calorica sono raccomandabili in tutti i pazienti affetti da HFpEF, mentre il calo ponderale è un obiettivo irrinunciabile nei pazienti obesi. Gli ACE-inibitori e sartani sono indicati nei pazienti con HFpEF come farmaci di prima linea per l’ipertensione arteriosa e per la prevenzione del danno d’organo. Inoltre appaiono indicati nei pazienti con lieve riduzione della frazione d’eiezione. I beta-bloccanti nei pazienti con tachiaritmie atriali possono essere usati per controllare la frequenza cardiaca, come anche nei pazienti con HFpEF e coronaropatia. L’ipertensione refrattaria può trarre beneficio dall’uso dei calcio antagonisti diidropiridinici mentre le tachiaritmie atriali possono trarre beneficio da quelli non diidropiridinici. I bloccanti del recettore per i mineral-corticoidi hanno un ruolo nei pazienti con BNP elevato, pregresso ricovero per scompenso o evidenza di sovraccarico di volume. Un uso più mirato ne potrebbe derivare dall’identificazione mediante biomarcatori, quali ST2 e Galectina-3, di pazienti con elevato grado di fibrosi. I Diuretici dell’ansa dovrebbero essere usati nel paziente congesto. Una volta raggiunto lo stato euvolemico, la dose deve essere ridotta al minimo. Infine, è possibile prospettare un uso mirato di sacubitril/valsartan in pazienti scompensati con range di FE che vanno dal 40 al 50%, fino al paziente HFpEF con valori di FE fino a 55-60%, verosimilmente distinti in base al sesso (fino a FE pari a 55% se uomo, fino a 60% se donna).