L’inquinamento intossica il cuore? Il fattore di rischio di cui tutti soffriamo
di Flavio Giuseppe Biccirè
28 Dicembre 2021

Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la principale causa di morte in tutto il mondo con circa 18,6 milioni di decessi a livello globale nel solo 2019. Ma quali fattori dobbiamo combattere per contrastare la pandemia cardiovascolare? L’ipertensione? Il colesterolo? Il diabete? Non solo. Un nemico meno visibile ma altrettanto letale aumenta quotidianamente il nostro rischio cardiovascolare e andrebbe combattuto con lo stesso vigore: l’inquinamento.

Secondo la Commissione sull’Inquinamento e la Salute Lancet 2020, l’inquinamento ambientale è la principale causa di morte prematura reversibile al mondo1. Lo studio Global Burden of Disease (GBD) ha attestato l’inquinamento atmosferico come quarta causa mondiale di malattie e morte, con circa 9 milioni di decessi imputati in tutto il mondo all’anno2. Il 61,9% di questi era dovuto a malattie cardiovascolari, tra cui la cardiopatia ischemica (31,7%) e l’ictus (27,7%).

Appare sempre più importante dunque prendere in considerazione la letale interazione tra inquinamento e patologie cardiovascolari.

L’ultimo numero del New England Journal of Medicine (NEJM) si sofferma su questo, grazie ad un’interessante review che riassume le evidenze attuali sul collegamento tra l’inquinamento e le malattie cardiovascolari, suggerendo infine le possibili strategie di prevenzione3.

L’inquinamento atmosferico è una miscela complessa formata da gas e particelle di varia natura e dimensioni. La frazione di particolato (PM) dell’inquinamento atmosferico è classificata in base al diametro: le PM10 (diametro inferiore a 10 µm) possono essere inalate e penetrare nel tratto superiore dell’apparato respiratorio, dal naso alla laringe, le PM2,5 (diametro inferiore a 2,5 µm) raggiungono i bronchi e le polveri ultrafini (diametro inferiore ad 0,1 µm) gli alveoli e ancora più in profondità nell’organismo.  Le attività industriali, tra cui la produzione di energia, il traffico stradale e la combustione domestica, sono state identificate tra le più importanti fonti di emissione di un’ampia gamma di inquinanti. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stima che il 91% della popolazione mondiale risieda in luoghi in cui i livelli medi annuali di inquinamento atmosferico superano il livello di riferimento dell’OMS di 10 μg per millimetro cubo.

L’inquinamento atmosferico da particolato fine <2,5 mm (PM2,5) è il più importante fattore di rischio ambientale che contribuisce alla mortalità e alle patologie cardiovascolari (CV) globali. Aumenti a breve termine del PM2,5 aumentano il rischio relativo di eventi CV acuti dall’1% al 3% in pochi giorni4. Le esposizioni a più lungo termine per diversi anni aumentano questo rischio ancora di più (circa il 10%) probabilmente per lo sviluppo di condizioni fisiopatologiche come ipertensione e diabete mellito.

Quali sono i principali meccanismi attraverso i quali gli inquinanti provocano effetti tossici cardiovascolari? Il lavoro di Rajagopalan et al su NEJM li riassume, sottolineando come siano ben delineati per l’inquinamento atmosferico e il piombo, mentre poco conosciuti per altri metalli e la maggior parte degli inquinanti chimici. Gli autori classificano i meccanismi in tre grandi categorie: meccanismi iniziali, vie effettrici, e sviluppo di fattori di rischio. I meccanismi iniziali si verificano nel luogo dell’esposizione con il legame delle sostanze ai recettori e il successivo sviluppo di infiammazione. Per le esposizioni a metalli tossici e sostanze chimiche, sembrano avere un ruolo centrale l’esaurimento degli antiossidanti endogeni e lo stress ossidativo. I meccanismi effettori includono l’attivazione di vie neurali rapide e il rilascio di biomolecole come citochine infiammatorie, lipidi ossidati, cellule immunitarie, microparticelle e microRNA. Inoltre, un’alterazione del sistema endocrino si verifica con molte sostanze chimiche. Lo sviluppo di fattori di rischio per malattie cardiovascolari, come l’ipertensione e il diabete di tipo 2, è un evento in fase avanzata derivante da stress ossidativo cronico indotto dall’inquinamento e infiammazione. I meccanismi alla base dell’ipertensione arteriosa collegata a inquinamento atmosferico e intossicazione da piombo sembrano implicare alterazioni mediate da ossidoriduzione nel tono vascolare e sistema nervoso autonomo. L’infiammazione persistente e l’alterazione del sistema endocrino possono essere innescate inoltre dall’arsenico, dal cadmio e da molti prodotti chimici e può contribuire all’insulino-resistenza. Non ultimo, anche studi di laboratorio hanno dimostrato come un’esposizione prolungata al PM2,5 (per inalazione) di animali da laboratorio determina una riprogrammazione trascrizionale ed epigenetica.

Sembra ormai chiaro dunque come l’interazione inquinamento-sistema cardiovascolare rappresenti una grave minaccia alla nostra salute e necessiti di seri programmi di prevenzione così come avviene per gli altri fattori di rischio cardiovascolari.

Come si evince dal paper di Rajagopalan et al appare innanzitutto importante come primo passo includere l’inquinamento nei programmi quotidiani di prevenzione primaria e secondaria. Tra i vari accorgimenti da adottare, rientrano un’anamnesi accurata della storia dell’esposizione all’inquinamento per ciascun paziente, inclusa l’esposizione sul posto di lavoro, e la valutazione della suscettibilità individuale. Una recente dichiarazione dell’American Heart Association sulle azioni di protezione personale contro l’inquinamento atmosferico fornisce un quadro utile e potrebbe essere esteso ad altri inquinanti5. Inoltre, si consiglia di ridurre le esposizioni professionali pericolose, l’uso di stufe a gas, caminetti, profumi plug-in, incenso e altre fonti di inquinamento atmosferico domestico; utilizzare maschere N95, depuratori d’aria domestici e aria condizionata; evitare il traffico e di viaggiare in regioni fortemente inquinate.

I pazienti cardiopatici, con problemi respiratori o fattori di rischio per malattie cardiovascolari, dovrebbero controllare l’indice di qualità dell’aria (online sui siti di agenzie per la protezione dell’ambiente) quando si pianificano attività all’aperto e limitare tali attività nei giorni in cui la qualità dell’aria non è sicura.

Fondamentale, inoltre, un controllo su vasta scala delle fonti di inquinamento e la via più efficace per raggiungere questo obiettivo è sicuramente un rapido cambiamento da parte dei governi da tutti i combustibili fossili (carbone, gas e petrolio) all’energia pulita e rinnovabile.

La creazione di incentivi e strutture fiscali che favoriscano le energie rinnovabili si sono rivelate molto efficaci in passato. Negli Stati Uniti si è stimato che ogni dollaro investito nel controllo dell’inquinamento atmosferico negli Stati Uniti dal 1970 abbia fruttato un ritorno di 30,71 dollari. Questi benefici economici del controllo dell’inquinamento sono probabilmente dovuti alla riduzione dei costi sanitari e all’aumento della produttività economica di popolazioni più sane e più longeve.

I dati parlano chiaro: l’associazione tra inquinamento atmosferico e malattie cardiovascolari rappresenta una minaccia biologica tangibile e nuove misure sono necessarie per offrire alla popolazione una delle più grandi opportunità di migliorare la propria salute.

Bibliografia

1.  Landrigan PJ, Fuller R, Acosta NJR, Adeyi O, Arnold R, Basu NN, Baldé AB, Bertollini R, Bose-O’Reilly S, Boufford JI, Breysse PN, Chiles T, Mahidol C, Coll-Seck AM, Cropper ML, Fobil J, Fuster V, Greenstone M, Haines A, Hanrahan D, Hunter D, Khare M, Krupnick A, Lanphear B, Lohani B, Martin K, Mathiasen KV, McTeer MA, Murray CJL, Ndahimananjara JD, Perera F, Potočnik J, Preker AS, Ramesh J, Rockström J, Salinas C, Samson LD, Sandilya K, Sly PD, Smith KR, Steiner A, Stewart RB, Suk WA, van Schayck OCP, Yadama GN, Yumkella K, Zhong M. The Lancet Commission on pollution and health. Lancet 2018;391(10119):462-512.

2.  Global burden of 87 risk factors in 204 countries and territories, 1990-2019: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2019. Lancet 2020;396(10258):1223-1249.

3.  Rajagopalan S, Landrigan PJ. Pollution and the Heart. N Engl J Med 2021;385(20):1881-1892.

4.  Rajagopalan S, Al-Kindi SG, Brook RD. Air Pollution and Cardiovascular Disease: JACC State-of-the-Art Review. J Am Coll Cardiol 2018;72(17):2054-2070.

5.  Rajagopalan S, Brauer M, Bhatnagar A, Bhatt DL, Brook JR, Huang W, Münzel T, Newby D, Siegel J, Brook RD. Personal-Level Protective Actions Against Particulate Matter Air Pollution Exposure: A Scientific Statement From the American Heart Association. Circulation 2020;142(23):e411-e431.