L’infarto miocardico in giovane età: un update al 2022
di Filippo Brandimarte
12 Luglio 2022

L’aterosclerosi coronarica è un fenomeno che inizia nell’infanzia e prosegue nel corso della vita con accelerazioni più o meno rilevanti a seconda del substrato genetico e l’esposizione a fattori di rischio. Grazie ad una recente review apparsa su Journal of the American College of Cardiology sull’argomento sappiamo che sebbene l’età media di insorgenza dell’infarto miocardico (IMA) sia di 65 anni per gli uomini e 72 anni per le donne negli Stati Uniti, circa 1 milione di ricoveri dal 2001 al 2010 sono dovuti ad IMA in età compresa da 30 a 50 anni. (1) Non esiste ad oggi una definizione unanimemente riconosciuta di IMA precoce ma recentemente è stata proposta l’età di 49 anni come possibile cut-off, età entro la quale si verificano circa il 4-10% di tutti gli IMA con tipologie di presentazione e caratteristiche angiografiche che possono in estrema sintesi ricondursi a 2 fenotipi:

  1. IMA con malattia coronarica ostruttiva: Rappresenta circa l’80-90% dei casi e, come è ragionevole attendersi, gli studi angiografici utilizzando l’ecografia intracoronarica hanno dimostrato che il burden aterosclerotico nei pazienti giovani è significativamente più basso, con un’alta percentuale di malattia monovasale (principalmente coinvolgente la discendente anteriore), con placche di volume inferiore e con fenotipo prevalente fibroso rispetto ai soggetti più anziani nei quali invece è più comune la placca ad alto rischio ovvero con un cappuccio fibroso sottile, la presenza di calcificazioni a spot, cristalli di colesterolo ed anche di fenomeni necrotici all’interno.  Inoltre, il sesso maschile anche in un’età precoce sembra avere un pattern aterosclerotico più simile a quello dei soggetti più anziani rispetto a quello femminile confermando il ruolo protettivo degli estrogeni che contribuirebbero alla stabilizzazione del cappuccio fibroso della placca.

I fattori di rischio per la malattia aterosclerotica precoce sono simili a quelli riconosciuti per i soggetti più anziani sebbene il fumo sia di gran lunga prevalente e la sua cessazione determinerebbe da solo una riduzione del rischio di morte per tutte le cause e morte cardiovascolare superiore a 50%. Segue, a sempre minore distanza, l’utilizzo di sostanze stupefacenti, tra cui la cocaina che oltre a promuovere l’ipertensione, la cascata trombotica e lo spasmo coronarico è un noto acceleratore dell’aterosclerosi specie in combinazione con il fumo. Al terzo posto spiccano nella fascia di età più giovane i disturbi del metabolismo lipidico (ipercolesterolemia familiare eterozigote in primis) che determinano aumento del colesterolo LDL, una diminuzione della quota HDL ed un aumento della lipoproteina a (un aumento di quest’ultima >50 mg/dL è associata ad un aumento di 3 volte il rischio di sviluppare una sindrome coronarica acuta precoce). Infine, anche uno status socioeconomico basso appare associato ad un aumento del rischio.

Per quanto concerne la presentazione clinica dell’IMA precoce il sesso femminile giunge in pronto soccorso più spesso con sintomi non cardiaci (dispnea, palpitazioni ed astenia) rispetto al sesso maschile e comunque con una malattia coronarica meno estesa. Per entrambe i sessi invece si osserva una chiara preponderanza dell’IMA con ST sopraslivellato.

Il trattamento della coronaropatia è praticamente quasi esclusivamente ad appannaggio della rivascolarizzazione percutanea viste le caratteristiche salienti delle placche oltre che il puntuale management dei fattori di rischio con particolare riguardo al target di LDL (che nel caso delle dislipidemie familiari deve probabilmente essere più stringente con valori inferiori a 40 ml/dL). Per quanto riguarda il timing di rivascolarizzazione valgono esattamente le stesse regole dell’IMA nella popolazione più anziana ovvero idealmente entro 90 min dal primo contatto medico. Il ricorso al bypass aortocoronarico riguarda una piccolissima percentuale di pazienti dal momento che ancora oggi è la tecnica di rivascolarizzazione di riferimento per una malattia estesa con lesioni complesse, eventualità questa estremamente rara in giovane età.

2. IMA con malattia coronarica non ostruttiva: Rappresenta complessivamente il 10-20% di tutti gli IMA precoci e viene definito MINOCA se vengono rispettati i criteri per la diagnosi di infarto miocardico (quarta definizione universale), sono presenti lesioni coronariche non superiori al 50% e sono state escluse altre cause con quadro clinico simile (miocardite acuta, s. TakoTsubo). È un’entità più frequente nel sesso femminile non di razza caucasica che riconosce diversi meccanismi fisiopatologici per i quali esistono specifici trattamenti:

L’instabilizzazione di placca (possibile sia nelle lesioni ostruttive che non ostruttive) è un fenomeno che è possibile ben studiare con tecniche intracoronariche (prima fra tutte la tomografia a coerenza ottica, OCT) in combinazione con la RMN cardiaca (che ha un’alta sensibilità nella diagnosi di piccoli infarti) e che comprende la rottura di placca (caratterizzata dalla discontinuità del cappuccio fibroso che determina comunicazione tra la cavità della placca e il lume coronarico, più frequente negli IMA non precoci), l’erosione (che consiste nella distruzione del solo strato endoteliale mantenendo il cappuccio fibroso intatto, con placche relativamente povere di lipidi, più ricche di glicani e con componente infiammatoria più modesta e più frequente nelle donne fumatrici in premenopausa) ed infine il nodulo calcifico (definito dalla OCT come una regione con poco segnale a bordi non ben delineati che protrude nel lume arterioso, più frequente negli individui ultra sessantacinquenni e rara causa di trombosi). Sulla base dei dati sino ad ora disponibili il trattamento di questi pazienti con doppia antiaggregazione con aspirina ed un inibitore P2Y12 appare ragionevole sebbene i dati siano scarsi nei confronti del solo trattamento con aspirina. Ovviamente l’utilizzo di eparina non frazionata periprocedurale e l’utilizzo di statine nel post procedura è altamente raccomandato. L’American Heart Association al momento di fatto scoraggia l’utilizzo routinario di stent in questi casi mentre un recente documento dell’European Association of Percutaneous Cardiovascular Intervention è invece a favore in presenza di rottura di placca all’imaging intracoronarico.

Lo spasmo coronarico è un altro meccanismo che può determinare un MINOCA ed è presente circa nel 20% dei casi nel giovane adulto. I fattori precipitanti fondamentali sono il fumo e il consumo di stupefacenti con particolare riguardo alla cocaina. Dal momento che lo spasmo spesso si rivolve prima della coronarografia per effettuare la diagnosi occorrono test provocativi attraverso la somministrazione intracoronarica di acetilcolina o ergonovina. Il suo trattamento consiste nella cessazione dello stimolo scatenante e l’assunzione di calcio antagonisti oppure in seconda battuta nitrati a breve emivita mentre l’utilizzo di aspirina o doppia antiaggregazione non è raccomandato.

Sebbene l’embolia coronarica e le sindromi trombofiliche siano causa di coronaropatia ostruttiva, possono essere una causa non frequente di MINOCA quando si verificano nei piccoli vasi non visibili all’esame coronarografico oppure quando la fibrinolisi endogena ha risolto l’occlusione vasale. La causa più comune di embolia è la fibrillazione atriale seguita da cardiomiopatie, malattie valvolari, neoplasie, endocardite, malattie autoimmuni e sindrome antifosfolipidi. Il trattamento non è chiaro in quanto i dati sono davvero pochi. È però noto che la terapia anticoagulante con antagonisti dell vitamina K sia indicata in caso di s. antifosfolipidi.

La dissezione coronarica spontanea è l’ultimo e più raro potenziale meccanismo che può determinare un MINOCA rappresentando la causa di meno del 5% dei casi di IMA precoce soprattutto nelle donne post partum. La conseguente riduzione del lume coronarico è dovuta alla formazione di un ematoma intramurale o al danno dell’intima. Le cause di questo fenomeno sono la displasia fibromuscolare, la gravidanza, la terapia ormonale, le malattie del connettivo (Marfan ed altre) e le malattie infiammatorie sistemiche (lupus, Crohn ed altre). Circa il 50% dei soggetti riferiscono un fattore precipitante, tra cui esercizio fisico intenso, stress emotivo, manovre di Valsalva, assunzione di stupefacenti o terapie ormonali. La modalità di presentazione prevalente è dolore stenocardico con segni all’ecg di IMA con ST sopraslivellato. L’esame coronarografico è naturalmente il gold standard per la diagnosi e nella maggior parte dei casi consente di osservare una stenosi lunga (solitamente >20mm) che varia lungo il decorso in termini di severità che in oltre il 50% dei casi coinvolge la discendente anteriore nel tratto medio o distale. L’OCT è cruciale per lo studio della lesione che talvolta può mimare la comune aterosclerosi sebbene occorra fare particolare attenzione durante la procedura per evitare la progressione della dissezione. Il trattamento conservativo (con doppia antiaggregazione per 2-4 mesi seguita da aspirina a basso dosaggio per 1 anno e betabloccanti) di queste lesioni è generalmente preferibile in quanto la tecnica di stenting potrebbe essere particolarmente difficoltosa visto che i tessuti interessati dalla dissezione sono ovviamente più delicati ed inoltre il successivo riassorbimento dell’ematoma potrebbe risultare in una malapposizione dello stent.

L’IMA precoce, specie nella variante con malattia coronarica ostruttiva, ha in conclusione una prognosi non brillante. Il sesso femminile è inoltre associato ad una più alta mortalità intraospedaliera e ad 1 anno probabilmente a causa della più alta prevalenza del fenotipo non ostruttivo in questo sesso per il fattore protettivo ormonale estrogenico ma verso cui le evidenze scientifiche di trattamento sono più scarse e per il relativo ritardo con cui si accede all’angiografia coronarica a causa di presentazioni cliniche atipiche con sintomi extracardiaci. I più importanti predittori di recidive restano la persistente abitudine tabagica, il diabete, le malattie infiammatorie croniche e l’etnia asiatica e sub sahariana. In particolare, il fumo è di gran lunga il fattore di rischio più importante aumentando di oltre 3 volte il rischio di recidive. La prognosi dei MINOCA invece è assai controversa per la scarsità di dati al momento disponibili.

Bigliografia

  1. Rallidis LS, Xenogiannis I, Brilakis ES et al. Causes, angiographic characteristics, and management of premature myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2022; 79:2341-2449.