L’infiammazione è un elemento distintivo dell’aterogenesi ed in particolare è stata messa in relazione ad una maggiore vulnerabilità delle placche aterosclerotiche, la cui rottura è causa di eventi cardiovascolari maggiori quali le sindromi coronariche acute e l’ictus ischemico.1
Negli ultimi anni, il beneficio di agenti antinfiammatori a basso dosaggio come la colchicina nel ridurre gli outcomes cardiovascolari avversi è stato dimostrato nel contesto della coronaropatia stabile (studio LoDoCo2) e dopo infarto miocardico (trial COLCOT).2-3 Attualmente, le metodiche non invasive per valutare l’infiammazione coronarica sono rappresentate dal dosaggio di indici sierici di infiammazione, quali la proteina C reattiva e le citochine infiammatorie, che non sono però marcatori di aterogenesi, e dal calcium score che è l’unico biomarcatore misurabile con l’imaging TC con dimostrato valore predittivo in prevenzione primaria ma che descrive delle alterazioni permanenti delle pareti vasali.
L’infiammazione locale appare anche in grado di influenzare la biologia ed il fenotipo del grasso peri-coronarico (PVAT) attraverso il suo potente effetto inibitorio sul differenziamento dei preadipociti in adipociti maturi, portando dunque ad un aumentato interesse su questo parametro.
Nei pazienti sottoposti ad angiografia coronarica computerizzata (CCTA), l’infiammazione coronarica può essere rilevata in modo non invasivo mappando le alterazioni radiologiche del tessuto adiposo perivascolare e quantificata utilizzando ad esempio l’indice di attenuazione del grasso (FAI)-Score.4-5 Infatti, il FAI-Score misurato attorno a qualsiasi arteria coronaria ha dimostrato un valore prognostico significativo nei pazienti con o senza aterosclerosi coronarica ostruttiva nello studio ORFAN.6 Studi precedenti hanno dimostrato che il FAI peri-coronarico, o persino l’attenuazione media del tessuto adiposo peri-coronarico non corretto (PCAT), aggiunge un valore significativo nel predire le sindromi coronariche acute, oltre alle caratteristiche morfologiche della placca ad alto rischio osservate alla CCTA.7 Ciò ha spostato il paradigma dal trattamento dell’ostruzione coronarica all’identificazione di pazienti vulnerabili con placche infiammate (o coronarie infiammate in assenza di placca) che sono a rischio di eventi cardiovascolari, consentendo interventi tempestivi in qualsiasi fase del processo della malattia, per migliorare gli outcomes clinici.
Nell’analisi pubblicata recentemente su EuroIntervention da Shota Naniwa et. Al., gli autori hanno voluto dimostrare come l’infiammazione coronarica (misurata utilizzando misurazioni dell’attenuazione del grasso peri-coronarico su CCTA) e le caratteristiche della placca ad alto rischio identificate prima dell’angioplastica coronarica (PCI) hanno un valore additivo nel predire l’esito composito primario di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale (IM), rivascolarizzazione e ictus, quando anche un’elevata infiammazione coronarica potrebbe identificare gli individui che risponderebbero bene al trattamento con statine, riducendo così il tasso di eventi clinici post-PCI.8
Il dataset di pazienti ha compreso 490 individui sottoposti a CCTA prima dell’angioplastica coronarica che è stata eseguita con applicazione di stent di nuova generazione. Durante un follow-up mediano di 1.540 giorni, 77 pazienti su 490 hanno manifestato eventi cardiovascolari (PoCE): questi presentavano un grado di attenuazione a livello dell’arteria coronaria destra (PCAT-RCA) più elevato (-76,3±6,4 unità Hounsfield [HU] vs -82,5±8,1 HU; p<0,001). L’incidenza di PoCE è stata 3,9 volte superiore nei pazienti con PCAT-RCA elevato (≥−79,9 HU) rispetto a quelli con PCAT-RCA basso (<−79,9 HU). L’aggiunta di PCAT-RCA ai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare ha migliorato le capacità predittive e di riclassificazione degli eventi avversi presentati dai pazienti.
Lo studio, quindi, sottolinea l’importanza del rischio infiammatorio nel predire futuri eventi cardiaci nei pazienti sottoposti a PCI. Il crescente utilizzo della CCTA per la diagnosi di ostruzione coronarica offre l’opportunità di una valutazione completa del rischio, combinando la valutazione quantitativa dell’infiammazione coronarica e del carico di placca aterosclerotica con i fattori di rischio tradizionali utilizzando modelli prognostici, consentendo una gestione personalizzata dei pazienti sia nell’assistenza primaria che secondaria.
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