Le nuove Linee Guida ESC/EACTS 2021 sul trattamento delle valvulopatie.
di Alessandro Sticchi
21 Settembre 2021

Le linee guida europee 2021 sono state pensate e scritte congiuntamente dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) e dalla Società Europea di Chirurgia Cardio-Toracica (EACTS) rappresentate dai rispettivamente dai chairman Alec Vahanian, MD, Universite ́ de Paris (France), e Friedhelm Beyersdorf, MD PhD, University Hospital of Freiburg (Germany) (1). Il documento ha fortemente evidenziato il ruolo centrale del paziente, che viene coinvolto nel processo decisionale attraverso una scelta informata (patient-informed choice), e la necessità di una reale (e non solo formale) collaborazione multi-specialistica in heart team in centri dedicati specializzati nel trattamento delle valvulopatie (heart valve center). Il paziente deve essere valutato considerando i sintomi clinici, l’eziologia e la severità della patologia valvolare, nonché l’aspettativa e qualità di vita. Queste prime importanti indicazioni sono affiancate da molte altre novità rispetto alle precedenti linee guida del 2017 e andiamo a vederle per capitoli.

  • Tempistiche di trattamento

La prima importante novità presentata nelle nuove linee guida ESC21 sulle valvulopatie riguarda le tempistiche di trattamento con una maggiore precocità di intervento nella stenosi e l’insufficienza aortica, e nell’insufficienza mitralica.

Per pazienti asintomatici con stenosi aortica severa che presentino un diametro tele-sistolico del ventricolo sinistro > 50 mm o > 25 mm/m2 BSA, in pazienti con corporature piccole, o una frazione di eiezione (FE) a riposo ≤ 50% viene indicato il trattamento chirurgico in classe I B. Inoltre, ancor più innovativa è l’indicazione in Classe IIb C (può essere considerata) per pazienti asintomatici con diametro tele-sistolico del ventricolo sinistro > 20 mm/m2 BSA, quindi specialmente pazienti con corporatura piccola, o FE a riposo ≤ 55%, e con rischio chirurgico basso (2).

Altro scenario di rilievo, con classe di raccomandazione IIa (dovrebbe essere considerata), è quello dell’indicazione al trattamento di pazienti con stenosi aortica severa ed evidenza di disfunzione sistolica sinistra FE ≤ 55% in assenza di altre cause correlabili.

Le suddette raccomandazioni sono nate a seguito della pubblicazione dello studio coreano di D.H. Kang et al. che hanno dimostrato che un intervento precoce in pazienti asintomatici con basso rischio comporta  benefici in termini di mortalità rispetto ad un approccio watchful waiting (3). Inoltre, in questo medesimo scenario con pazienti asintomatici affetti da stenosi aortica severa, le linee guida hanno considerato un registro di recente pubblicazione che ha dimostrato come una FE ≤ 55% abbia un impatto significativo sulla mortalità (adjusted hazard ratio [HR] 2.70, 95% intervallo di confidenza [CI] 1.98 – 3.67, p < 0.001) consigliando un precoce intervento (4).

Si raccomanda inoltre (Classe IIa) l’intervento  in pazienti con FE> 55% e test da sforzo normale se il rischio procedurale è basso ed è presente un criterio tra i i seguenti: stenosi aortica molto severa (gradiente medio ≥ 60 mmHg o velocità massima ≥ 5 m/s), valvola severamente calcifica valutata alla CT e velocità massima con progressione ≥ 0.3 m/s/anno, valori di BNP severamente elevati (>3 volte rispetto al range di normalità per età e sesso) confermati da ripetute misurazioni e non correlabili ad altre cause.

Questi riferimenti all’intervento, in assenza di ulteriori specifiche sulla modalità terapeutica, aprono volutamente, in queste linee guida 2021, la possibilità non solo al trattamento chirurgico, come indicato dalle raccomandazioni in passato, ma anche al trattamento percutaneo.

Un impatto sulle tempistiche di trattamento è evidente anche nell’insufficienza mitralica. L’indicazione chirurgica in Classe I viene confermata per pazienti asintomatici affetti da insufficienza mitralica severa primaria con disfunzione del ventricolo sinistro caratterizzata da diametro tele-sistolico del ventricolo sinistro ≥ 40 mm (45 mm nelle precedenti linee guida) e FE ≤ 60%.

In aggiunta, la chirurgia è consigliata (Classe IIa B) in pazienti asintomatici con preservata funzione ventricolare (diametro tele-sistolico del ventricolo sinistro < 40 mm e FE ≤ 60%) e affetti da fibrillazione atriale (FA) secondaria a insufficienza mitralica o ipertensione polmonare (SPAP a riposo > 50 mmHg).

Infine, la riparazione valvolare mitralica dovrebbe essere considerata (Classe IIa B) in pazienti asintomatici, a basso rischio chirurgico, con FE>60%, diametro tele-sistolico del ventricolo sinistro < 40 mm (da verificare in pazienti di piccola o grande corporatura) ed una significativa dilatazione dell’atrio sinistro (volume index ≥ 60 mL/m2 o diametro ≥ 55 mm) se eseguita in Heart Valve Center che garantisca  alte  probabilità di riuscita dell’ intervento riparativo.

Tali suggerimenti derivano dai dati di diversi registri, tra cui in particolare il registro MIDA, basato su dati ecografici nella definizione di uno score di mortalità (5).

Relativamente alla tricuspide,  pazienti asintomatici o lievemente asintomatici affetti da insufficienza primaria della valvola tricuspide di grado severo, che presentino dilatazione del ventricolo destro, dovrebbero essere candidata a trattamento chirurgico (Classe IIa), senza attendere l’evidenza di progressione della dilatazione o di deterioramento della funzione del ventricolo destro, come invece era riportato nelle precedenti linee guida del 2017.

  • Novità nel trattamento della patologia della valvola aortica

In merito al trattamento dei pazienti con stenosi aortica, le linee guida dedicano un intero paragrafo (5.2.3 The mode of intervention) per dirimere la scelta tra sostituzione della valvola aortica percutanea (TAVI) e chirurgica.

Le linee guida ribadiscono l’importanza di centri dedicati Heart Valve Center e del ruolo di esperti nel trattamento valvolare per poter garantire al paziente una valutazione individuale dal punto di vista clinico, anatomico e dei fattori procedurali soppesando rischi e benefici giungendo ad una scelta dell’intervento che sia personalizzata attraverso il lavoro del Heart Team.

Una lacuna importante è stata colmata con i risultati dei recenti studi PARTNER3 ed Evolut Low Risk nei pazienti a basso rischio (6,7). Questi studi hanno valutato il ruolo della TAVI utilizzando valvole balloon expandable e self-expandable, rispettivamente, rispetto alla sostituzione valvolare aortica chirurgica. Nello specifico, il PARTNER3 ha dimostrato un potenziale vantaggio in favore della TAVI nel confronto tra i due trattamenti sull’endpoint primario costituito da mortalità, stroke o reospedalizzazione (HR 0.52, 95% CI 0.35 – 0.76, p<0.001 ad i anno; HR 0.63, 95% CI, 0.45 – 0.88), p=0.007 a due anni) (8).

Similmente, l’Evolut Low Risk Trial ha mostrato a 2 anni un’incidenza dell’endpoint primario di morte e stroke con disabilità del 5.3% per il gruppo trattato con TAVI e del 6.7% per quello sottoposto a chirurgia evidenziando la non inferiorità della metodica transcatetere (differenza −1.4 in punti percentuali, 95% Bayesian credible intervallo di differenza −4.9 to 2.1, probability of noninferiority >0.999) (7).

La raccomandazione introdotta in Classe I indica per i pazienti con meno di 75 anni a basso rischio chirurgico la preferenza per l’opzione chirurgica. Stessa indicazione per i pazienti non idonei ad essere candidati a TAVI. Viceversa, il trattamento percutaneo, in particolare trans-femorale, è raccomandato per i pazienti con età uguale o superiore a 75 anni, o ad alto rischio chirurgico.

La scelta del limite di età dei 75 anni è stata molto discussa, anche durante la presentazione delle linee guida, e si configura come una differenza rilevante rispetto alle linee guida americane (9). Tuttavia, la scelta è stata giustificata in accordo con le evidenze post TAVI di outcome a intermedio e lungo termine che sono ancora insufficienti al di sotto dei 65 anni, e in considerazione della durabilità media delle bioprotesi attualmente ritenuta intorno ai 10 anni.

Per tutti gli altri pazienti che non trovano una chiara definizione nelle linee guida, la scelta del trattamento tra TAVI e chirurgia deve essere discussa in heart team considerando le caratteristiche individuali del paziente dal punto di vista clinico, anatomico, e procedurale, nonché condividendo la decisione con il paziente stesso per una scelta informata.

  • Focus sul trattamento della valvola mitrale

Il trattamento dell’insufficienza mitralica presenta molteplici novità dovute alla considerazione dei molti trial recenti che hanno fatto luce sull’argomento, primi tra tutti i trial COAPT e MITRA-FR (10,11). Questi trial hanno riportato risultati contrapposti per i medesimi endpoint di mortalità o re-ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Mentre nel MITRA-FR non vi è stata differenza tra il gruppo in terapia medica e quello trattato con tecnica transcatetere edge-to-edge (HR 1.01, 95% CI 0.77 – 1.34), nel COAPT trial abbiamo invece una riduzione del 22% del rischio per l’endpoint primario nel braccio con intervento (HR 0.57, 95% CI, 0.45 – 0.71, p<0.001). La chiave di lettura per i risultati opposti nel MITRA-FR e COAPT trials è nei criteri di inclusione ed esclusione ed alle differenti caratteristiche di base dei pazienti arruolati che hanno influenzato il risultato degli studi.

Oltre alla conferma della Classe I per la chirurgia per l’insufficienza mitralica primaria severa con la riduzione del limite considerato per diametro tele-sistolico del ventricolo sinistro, descritto in precedenza, importanti novità sono presenti per l’insufficienza secondaria.

Una nuova indicazione in Classe I raccomanda il trattamento dell’insufficienza mitralica secondaria severa in pazienti che permangono sintomatici nonostante terapia medica ottimizzata secondo le linee guida (incluso impianto di CRT-D ove indicato) per via chirurgica o percutanea mediante decisione presa in Heart Team. Inoltre, in pazienti sintomatici, giudicati non candidabili a chirurgia dall’Heart Team, l’angioplastica coronarica ed eventualmente anche la TAVI dovrebbero essere considerate come trattamento (Classe IIa), facendo seguire la riparazione transcatetere edge-to-edge (TEER) in caso di persistenza della patologia mitralica secondaria.

Un cambio importante di raccomandazione da Classe IIb a IIa è avvenuto in favore del trattamento TEER per pazienti senza concomitante malattia coronarica o altre patologie cardiache. L’indicazione delle linee guida ha lasciato un’ampia possibilità di interpretazione che promuoverà l’espansione della metodica percutanea nel trattamento dell’insufficienza mitralica severa. Testualmente, TEER dovrebbe essere considerata in pazienti sintomatici selezionati, non candidabili a chirurgia, aventi criteri/caratteristiche che suggeriscono un incremento delle possibilità di rispondere al trattamento. Con questa frase che lascia ampia discrezionalità, le linee guida fanno riferimento ai criteri di inclusione dello studio COAPT (10).

  • Trattamento dell’insufficienza della valvola tricuspide

Abbiamo già parlato della modifica dell’indicazione al trattamento per l’insufficienza primaria nel paragrafo sulla precocità di intervento. Similmente, per l’insufficienza secondaria della tricuspide, il trattamento chirurgico è indicato in Classe I B in pazienti con rigurgito severo sottoposti a chirurgia della parte sinistra del cuore. Inoltre, la chirurgia è indicata in pazienti con lieve o moderato rigurgito che presentino una dilatazione dell’anello valvolare (≥40 mm o > 21 mm/m2 all’ecocardiografia 2D), sempre in concomitanza di chirurgia cardiaca sinistra.

In classe IIa troviamo anche l’indicazione al trattamento in assenza di precedente chirurgia cardiaca sinistra in soggetti sintomatici o con evidenza di dilatazione ventricolare destra, in assenza di disfunzione severa del ventricolo destro o sinistro e ipertensione polmonare.

La novità in questo scenario è l’introduzione del trattamento transcatetere in Classe IIb per pazienti sintomatici, valutati come non operabili, nel contesto di Heart Valve Center con esperienza nel trattamento percutaneo della valvola tricuspide.

  • Terapia antitrombotica e patologia valvolare: Le novità ESC 2021 attraverso i trial recepiti dalle linee guida

Nelle nuove linee guida ESC sulle valvulopatie troviamo molte novità in Classe I. Partendo dalle raccomandazioni per la gestione della FA in pazienti con malattia valvolare nativa o bioprotesi, diversi trial pilota negli ultimi anni hanno contribuito all’argomento confrontando i diversi nuovi anticoagulanti orali (NOAC) con il Warfarin e dimostrando assenza di interazione statistica per gli endpoint primari (stroke o embolismo sistemico), suggerendo quindi il beneficio di questi nuovi farmaci rispetto al consolidato antagonista della vitamina K (VKA) (12–15). Per questo motivo, i NOAC vengono preferiti al warfarin per la prevenzione dello stroke in pazienti con fibrillazione atriale affetti da valvulopatie quali: stenosi aortica e insufficienza aortica e mitralica (Classe IA).

Un secondo argomento importante è la chiusura chirurgica dell’auricola, le cui raccomandazioni sono state aggiornate a seguito dei risultati del trial LAAOS III (16). Il trial, avente per endpoint primario stroke ed embolismo sistemico e con un follow-up medio di 3.8 anni, ha randomizzato 4811 pazienti con FA e un CHA2DS2VASc score ≥2, sottoposti a chirurgia cardiaca per altra indicazione, a chiusura di auricola con preferibilmente amputazione o chiusura oppure a non chiusura con prosecuzione di terapia standard, e tutti i pazienti assumevano terapia anticoagulante. La chiusura di auricola ha ridotto significativamente il tasso di stroke ischemico o embolismo sistemico dal 7% al 4.8%, corrispondente ad un Hazard Ratio (HR) di 0.67, in assenza di aumento di eventi peri-procedurali o di mortalità. A seguito di questo trial, l’occlusione di auricola in pazienti con FA e CHA2DS2VASc score ≥2 sottoposti a chirurgia è indicata con Classe IIa (nelle precedenti linee guida era IIb) e livello di evidenza B per la riduzione del rischio tromboembolico.

In merito alle raccomandazioni per la gestione dei pazienti con sostituzione valvolare chirurgica, l’unico trial, per altro di piccole dimensioni, che ha portato alla modifica delle linee guida, ha confrontato warfarin versus (vs) aspirina come regime antitrombotico dopo prima sostituzione aortica con bioprotesi, come procedura singola o in concomitanza di bypass coronarico. L’endpoint primario è rappresentato dalle complicanze tromboemboliche con un follow-up di tre mesi e non vi è stata differenza significativa tra warfarin e aspirina. Non essendoci una superiorità tra i due regimi terapeutici, le linee guida non si sono espresse a favore di nessuno lasciando ampia discrezionalità ai curanti (Classe IIa B) come terapia antitrombotica per i primi tre mesi dopo l’impianto di bioprotesi aortica.

Un altro trial importante che è stato recepito dalle linee guida è il RIVER trial, uno studio randomizzato, open-label, multicentrico, che ha randomizzato 1005 pazienti con fibrillazione atriale e bioprotesi mitralica al convenzionale regime con Warfarin (INR 2-3) o Rivaroxaban 20 mg/die (17). L’endpoint primario è un composito di mortalità, MACE o sanguinamenti maggiori, con il piano statistico di valutare il tempo medio al primo di questi eventi con un follow-up di dodici mesi. Quindi il tempo medio di incidenza di eventi tra i due gruppi è stato di 347.5 per il gruppo sperimentale con Rivaroxaban e 340.1 giorni per il gruppo in Warfarin. Essendo uno studio di non inferiorità (differenza 7.4 giorni, 95% CI, -1.4 – 16.3, Pni<0.001), la conclusione è stata la non inferiorità del Rivaroxaban rispetto al Warfarin. In termini di sanguinamenti maggiori sono stati registrati numericamente meno eventi con il NOAC rispetto al VKA, 1.4% vs 2.6% rispettivamente. Dunque, le raccomandazioni per la gestione della terapia antitrombotica dopo impianto di bioprotesi indicano che il NOAC dovrebbe essere raccomandato rispetto al Warfarin per un periodo post-operatorio nei primi tre mesi con Classe IIb C (può essere considerato) e dopo i primi tre mesi con Classe IIa B (dovrebbe essere considerato). Questa differenza di raccomandazione è dovuta al numero esiguo di pazienti che nel RIVER trial erano nei primi tre mesi dall’impianto.

Infine, trattiamo le raccomandazioni per la gestione dei pazienti con TAVI. Tre trial sono stati recepiti dalle linee guida rispetto al 2017, la coorte B del POPULAR TAVI con 313 pazienti sottoposti a TAVI con indicazione di partenza a terapia anticoagulante che sono stati randomizzati ad anticoagulante (VKA o NOAC) solo o più clopidogrel per tre mesi (18). L’endpoint primario, costituito da tutti i sanguinamenti a 12 mesi, era significativamente ridotto nel gruppo con solo anticoagulante. Lo studio era sufficientemente potente per testare la non-inferiorità in termini di morte cardiovascolare, stroke, o infarto miocardico e il NOAC ha dimostrato di essere non inferiore rispetto alla strategia con l’aggiunta di Clopidogrel.

La coorte A del POPULAR TAVI trial è stata condotta in pazienti in assenza di indicazione di partenza per la terapia anticoagulante (18). Lo studio ha randomizzato i pazienti ad aspirina vs doppia terapia antiaggregante (DAPT: aspirina + clopidogrel) per tre mesi. L’endpoint primario, sempre costituito da tutti i sanguinamenti, era significativamente ridotto per il regime con la sola aspirina. Questa strategia terapeutica era non inferiore per morte cardiovascolare, stroke, e infarto miocardico rispetto al regime DAPT.

Un altro trial ha confrontato l’anticoagulante rispetto alla strategia antiaggregante. Nello specifico, Rivaroxaban 10 mg più aspirina vs DAPT, entrambi i regimi per tre mesi (19). L’endpoint primario, rappresentato da mortalità o eventi tromboembolici annualizzato. La differenza di eventi tra i due gruppi risulta a svantaggio del gruppo sperimentale con NOAC più aspirina rispetto a DAPT (9.8% vs 7.2%, HR 1.35, 95% CI 1.01 – 1.81, p=0.004). In termini di sanguinamenti non vi è stata differenza statisticamente significativa, seppur numericamente il braccio con Rivaroxaban presentava 4.3% vs 2.8% del gruppo DAPT, con un aumento anche della mortalità.

Da questi tre trial sono scaturite nuove raccomandazioni. Per pazienti che hanno già indicazione ad assumere terapia anticoagulante, la terapia anticoagulante è raccomandata per tutta la vita nei pazienti sottoposti a TAVI (Classe IB). Per pazienti che non hanno indicazione di partenza alla terapia anticoagulante è raccomandata la singola terapia antiaggregante dopo TAVI (Classe IA). Inoltre, l’utilizzo routinario di anticoagulante orale non è raccomandato in pazienti che non abbiano già di partenza un’indicazione al trattamento (Classe IIIB).

Infine, parliamo di un argomento di grande interesse nella protesica, ovvero il ridotto movimento dei lembi valvolare, ascrivibile a sub-trombosi. Per questo non era raccomandato l’impiego di routine della terapia anticoagulante. Nel sottostudio GALILEO 4D, il Rivaroxaban ha dimostrato di migliorare il ridotto movimento dei lembi (di almeno tre gradi) a 3 mesi di trattamento rispetto al regime antiaggregante (differenza -8.8%, 95% CI -16.5%, nonché di determinare una riduzione dello spessore dei lembi (20). Lo studio suggerisce dunque che l’anticoagulante in questa situazione è preferibile all’antiaggregante a causa dell’azione sul meccanismo di formazione del trombo. Secondo la nuova raccomandazione, per pazienti con ispessimento e ridotto movimento dei lembi, con conseguente aumento dei gradienti trans-valvolari, l’anticoagulante dovrebbe essere considerato e mantenuto fino alla risoluzione della situazione clinica (Classe IIA B).

References:

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2. Baumgartner H., Iung B., Otto CM. Timing of intervention in asymptomatic patients with valvular heart disease. Eur Heart J 2020;41(45):4349–56. Doi: 10.1093/EURHEARTJ/EHAA485.

3.  Kang D-H., Park S-J., Lee S-A., et al. Early Surgery or Conservative Care for Asymptomatic Aortic Stenosis. Https://DoiOrg/101056/NEJMoa1912846 2019;382(2):111–9. Doi: 10.1056/NEJMOA1912846.

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