Le glifozine possono migliorare l’outcome dell’infarto miocardico acuto complicato da disfunzione ventricolare sinistra? I risultati dello studio DAPA-MI
di Laura Gatto
28 Novembre 2023

Le glifozine possono migliorare l’outcome dell’infarto miocardico acuto complicato da disfunzione ventricolare sinistra? È questa la domanda che si sono posti i ricercatori del DAPA-MI (Dapagliflozin in patients with MI) uno studio recentemente presentato durante l’ultimo congresso dell’American Heart Association tenutosi nei giorni scorsi a Philadelphia e contemporaneamente pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine Evidence [1]. Si tratta di uno studio randomizzato, doppio cieco, con controllo-placebo e multicentrico (39 centri tra la Svezia ed il Regno Unito).

Il trial è stato disegnato per valutare l’impatto di dapaglifozin somministrato al dosaggio di 10 mg al giorno “on top” della terapia medica standard in pazienti con infarto miocardico acuto complicato da disfunzione ventricolare sinistra senza storia precedente di diabete mellito e scompenso cardiaco. L’endpoint primario dello studio, che è stato modificato durante l’esecuzione dello stesso in seguito ad un’analisi ad interim che ha mostrato un numero particolarmente basso di eventi, ha incluso: le morti non cardiovascolari, le morti cardiovascolari, gli episodi di scompenso cardiaco, le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, l’infarto miocardico non fatale, l’insorgenza di fibrillazione e flutter atriale, il diabete mellito tipo due, la classe funzionale NYHA e la riduzione ponderale di almeno il 5% rispetto al basale durante l’ultima visita di follow-up. I componenti dell’endpoint primario sono stati valutati in modo gerarchico con il metodo statistico della “win ratio”. Gli outcome secondari hanno incluso le singole componenti dell’endpoint primario (ad eccezione della riduzione ponderale) ed anche il tempo al verificarsi della morte per cause cardiovascolari e della prima ospedalizzazione per scompenso cardiaco.

Sono risultati eleggibili pazienti con età> 18 anni, clinicamente stabili, ospedalizzati per un infarto miocardico con e senza sopraslivellamento del tratto ST complicato da disfunzione ventricolare sinistra, trattati con le terapie indicate dalle linee guida ed arruolati in Svezia nel registro SWEDE-HEART e nel regno Unito nel registro MINAP. I principali criteri di esclusione sono stati: il diabete mellito ed una storia di ospedalizzazione per scompenso cardiaco nel corso dell’ultimo anno con evidenza di riduzione della funzione ventricolare sinistra (<40%). Sono stati inoltre esclusi pazienti già in trattamento con glifozine o con indicazione a tale tipo di trattamento. Tutti i pazienti sono stati randomizzati con un rapporto 1:1 a dapaglifozin 10 mg/die o placebo [2].

Dal dicembre 2020 a Marzo 2023 sono stati arruolati un totale di 4017 pazienti, 2019 randomizzati a dapaglifozin e 1998 randomizzati a placebo. Il tempo medio tra il ricovero in ospedale e la randomizzazione è stato di circa tre giorni. I due gruppi non hanno mostrato differenze significative riguardo alle principali caratteristiche cliniche: età media 63 anni, l’80% di sesso maschile, il 9% con storia di pregresso infarto miocardico ed il 2.4% con storia di pregresso ictus. In merito al tipo di infarto, il 72% si è presentato con un infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST e di questi oltre il 94% è stato trattato con angioplastica primaria; nei pazienti con infarto senza sopraslivellamento del tratto ST una procedura di rivascolarizzazione coronarica percutanea è stata effettuata nel 76.6% dei casi. I valori medi di emoglobina glicata sono stati del 5.7% e oltre il 73% dei pazienti si è presentato con una frazione d’eiezione < 50%. In generale la maggior parte dei pazienti ha ricevuto il trattamento suggerito dalle linee guida, con oltre il 90% dei soggetti trattati con aspirina, inibitori del recettore P2Y12, inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone e statine. Durante il trial la percentuale di sospensione del trattamento è stata rispettivamente del 15.2% nel gruppo dapaglifozin e del 12.9% nel gruppo placebo. La durata media del follow-up è stata di 11.6 mesi, con una durata massima di 29 mesi.

Per quanto riguarda i risultati di efficacia, l’endpoint primario dello studio completo di tutte le sue componenti si è verificato nel 32.9% dei soggetti del braccio dapaglifozin e nel 24.6% dei soggetti del braccio placebo (intervallo di confidenza (CI) 1.20-1.50; P<0.001). Tale beneficio è stato guidato soprattutto da una minore incidenza, nei pazienti trattati con la glifozina, dei cosiddetti outcome cardiometabolici: ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, nuove diagnosi di diabete mellito, classe funzionale NYHA e riduzione ponderale di almeno il 5% durante l’ultima vista dello studio. Non ci sono state differenze significative nell’endpoint combinato morte cardiovascolare, infarto miocardico e scompenso cardiaco, così come Il tempo al verificarsi della morte cardiovascolare o della prima ospedalizzazione per scompenso cardiaco è risultato sovrapponibile tra i due gruppi (2.5% vs 2.6%). I risultati dell’endpoint primario sono stati confermati in tutti i sottogruppi prespecificati, indipendentemente dal valore della frazione d’eiezione alla randomizzazione e del picco della troponina. L’incidenza assoluta di nuove diagnosi di diabete mellito tipo due è risultata significativamente ridotta nel gruppo dapaglifozin (2.1% vs 3.9%, HR 0.53%).

In merito alla sicurezza, invece, gli eventi avversi considerati seri e causa di ospedalizzazione si sono verificati nel 18.7% dei pazienti trattati con la glifozina e nel 17.2% dei pazienti trattati con il placebo, senza differenze in termini di mortalità. Non è stata documentata una incidenza significativamente più elevata di quegli eventi avversi tradizionalmente correlati con l’impiego di dapaglifozin come chetoacidosi, ipovolemia, ipotensione, infezioni genitali ed amputazioni.

Gli autori dello studio hanno quindi concluso che nei pazienti con infarto miocardico acuto complicato da disfunzione ventricolare sinistra e senza storia di scompenso cardiaco e/o diabete mellito, l’impiego di dapaglifozin migliora, rispetto al placebo, gli outcome cardiometabolici. Tuttavia tale risultato è stato guidato soprattutto dagli endpoint metabolici aggiunti “in itinere” durante l’esecuzione dello studio, in quanto il numero di eventi primariamente “cardiaci” è stato in generale molto basso e non modificato dall’impiego di dapaglifozin.

Nonostante i risultati incoraggianti, rimane da comprendere le ragioni per cui farmaci che hanno dimostrato di impattare pesantemente sulla storia naturale dei pazienti con scompenso cardiaco cronico, mostrino una efficacia più limitata nei pazienti con infarto miocardico acuto. Risultati sovrapponibili si erano già ottenuti con il sacubitril-valsartan, che non ha ridotto gli endpoint clinici “hard” nei pazienti con infarto miocardico e disfunzione ventricolare sinistra arruolati nello studio PARADISE-MI. Probabilmente questo è legato al fatto che mentre lo scompenso cardiaco cronico rappresenta una patologia più definita e cristallizzata, la disfunzione ventricolare sinistra acuta post ischemica rappresenta una condizione più eterogenea in cui diversi elementi clinici possono condizionare l’outcome. Ad esempio l’infarto miocardico con e senza sopraslivellameto del tratto ST sono due entità completamente diverse in termini di prognosi a breve e medio termine; altri parametri che possono condizionare la prognosi sono la frazione d’eiezione e soprattutto il timing in cui questa è stata valutata (se all’ammissione o a distanza di qualche giorno dalla rivascolarizzazione). Va inoltre considerato che il trial è stato condotto in piena pandemia da Sars Covid 19 e questo ha potuto contribuire all’incidenza particolarmente bassa di nuovi eventi e di ospedalizzazioni.

Pertanto, alla luce di questi risultati, probabilmente abbiamo necessità di ulteriori evidenze per definire quale sia il ruolo esatto delle glifozine nei pazienti con infarto miocardico acuto senza storia precedente di diabete mellito e scompenso cardiaco.

Bibliografia di riferimento

  1. James S, Erlinge D, Storey RF, et al. Dapaglifozin in Myocardial Infarction without diabetes or heart failure. New England Journal of Medicine Evidence, 2023. DOI: 10.1056/EVIDoa2300286
  2. James S, Erlinge D, Storey RF, et al. Rationale and design of the DAPA-MI trial: dapagliflozin in patients without diabetes mellitus with acute myocardial infarction. Am Heart J 2023 doi: 10.1016/j.ahj.2023.08.008.