L’attività fisica fa sempre bene? The physical activity paradox
di Simone Budassi
20 Aprile 2021

Il contributo dell’attività fisica nell’essere umano è riconosciuto come uno dei principali determinanti della salute generale [1-2]. Alcuni studi hanno sottolineato come l’effetto possa essere dipendente dalla condizione in cui essa si svolge: mentre l’abitudine a fare attività fisica regolare durante il tempo libero ha mostrato indiscussi benefici, la valutazione dell’attività fisica occupazionale ha portato a risultati contrastanti e non è quindi stata associata ad un miglioramento della salute [3,4]. In una revisione sistematica pubblicata nel 2018 uomini con intensa attività fisica lavorativa avevano un aumentato rischio di mortalità da tutte le cause [5].  Questo contrasto tra l’attività fisica ludica e quella lavorativa è anche conosciuto come the physical activity paradox.

Partendo da queste premesse Holtermann e colleghi hanno studiato una vasta popolazione di più di cento mila pazienti analizzando l’incidenza di MACE e mortalità da tutte le cause [6]. Il Copenaghen General Population Study comprendeva uomini e donne di età compresa tra i 20 e 100 anni con un follow up medio di 10 anni.   Sia l’attività fisica svolta nel tempo libero che quella occupazionale erano basate su questionari. Alla domanda “qual è stata la tua attività fisica durante il lavoro nell’ultimo anno?” i pazienti avevano quattro possibilità di risposta: prevalentemente sedentario, lavoro sedentario o statico in piedi/a volte camminando, camminando e a volte sollevando pesi o intenso lavoro manuale. Per quanto riguardava l’attività fisica nel tempo libero anche qui, basandosi sulle risposte dei questionari, potevano essere suddivisi in quattro gruppi: quelli prevalentemente sedentari o con meno di 2 ore di allenamento a settimana, 2-4 h a settimana di attività leggera, più di 4 ore di attività leggera o attività fisica vigorosa per 2-4 ore a settimana, attività fisica vigorosa per più di 4 ore a settimana. I pazienti venivano inoltre sottoposti ad una visita medica generale, con misura di peso, altezza, pressione arteriosa a frequenza cardiaca.  L’associazione tra i due predittori e gli endpoints è stata studiata con modelli statistici di regressione di Cox. La vastità del campione ha permesso di ottenere risultati aggiustati per molti fattori confondenti. Le correzioni sono state fatte in tre steps:

  • primo modello A risultati aggiustati per età e sesso,
  • il modello B considerava il modello A più BMI, abitudine al fumo, scolarizzazione, pressione areriosa sistolica, farmaci per il controllo della pressione arteriosa, dieta, consumo di alcohol, COPD, LDL, HDL, trigliceridi.
  • modello C considerava il modello B più frequenza cardiaca a riposo, punteggio di esaurimento vitale, occupazione, reddito familiare, stato civile.

Nella popolazione di studio sono stati osservati 7913 (7.6%) MACE e 9846 (9.5%) morti per tutte le cause. Il livello di attività fisica nel tempo libero era fortemente associato a sesso ed età (67% uomini). Nel gruppo con bassa attività fisica erano più presenti fumatori, alto BMI, basso livello di educazione, bassa aderenza ad un sano regime dietetico, COPD, diabete, più alta frequenza cardiaca, colesterolo LDL, trigliceridi. Il livello di attività fisica occupazionale era fortemente associato al sesso maschile (93%). Questi pazienti avevano un più alto BMI, basso livello di educazione, bassa aderenza ad un sano regime dietetico, alto consumo di alcohol.

Riguardo l’attività fisica nel tempo libero gli Hazard Ratios (HR) per i MACE (confrontati con il gruppo con attività fisica più bassa) erano pari a 0.86 (0.78-0.96) per l’attività moderata, 0.77 (0.69-0.86) per l’elevata e 0.85 (0.73-0.98) per la molto elevata. I valori corrispondenti per l’attività fisica occupazionale (confrontati con il gruppo con attività fisica lavorativa più bassa) erano rispettivamente del 1.04 (0.95-1.14), 1.15 (1.04-1.28) ed 1.35 (1.14-1.59). Riguardo l’attività fisica nel tempo libero gli Hazard Ratios (HR) per la morte da qualsiasi causa, erano pari a 0.74 (0.68-0.81), 0.59 (0.54-0.64), 0.60 (0.52-0.69) mentre i valori corrispondenti per l’attività fisica occupazionale erano di  1.06 (0.96-1.16), 1.13 (1.01-1.27) e 1.27 (1.05-1.54). L’analisi aggiustata per un maggior numero di fattori confondenti nel modello C ha dato risultati simili.

Inoltre, gli autori hanno voluto analizzare nello specifico l’interazione tra attività fisica nel tempo libero e occupazionale, utilizzando come parametro di riferimento persone con elevato livello di attività fisica nel tempo libero e basso livello di attività fisica lavorativa (cioè quelli con più bassa incidenza di MACE e morte), sempre aggiustando i risultati per i fattori di confondimento. Gli autori hanno trovato una tendenza ad un più alto rischio di entrambi gli outcomes in soggetti con più intensa attività fisica occupazionale, indipendentemente dai livelli di attività fisica nel tempo libero senza interazioni tra i parametri analizzati.  Il numero relativamente basso di individui in questa categoria non ha portato però a risultati statisticamente significativi (MACE P 0.40; mortalità per tutte le cause P 0.31).

I movimenti effettuati durante l’attività fisica svolta nel tempo libero sono intensi, eseguiti in un breve periodo, con una lunga fase di recupero, caratteristiche che portano ad un miglior fitness cardiovascolare; inoltre è un’attività ludica, scelta dal soggetto, che porta quindi anche ad un beneficio psicologico oltre che fisico, contribuendo alla salute mentale del soggetto. Un lavoro fisicamente intenso, che al contrario non sempre viene scelto, non ha quella componente di divertimento che caratterizza l’attività del tempo libero e non porta ad un miglioramento della performance cardiovascolare globale. Richiede infatti movimenti pesanti, statici, ripetuti per diverse ore e con poche ore di recupero, caratteristiche che portano ad un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa [7].

Un’altra importante considerazione riguarda l’aumento dei livelli di infiammazione durante l’attività fisica: si è osservato infatti aumento dei livelli di proteina C reattiva che rimaneva elevata fino al recupero totale con il riposo. Come già detto mentre nell’attività fisica a scopo ludico il recupero è completo, l’intensa attività fisica lavorativa, per diverse ore e per giorni consecutivi, non dà la possibilità di recupero dello stato infiammatorio, aumentando la produzione di radicali liberi dell’ossigeno che potrebbero provocare danno ossidativo [8].

Resta fuori una fetta di lavoratori “d’elite”, gli atleti agonisti, soprattutto quelli che fanno sport di endurance. Questi soggetti sono infatti sottoposti ad un elevato livello di stress fisico. Lunghe sedute di allenamento con poche ore di recupero, per diversi giorni a settimana, provocano un aumento dei livelli infiammatori generali. In questi soggetti sono state documentate modifiche adattative a livello cardiovascolare come: ingrandimento delle camere cardiache, ipertrofia del ventricolo sinistro, aumento del tono vagale. Quest’ultimo, insieme alle aumentate dimensioni degli atri potrebbe essere responsabile, ad esempio, dell’aumento di incidenza di fibrillazione atriale in questi soggetti [9]. Come dobbiamo considerare questi soggetti? Si tratta di persone che fanno un elevata attività sportiva o persone con elevata attività fisica occupazionale?

In conclusione, soggetti che fanno intensa attività fisica nel tempo libero hanno un minor rischio di eventi cardiovascolari e morte, mentre quelli che fanno intensa attività fisica occupazionale hanno un aumentato rischio di entrambi gli endpoints; queste due condizioni sono risultate indipendenti l’una dall’altra. Questo studio avvalora l’ipotesi dell’esistenza del paradosso dell’attività fisica come entità reale, e non come frutto di bias statistici. Dovrebbe essere quindi preso in considerazione, in sede di visita medica, quando si analizza il rischio globale del paziente o quando si danno suggerimenti sullo stile di vita.

Bibliografia

 

[1] Blair SN, Kohl HW III, Paffenbarger RS Jr, Clark DG, Cooper KH, Gibbons LW. Physical fitness and all-cause mortality. A prospective study of healthy men and women. JAMA. 1989;262:2395–2401. DOI:10.1001/jama.1989.03430170057028

[2] Piercy KL, Troiano RP, Ballard RM, Carlson SA, Fulton JE, Galuska DA, George SM, Olson RD. The physical activity guidelines for Americans. JAMA 2018;320: 2020–2028

[3] Harari G, Green MS, Zelber-Sagi S. Combined association of occupational and leisure-time physical activity with all-cause and coronary heart disease mortality among a cohort of men followed-up for 22 years. Occup Environ Med 2015;72: 617–624

[4] Clays E, Lidegaard M, De Bacquer D, Van Herck K, De Backer G, Kittel F, de Smet P, Holtermann A. The combined relationship of occupational and leisure-time physical activity with all-cause mortality among men, accounting for physical fitness. Am J Epidemiol 2014;179:559–566.

[5] Coenen P, Huysmans MA, Holtermann A, Krause N, van Mechelen W, Straker LM, van der Beek AJ. Do highly physically active workers die early? A systematic review with meta-analysis of data from 193 696 participants. Br J Sports Med 2018;52:1320–1326

[6] Holtermann A, Schnohr P, Nordestgaard BG, Marott JL. The physical activity paradox in cardiovascular disease and all-cause mortality: the contemporary Copenhagen General Population Study with 104 046 adults. Eur Heart J. 2021 Apr 14;42(15):1499-1511. doi: 10.1093/eurheartj/ehab087..

[7] Holtermann A, Krause N, van der Beek AJ, Straker L. The physical activity paradox: six reasons why occupational physical activity (OPA) does not confer the cardiovascular health benefits that leisure time physical activity does. Br J Sports Med. 2018 Feb;52(3):149-150. doi: 10.1136/bjsports-2017-097965

[8] Powers SK, Radak Z, Ji LL. Exercise-induced oxidative stress: past, present and future. J Physiol. 2016 Sep 15;594(18):5081-92. doi: 10.1113/JP270646.

[9] Eijsvogels TM, Fernandez AB, Thompson PD. Are There Deleterious Cardiac Effects of Acute and Chronic Endurance Exercise? Physiol Rev. 2016 Jan;96(1):99-125. doi: 10.1152/physrev.00029.2014.