LAENNEC, LO STETOSCOPIO E IL “FRAGILE LEGAME”
di Antonella Labellarte
18 Dicembre 2015

La storia narra che era il 1816 quando René-Théophile-Marie-Hyacinthe Laennec, medico francese, alle prese con una paziente un po’ rotondetta, consapevole che la percussione e la palpazione – questa certo inadeguata per il comune senso del pudore – non gli potevano essere utili, sentì la necessità di passare all’auscultazione “immediata”. Si trattava di adagiare il proprio orecchio sul torace della giovane donna.

Si narra ancora che anche questa misura risultò inadeguata e così il medico Renè prese un quinterno di fogli, ne fece una specie di cilindro e ne applicò un’estremità sul torace della paziente in prossimità del cuore. Sull’altra vi adagiò il proprio orecchio: era il primo passo verso l’auscultazione “mediata” ossia l’invenzione dello stetoscopio  (dal greco στήθος, stéthos petto, e σκοπή, skopé osservazione).
Laennec pubblicò le sue scoperte nel 1819 e lo stetoscopio, dall’iniziale quinterno di carta passò ad essere di cedro ed avorio e poi è stato sempre più perfezionato fino a diventare il formidabile strumento di diagnosi giunto fino ai nostri giorni.
Si potrebbe sostenere che, da un certo punto di vista, Laennec già in epoca così lontana aveva creato i presupposti per un iniziale allontanamento del medico dal paziente. In realtà, allora, se il medico non appoggiava più il suo orecchio sul torace del paziente aveva conquistato la possibilità di guardarlo negli occhi.

Sarà la innata malinconia del Natale che spinge a pensare, ai sentimenti, al passato, alle cose buone e, in questo caso, al fragile legame medico paziente che va sempre più sfilacciandosi.

L’arte dell’auscultazione non viene quasi più insegnata. L’ecocardiogramma è in grado di capire e vedere molte più cose. Ma molto spesso l’ecocardiogramma viene prescritto ed un’altra persona lo esegue. Nei paesi anglosassoni sono i “sonographers” personale altamente qualificato in grado di effettuare valutazioni ecocardiografiche sofisticate e riproducibili ad eseguire esami che poi vengono inviati per via digitale in gran numero ai cardiologi che le valuteranno.
L’innovazione ha cambiato la faccia della medicina e ha reso i medici più bravi. La tecnologia ha reso possibile la documentazione elettronica della storia clinica, e ove questi strumenti vengano ben sfruttati, permette l’accesso immediato anche da lontano a dati importanti. Sono opportunità che a volte possono salvare una vita.
Le tecniche sempre più sofisticate che richiedono lunghe curve di apprendimento, hanno obbligato ad una frammentazione delle competenze. Inoltre i progressi tecnologici corrono sempre di più in una direzione: quella del monitoraggio in “remoto” dei pazienti. Questo non accade ancora in maniera predominante nel nostro paese ancora un po’ arretrato, ma è già una realtà altrove: un medico che da lontano ha il monitoraggio di 60 o 100 o chissà quanti pazienti…

In un’epoca in cui il rapporto medico paziente è minato dal sospetto, dalla paura dei contenziosi legali a fini risarcitivi, al punto che è stato coniato il nome di “medicina difensiva” che comporta un grosso dispendio di risorse economiche a  scopo di tutela, il “fragile legame” medico paziente andrebbe recuperato, e ne andrebbe sottolineata la solenne importanza.
Non è in questa direzione che va il mondo della medicina. Non è questo che viene insegnato. Spesso il medico che parla a lungo e che ascolta i propri pazienti è considerato un medico che perde molto tempo.
La lezione di Laennec andrebbe recuperata. Nella sua voluminosa monografia pubblicata nel 1819 non solo descrive in dettaglio il “device” inventato, ma spende molte parole per spiegare come quello che aveva udito con il suo stetoscopio aveva modificato il suo modo di pensare e aveva reso possibile indagare e comprendere altri aspetti della malattia e del malato che aveva davanti: l’Arte della clinica.

Fonti:

Elazer R Edelman and Brittany N. Weber.
Tenous Tether. N Engl J Med 2015, 373:2199-2201

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma