L’ADVENT delle energie alternative nell’ablazione della fibrillazione atriale.
di Filippo Stazi
24 Ottobre 2023

L’ablazione è la più efficace terapia della fibrillazione atriale. Essa viene eseguita avvalendosi o della radiofrequenza o della crioablazione. In entrambi i casi si impiega un’energia termica che “brucia”, nella prima, o “congela”, nella seconda, i tessuti, isolando così elettricamente le vene polmonari, sede di origine dei triggers che innescano l’aritmia, dall’atrio sinistro. L’azione di tale energia termica è però poco selettiva e può quindi estrinsecarsi anche su tessuti diversi da quelli target dell’ablazione. Ciò rende ragione di alcune delle complicanze, rare ma devastanti, della procedura: fistola atrioesofagea (0,02-0,1%), paralisi emidiaframmatica da lesione del nervo frenico (0,4%), stenosi delle vene polmonari (<1%). Per ovviare a tale problema è stata introdotta la tecnologia ablativa pulsed field (PFA) che utilizza treni di impulsi elettrici di elevata ampiezza, della durata di microsecondi. Piuttosto che distruggere il tessuto con il riscaldamento come nell’ablazione con radiofrequenza o con il freddo come nella crioablazione, la PFA crea pori microscopici (elettroporazione) nella membrana del sarcolemma del miocardio, inducendo necrosi cellulare senza riscaldamento significativo. I cardiomiociti sono particolarmente sensibili all’effetto dell’elettroporazione, mentre altri tipi cellulari sono più resistenti, per tale motivo dovrebbe esserci una maggiore salvaguardia dei tessuti adiacenti con teorici importanti vantaggi in termini di sicurezza.

L’ADVENT Trial (1), presentato il 27 agosto al Congresso 2023 della Società Europea di Cardiologia (ESC), è il primo studio randomizzato, di non inferiorità, di confronto tra PFA ed ablazione termica convenzionale (crio o radiofrequenza).

607 ​​pazienti (età ≤ 75 anni) con FA parossistica refrattaria ad almeno una classe di farmaci antiaritmici sono stati randomizzati in rapporto 1:1 a PFA (305 pazienti) o ablazione termica (302 pazienti, 135 crio e 167 radiofrequenza). L’endpoint primario di efficacia era l’assenza di un insieme di endpoint indicanti un’ablazione incompleta. Questi includevano: fallimento procedurale iniziale, tachiaritmie atriali insorte dopo un periodo di “blanking” di 3 mesi, successivo uso di farmaci antiaritmici, cardioversione o ripetizione dell’ablazione. L’endpoint primario di sicurezza prevedeva invece un insieme di eventi avversi device-related e procedure-related, tra cui l’occorrenza di fistola atrioesofagea o stenosi delle vene polmonari.

30 centri e 65 operatori sono stati coinvolti nello studio. Il successo procedurale, ossia l’isolamento delle vene polmonari, è stato ottenuto nel 99,6% dei casi con PFA e nel 99,8% con l’ablazione termica. Il tempo medio di esecuzione della procedura con PFA è stato più veloce (105 vs 123 minuti) anche se il tempo medio della fluoroscopia era più lungo (21,1 vs 13,9 minuti). 

A distanza di un anno dalla procedura il 73,3% dei pazienti nel gruppo PFA e il 71,3% di quelli nel gruppo di controllo hanno raggiunto l’endpoint primario, ossia l’assenza di eventi segnalanti il ​​fallimento dell’ablazione. Il vantaggio numerico della PFA ne ha confermato la non inferiorità rispetto all’ablazione termica convenzionale. Nell’ambito di quest’ultima i risultati tra crio e radiofrequenza sono risultati simili, sebbene la percentuale di pazienti rimasti liberi da eventi a 1 anno fosse numericamente più alta nel gruppo della crioablazione (73,6% vs 69,2%).

Una seconda procedura, per recidiva clinica dell’aritmia, è stata condotta nel 4,6% dei pazienti trattati con PFA e nel 6,6% di quelli sottoposti ad ablazione con energia termica. Ad un anno dalla procedura, infine, il 5,4% dei pazienti PFA ed il 7,5% degli altri erano in terapia antiaritmica.

Un evento avverso alla sicurezza si è verificato nel 2,1% di coloro che sono stati sottoposti a PFA e nell’1,5% di coloro che sono stati sottoposti ad ablazione termica. Questa differenza di 0,6 punti percentuali ha collocato la PFA ben entro il limite di non inferiorità per la sicurezza. L’unico decesso in questo studio si è verificato nel gruppo PFA, e l’unico ictus nel gruppo di controllo. Le paralisi del nervo frenico si sono verificate solo nel gruppo di trattamento convenzionale (2 vs 0) mentre due tamponamenti pericardici, uno dei quali fatale, si sono osservati solo nel gruppo PFA (2 vs 0). Va segnalato che il tamponamento che ha portato all’unico decesso dello studio si è verificato in corso di manipolazione del catetere e non durante erogazione dell’energia. In ciascun gruppo si è poi verificato un caso di edema polmonare. Non vi sono invece stati, infine, casi di stenosi delle vene polmonari.

E’ degno di nota che la non inferiorità per la PFA è stata ottenuta da operatori con poca o nessuna esperienza con questa tecnologia, mentre le ablazioni convenzionali sono state effettuate da operatori che in genere avevano precedentemente eseguito centinaia di interventi simili. L’aumento dell’esperienza con la tecnica dovrebbe quindi consentire un ulteriore miglioramento dei risultati. Tale rilievo è importante anche alla luce del decesso osservato nel corso del trial. Il MANIFEST-PF (2) ha infatti dimostrato come l’incidenza di tamponamento cardiaco durante PFA sia inversamente proporzionale all’esperienza dell’operatore.

In conclusione i dati dell’ADVENT, che mostrano la non inferiorità della PFA sia in termini di efficacia che di sicurezza, pur se inficiati dalla brevità (solo un anno) del follow up, sembrano supportare tale metodica come possibile valida alternativa all’ablazione termica.

Bibliografia:

  1. Reddy VY, Gerstenfeld EP, Natale A et al. Pulsed field or conventional thermal ablation for paroxysmal atrial fibrillation. N Engl J Med Doi:10.1056/NEJMoa2307291.
  2. Turagam MK, Neuzil P, Schmidt B et al. Multi-national Survey on Methods, Efficacy and Safety on the Post-approval Clinical Use of Pulsed Field Ablation (MANIFEST-PF). Circulation 2023; 148: 35-46