L’ablazione della tachicardia ventricolare nei soggetti portatori di defibrillatore.
di Marco De Giusti
05 Aprile 2022

E’ noto che la tachicardia ventricolare si manifesti più frequentemente nei soggetti con cardiopatia ischemica (infarto, angina) o non ischemica (cardiomiopatia dilatativa, cardiomiopatia ipertrofica, ecc…). In questi pazienti, oltre ad una terapia farmacologica appropriata, viene spesso impiantato un defibrillatore automatico (AICD: Automatic Implantable Cardioverter-Defibrillator o, più brevemente, ICD), in grado di riconoscere ed interrompere l’aritmia mediante la cosiddetta terapia elettrica che consiste nell’anti-tachycardia pacing (ATP) e nella scarica elettrica (DC-shock). E’ noto, dai numerosi dati che abbiamo a disposizione in letteratura, che l’erogazione di una scarica elettrica da parte di un ICD, seppur fondamentale per interrompere sul momento una tachicardia ventricolare ed evitare che questa degeneri in fibrillazione ventricolare, sfortunatamente ha degli effetti negativi sulla qualità della vita senza migliorare la sopravvivenza del paziente. (1-2).

Alcuni studi hanno allora dimostrato che l’ablazione delle tachicardie ventricolari, riducendo o eliminando gli shock del defibrillatore, nonchè la stessa aritmia, migliora la sopravvivenza del paziente (3). Ciò che ancora non è chiaro, è il momento in cui effettuare l’ablazione, in quanto gli studi finora effettuati hanno prodotto risultati discordanti e non conclusivi (4-5) soprattutto per quanto riguarda la prognosi del paziente.

Lo studio PARTITA (Does Timing of VT Ablation Affect Prognosis in Patients with an Implantable Cardioverter Defibrillator?) è stato disegnato per verificare l’effetto in termini di sopravvivenza di un’ablazione precoce delle tachicardie ventricolari (dopo il primo DC-shock dell’ICD) (6).

Sono stati arruolati, tra Settembre 2012 e Luglio 2021, 517 pazienti, di età media 67,3 ± 10,7 anni, 87% uomini, in 16 differenti ospedali (12 dei quali in Italia), tutti già portatori di ICD o di CRT-D in prevenzione primaria o secondaria e affetti da cardiopatia ischemica (78% dei pazienti) e non-ischemica (22%). Lo studio è stato quindi suddiviso in due fasi: la Fase A, o fase di osservazione, durata mediamente 2,4 anni per tutti i pazienti, consisteva semplicemente nell’attendere il primo DC-shock appropriato dell’ICD per una tachicardia ventricolare. Se questo non si verificava il paziente restava, nella Fase A dello studio.

Previa effettuazione di nuova mappa di attivazione in presenza di DC-shock i pazienti entravano nella Fase B, ovvero venivano randomizzati 1:1 ad ablazione della tachicardia ventricolare(entro due mesi dallo shock), oppure a prosecuzione della terapia medica già impostata. Il verificarsi di un eventuale storm aritmico, permetteva di iniziare amiodarone ed effettuare anche in questo caso l’ablazione.

Per i pazienti che venivano sottoposti ad ablazione, veniva prima effettuato, (in anestesia generale ed in ritmo sinusale), un accurato studio elettroanatomico ad alta densità (con sistemi NavX di Abbott e CARTO 3 di Biosense), per identificare le aree cicatriziali ventricolari e veniva effettuato inoltre uno studio delle mappe di attivazione ventricolare per identificare i potenziali precoci e tardivi. L’ablazione veniva effettuata eliminando i potenziali tardivi o eventualmente quelli precoci se i tardivi fossero stati assenti. La reinduzione delle aritmie ventricolari veniva fatta con stimolazione ventricolare programmata ad almeno 2 siti ventricolari differenti e fino a 4 extrastimoli. In caso di reinduzione della tachicardia ventricolare, veniva effettuata una nuova ablazione.

Dei 517 pazienti entrati in Fase A, durante il follow-up medio di 2,4 anni, 246 (48%) hanno avuto tachicardie ventricolari e di questi, solo 56 pazienti (11%) hanno avuto tachicardie ventricolari interrotte da un DC-shock dell’ICD (più o meno preceduto da ATP). All’analisi univariata, non sono stati trovati predittori significativi di incidenza di primo DC-shock tra quelli esaminati (diabete, insufficienza renale cronica, età, sesso maschile, storia di fibrillazione atriale, ecc…), ma è stato osservato come il numero di episodi di TV interrotti efficacemente da ATP fosse in realtà un potente predittore di un futuro DC-shock dell’ICD (HR 1,04, 95% CI 1,02-1,05, p < 0,001).

47 pazienti sono entrati nella Fase B , 23 dei quali randomizzati ad ablazione transcatetere e 24 a terapia medica (5 pazienti candidabili hanno poi rifiutato l’ablazione): l’età media era di 68,4 ± 9,3 anni. Non si sono osservate differenze statisticamente significative tra le caratteristiche nei due gruppi.

L’end-point primario (morte e peggioramento dello scompenso cardiaco) si è verificato in maniera significativamente inferiore nei pazienti sottoposti ad ablazione precoce di TV rispetto ai pazienti trattati farmacologicamente (4% vs. 42%, p = 0,01, con un Hazard Ratio di 0,11 a favore dell’ablazione, IC 95% 0,01-0,85, p = 0,034). Tale differenza si è mantenuta anche dopo aver escluso dal calcolo le morti per cause non cardiache (4% vs 25%, p = 0,053).

Negli end-point secondari, i pazienti sottoposti ad ablazione hanno avuto una riduzione dei DC-shock dell’ICD (9% vs. 42%, p = 0,039), ma non si è osservata una riduzione nel peggioramento dello scompenso cardiaco (4% vs. 17%, p = 0,159), né una riduzione dell’incidenza di storm aritmici (0% vs. 8%, p = 0,280).

Lo studio PARTITA ha dimostrato come l’ablazione precoce (dopo il primo DC-shock dell’ICD) di tachicardia ventricolare, sia efficace nel ridurre, a 24 mesi di follow-up, la mortalità e gli episodi di scompenso cardiaco, nonché le recidive di TV e quindi i DC-shock del defibrillatore. Poiché è emerso come il numero di ATP impiegato per interrompere le TV da parte dell’ICD sia un potente predittore di futuri DC-shock appropriati, è lecito pensare di poter candidare ad ablazione quei pazienti che hanno ricevuto diversi ATP efficaci da parte del loro ICD, ma non ancora il DC-shock. In tal modo è possibile evitare che il dispositivo debba intervenire ulteriormente in futuro, migliorando sopravvivenza e qualità di vita di questi pazienti.

Bibliografia

  1. Moss AJ, Greenberg H, Case RB, Zareba W, Hall WJ, Brown MW, Daubert JP, McNitt S, Andrews ML, Elkin AD; Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial-II (MADIT-II) Research Group. Long-term clinical course of patients after termination of ventricular tachyarrhythmia by an implanted defibrillator. Circulation. 2004 Dec 21;110(25):3760-5.
  2. Poole JE, Johnson GW, Hellkamp AS, Anderson J, Callans DJ, Raitt MH, Reddy RK, Marchlinski FE, Yee R, Guarnieri T, Talajic M, Wilber DJ, Fishbein DP, Packer DL, Mark DB, Lee KL, Bardy GH. Prognostic importance of defibrillator shocks in patients with heart failure. N Engl J Med. 2008 Sep 4;359(10):1009-17.
  3. Tung R, Vaseghi M, Frankel DS, Vergara P, Di Biase L, Nagashima K, Yu R, Vangala S, Tseng CH, Choi EK, Khurshid S, Patel M, Mathuria N, Nakahara S, Tzou WS, Sauer WH, Vakil K, Tedrow U, Burkhardt JD, Tholakanahalli VN, Saliaris A, Dickfeld T, Weiss JP, Bunch TJ, Reddy M, Kanmanthareddy A, Callans DJ, Lakkireddy D, Natale A, Marchlinski F, Stevenson WG, Della Bella P, Shivkumar K. Freedom from recurrent ventricular tachycardia after catheter ablation is associated with improved survival in patients with structural heart disease: An International VT Ablation Center Collaborative Group study. Heart Rhythm. 2015 Sep;12(9):1997-2007.
  4. Frankel DS, Mountantonakis SE, Robinson MR, Zado ES, Callans DJ, Marchlinski FE. Ventricular tachycardia ablation remains treatment of last resort in structural heart disease: argument for earlier intervention. J Cardiovasc Electrophysiol. 2011 Oct;22(10):1123-8.
  5. Reddy VY, Reynolds MR, Neuzil P, Richardson AW, Taborsky M, Jongnarangsin K, Kralovec S, Sediva L, Ruskin JN, Josephson ME. Prophylactic catheter ablation for the prevention of defibrillator therapy. N Engl J Med. 2007 Dec 27;357(26):2657-65.
  6. Della Bella P, Baratto F, Vergara P, Bertocchi P, Santamaria M, Notarstefano P, Calò L, Orsida D, Tomasi L, Piacenti M, Sangiorgio S, Pentimalli F, Pruvot E, de Sousa J, Sacher F, Tritto M, Rebellato L, Deneke T, Romano SA, Nesti M, Gargaro A, Giacopelli D, Peretto G, Radinovic A. Does Timing of Ventricular Tachycardia Ablation Affect Prognosis in Patients With an Implantable Cardioverter Defibrillator? Results From the Multicenter Randomized PARTITA Trial. Circulation. 2022 Apr 3.