L’ablazione come terapia della sincope vasovagale? Ai posteri l’ardua sentenza!
di Filippo Stazi
07 Giugno 2022

La sincope vasovagale è una condizione altamente frustrante tanto per il paziente quanto per il medico. Gli episodi si succedono a frequenza variabile senza che nessuna terapia si sia dimostrata veramente efficace. Nei quadri clinici, inoltre, in cui predomina la risposta cardioinibitoria può essere necessario l’impianto di un pacemaker. Decisione che non viene mai presa serenamente in considerazione dell’età spesso giovanile di questi soggetti e del conseguente previsto alto tasso di sostituzioni e quindi di complicazioni a cui, proprio per motivi anagrafici, questi pazienti sono destinati.    

Nell’ultimo congresso dell’Heart Rhythm Society, recentemente svoltosi a San Francisco, Roderick Tung dell’Università dell’Arizona, ha presentato i dati di un registro americano (1) che fanno ipotizzare un possibile ruolo dell’ablazione dei plessi ganglionati (GP) atriali nella terapia della sincope vasovagale. Dal 2016 al 2021, 71 pazienti, 57% donne, età media 47 anni, sono stati sottoposti ad ablazione cardioneurale in 13 centri americani. La procedura era eseguita, su base compassionevole, in pazienti refrattari alla terapia medica ed alle norme comportamentali e che non desideravano essere sottoposti ad impianto di pacemaker e nella maggior parte dei casi (63%) era associata ad un’altra procedura ablativa (86% per fibrillazione o flutter atriale, 7% per extrasistolia o tachicardia ventricolare, 7% per altre tachicardie sopraventricolari).  Il 66% dei soggetti era ablato per la sincope vasovagale. il 30% per bradicardia sinusale ed il 4% per blocchi atrioventricolari.  La localizzazione dei plessi (superiore sinistro, vena cava superiore, inferiore sinistro, setto atrio destro, tratto di Marshall, anteriore destro, inferiore destro) sede d’ablazione, è stata effettuata nel 42% dei casi mediante stimolazione ad alta frequenza e nel rimanente 58% mediante mappaggio elettroanatomico. Una risposta vagale durante l’erogazione della radiofrequenza, definita come un calo > 5 battiti della frequenza cardiaca, si è verificata nel 59% dei casi mentre una reazione simpatica (aumento > 5 battiti della frequenza cardiaca) nel 70%. Immediatamente dopo l’ablazione si osservava un accorciamento degli intervalli RR, AH e HV, di cui solo il primo statisticamente significativo. La durata totale dell’erogazione della radiofrequenza era di 612 secondi. Le complicanze procedurali sono state del 3.9% (1 tamponamento e 2 ritmi giunzionali). 5 pazienti hanno richiesto una seconda procedura a causa di recidive sincopali. Dopo un follow up mediano di 8,5 mesi l’82% dei soggetti era libero da nuovi episodi dopo una singola procedura ablativa, con una riduzione del valore mediano degli episodi da 6 a 0 (p < 0.001).

La tecnica “sembra funzionare meglio” nei pazienti di età pari o inferiore a 50 anni. Non esistono dati nei bambini o negli adolescenti con sincope vasovagale e infine il follow-up medio del registro era abbastanza limitato, protraendosi per meno di 9 mesi. Anche la durata della procedura rimane un punto interrogativo, ma l’esperienza internazionale suggerisce che le ablazioni possono continuare a funzionare per almeno 5 anni. È comunque verosimile che alcuni pazienti, in cui l’ablazione sembra inizialmente riuscita, potrebbero richiedere un’ablazione di “ritocco”, simile a quanto può accadere nell’ablazione per la fibrillazione atriale.

Il razionale della procedura è ovviamente la correzione, mediante denervazione vagale, dello squilibrio tra simpatico e vago che caratterizza questo tipo di patologia e qualche dato al riguardo era già apparso in letteratura (2-3). I dati presentati a San Francisco sono un buon inizio mostrando le potenzialità dell’ablazione “cardioneurale” ma siamo ancora in una fase pioneristica con molte questioni da definire e standardizzare più accuratamente, quali i criteri di selezione del paziente, il modo migliore per localizzare i siti target di ablazione, la durata ottimale dell’applicazione di energia RF per sito target e, infine, l’identificazione dell’endpoint procedurale più predittivo del successo della metodica. Considerando però la scarsa efficacia delle strategie terapeutiche attuali per il trattamento della sincope vagale i dati recentemente presentati costituiscono un punto di partenza sicuramente meritevole di ulteriore approfondimento.

Ai posteri, come sempre, l’ardua sentenza!

Bibliografia

Tung R, Locke AH, Shah AD et al. Feasibility and Safety of Catheter-Based Cardioneural Ablation: Results from the Multicenter US CNA Registry. Heart Rhythm Society (HRS) 2022 Scientific Sessions. Abstract LB-734. Presented April 30, 2022

Lu Y, Wei W, Upadhyay GA et al. Catheter-Based Cardio-Neural Ablationfor Refractory Vasovagal Syncope. First U.S. Report. JACC:  CASE  REPORTS 2020; 2: 1161-1165

Pachon JC, Pachon EI, Pachon JC et al. Cardioneuroablation. New treatment for neurocardiogenic syncope, functional AV block and sinus dysfunction using catheter RF-ablatin. Europace 2005; 7: 1-13