Ridefinire la “vulnerabilità” durante la pandemia COVID–19, davvero una interessante riflessione. Vulnerabile è un gruppo di persone che è esposto ad un rischio. Ma in era COVID-19 abbiamo imparato a nostre spese che molto rapidamente lo scenario può cambiare e che chi sembrava non essere esposto in modo sproporzionato a rischi, improvvisamente può entrare a far parte di un gruppo altamente vulnerabile. E’ quello che è successo a tutti noi nei confronti della malattia contagiosa. E’ quello che si legge quotidianamente sulle pagine dei giornali di questi giorni nelle cronache sugli avvenimenti nelle residenze sanitarie assistite. E’ quello che accade ai pazienti psichiatrici, popolazione particolarmente esposta per sé per ragioni comportamentali, scarso rispetto dei limiti e riconoscimento della realtà, poca cura della propria salute in alcuni casi, possibile tendenza al vagabondaggio, scarsa tolleranza nel confinamento in casa. E’ quello che può accadere a molti in ragione di scelte politiche: il rischio di una improvvisa perdita economica per mancato guadagno o per difficile accesso ai supporti sociali che può avere conseguenze difficili da stimare e costituisce la sfida delle scelte per il prossimo futuro.
Allargando l’orizzonte delle nostre riflessioni e preoccupazioni le strategie più raccomandate e che ad oggi si sono dimostrate più efficaci nel combattere il diffondersi dell’epidemia, ossia il distanziamento sociale e il quasi ossessivo lavaggio delle mani, sono di non semplice attuazione tra chi vive in comunità affollate, in abitazioni precarie con scarsi sistemi sanitari e difficile accesso all’acqua pulita. Spesso chi vive in queste condizioni è malnutrito o presenta altre malattie infettive come HIV/Aids o tubercolosi. E poi c’è il problema bambini. Lo scorso 23 di marzo da fonte UNICEF si è appreso che in America Latina più di 154 milioni di bambini non vanno a scuola a causa della chiusura per l’epidemia COVID-19. Ma questi bambini non perdono solo “tempo scuola”, in queste regioni andare a scuola significa far parte del programma di alimentazione scolastica (circa 85 milioni di bambini) e per circa 10 milioni di essi l’alimentazione a scuola rappresenta l’unico pasto certo della giornata. Nei distretti fragili sia dal punto di vista economico sia sociale la strategia del lockdown può esacerbare le già presenti disuguaglianze. E’ quello che sta accadendo in India in cui chi già viveva ai margini della società per mancanza di cibo, di un rifugio, di salute, ha peggiorato la propria condizione. Ma le disuguaglianze sono evidenti anche nei paesi più sviluppati come gli Stati Uniti ad esempio, dove per molti con la perdita del lavoro e la mancanza di un’assicurazione sanitaria, in assenza di un sistema sanitario nazionale, l’emergenza salute può causare un grave disagio finanziario e il rischio di non poter accedere a cure appropriate con risultati devastanti. Occorre che pur nell’ambito di una strategia globale ogni stato, ogni comunità e addirittura ognuno di noi si impegni per garantire il supporto a chi diviene più vulnerabile.
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma