La TAVI rispetto alla chirurgia tradizionale in pazienti con stenosi aortica severa sintomatica e con rischio operatorio intermedio: i risultati del trial UK TAVI.
di Filippo Brandimarte
14 Giugno 2022

La sostituzione valvolare aortica per via percutanea (TAVI) è indubbiamente un’alternativa meno invasiva rispetto alla chirurgia tradizionale (SVA) per i pazienti con stenosi aortica severa sintomatica. Inizialmente introdotta nel 2002, la TAVI è rapidamente diventata il trattamento di scelta per pazienti non candidabili alla SVA per l’alto rischio operatorio. (1) Sebbene la prima generazione di device per TAVI fosse gravata da elevati tassi di complicanze procedurali, le successive generazioni unite all’aumentata expertise hanno decisamente migliorato gli outcomes e di conseguenza si è registrato un rinnovato interesse per questa tecnica anche in pazienti con rischio operatorio più basso. Ma ad oggi la TAVI è gravata da una mortalità più elevata rispetto alla SVA in pazienti con rischio operatorio intermedio?

Per rispondere a questo quesito Toff WD e collaboratori hanno recentemente reso disponibili i risultati dello studio randomizzato multicentrico UK TAVI che ha arruolato dall’aprile 2014 all’aprile 2018 913 pazienti di età ≥ 70 anni con stenosi valvolare aortica severa e sintomatica con rischio operatorio intermedio dovuto ad età o comorbidità (per il calcolo della stima della mortalità preoperatoria è stato applicato il criterio della Society of Thoracic Surgeons e L’European System for Cardiac Operative Risk Evaluation II). (2) Il trial ha randomizzato 458 pazienti alla TAVI (qualsiasi device avente il marchio CE di conformità è stato utilizzato) e 455 alla SVA (qualsiasi protesi è stata considerata ad eccezione di quelle senza sutura). L’utilizzo di anticoagulanti e/o antiaggreganti sono stati a discrezione del medico responsabile. L’intera popolazione di pazienti è stata valutata al basale, dopo 6 settimane dell’intervento e ad 1 anno. L’endpoint primario è stato morte per tutte le cause ad 1 anno. Endpoint secondari sono stati morte cardiovascolare, ictus, tasso di reintervento, un composito di morte o ictus, complicazioni vascolari, sanguinamenti maggiori, disturbi della conduzione che hanno richiesto l’impianto di un pacemaker, infarto miocardico, insufficienza renale severa ed endocardite infettiva.  

L’età media della coorte di soggetti è stata di 81 anni con 46.4% di sesso femminile ed una mortalità preoperatoria secondo lo score della Society of Thoracic Surgeon del 2.6%. La malattia coronarica meritevole di rivascolarizzazione nel caso in cui il paziente fosse nel braccio SVA è stata del 19.8%. Il tempo medio dalla randomizzazione all’intervento è stato di 40 giorni per il braccio TAVI e 37 giorni per quello SVA con un tempo operatorio medio di 82 min per il gruppo TAVI e 182 min per quello SVA. Il gruppo TAVI non ha avuto bisogno della terapia intensiva mentre quello SVA di almeno 1 giorno di degenza in tale reparto. Ad 1 anno 21 soggetti (4.6%) nel gruppo TAVI sono deceduti mentre nel gruppo SVA si sono registrate 30 morti (6.6%) con una p di non inferiorità per TAVI <0.001. Per quanto concerne gli endpoint secondari i giorni di ricovero per il gruppo TAVI sono stati 3 rispetto agli 8 giorni dopo SVA. Dopo 30 giorni dalla procedura si sono registrati meno sanguinamenti maggiori nel gruppo TAVI rispetto al gruppo SVA (5.5% vs 19.5% rispettivamente, p<0.001). Tale differenza si è mantenuta anche ad 1 anno (7.2% vs 20.2%, p<0.001). Tuttavia, si sono registrate più complicanze vascolari a 30 giorni nel braccio TAVI (10.1% vs 2.3%, p<0.001) come anche ad 1 anno (10.3% vs 2.4%, p<0.001). Anche le alterazioni della conduzione che hanno richiesto l’impianto di un pacemaker sono state più alte nel gruppo TAVI rispetto al gruppo SVA sia a 30 giorni (11% vs 6.7%, p=0.01) e ad 1 anno (14.2% vs 7.3%, p<0.001). Non si sono registrate differenze nel tasso di ictus, morte cardiovascolare, composito di morte per ogni causa o ictus non fatale a 30 giorni e ad 1 anno nei due bracci. Similmente anche i parametri ecocardiografici come il gradiente transvalvolare aortico medio e l’area valvolare media non sono stati significativamente diversi nei due gruppi a 30 giorni e ad 1 anno, sebbene dopo 6 settimane il tasso di insufficienza valvolare aortica lieve era significativamente più alto nel gruppo TAVI (43%) rispetto al gruppo SVA (12.3%) come anche quello ad 1 anno (38.3% vs 11.7%). La classe funzionale NYHA, lo score Minnesota per lo scompenso cardiaco e il test dei 6 minuti non sono stati diversi nei 2 gruppi ad 1 anno.

Questo importante trial ha dimostrato in modo convincente la non inferiorità della tecnica percutanea rispetto a quella chirurgica tradizionale in soggetti con stenosi aortica severa sintomatica con rischio preoperatorio intermedio con una mortalità a 30 giorni nel gruppo SVA dello 0.9% simile a quella dello studio PARTNER 3 (1.1%) e del trial EVOLUT (1.3%), sebbene la mortalità ad 1 anno sia più alta nel presente studio (6.6%) rispetto ai 2 altri studi citati (2.5% e 3% rispettivamente) riflettendo l’età più avanzata, le aumentate comorbidità e fragilità della coorte in esame. (3,4) Questo risultato è stato ottenuto indipendentemente dal tipo di protesi percutanea utilizzata e senza selezionare i centri di eccellenza per tale procedura. L’impatto che l’insufficienza aortica (per lo più lieve) post TAVI abbia sugli outcomes non è chiaro e probabilmente si dovrà attendere l’analisi a lungo termine per scoprirlo. Qualche preoccupazione ha destato la frequenza più elevata nel braccio TAVI di trombosi subclinica dei lembi valvolari: questo fenomeno non è stato esaminato perché non presente nel protocollo dello studio ed inoltre non sono state fornite indicazioni sul loro trattamento (anticoagulanti vs antiaggreganti) ma lasciato alla discrezione del medico responsabile. Tuttavia, i parametri ecocardiografici ad 1 anno non hanno mostrato significativa riduzione dell’orifizio valvolare ed anche il tasso di ictus nei 2 gruppi non è stato statisticamente significativo (sebbene gli eventi fossero pochi) indirettamente suggerendo il basso impatto clinico di questo fenomeno. Non è possibile effettuare considerazioni sulla durata media della protesi percutanea (uno dei principali discriminanti per la scelta fra le due tecniche) in quanto la presente analisi si ferma ad 1 anno e si dovranno attendere i risultati a lungo termine per capire ma lo studio PARTNER 2 con un follow-up di 5 anni ha documentato un tasso di deterioramento del 3.2% rispetto alla SVA (0.8%). (5) Questi dati, sebbene ancora non definitivi e completi per mancanza di follow-up adeguatamente lunghi, fanno però ben sperare su una futura estensione dell’indicazione alla TAVI a pazienti con rischio operatorio intermedio per la minore invasività della tecnica, un più rapido recupero post-operatorio, una riduzione dei sanguinamenti maggiori pagando tutto sommato un prezzo accettabile ovvero un aumento dei casi di insufficienza valvolare aortica (per lo più lieve), un aumento dei casi di disturbi di conduzione ed un aumento delle complicanze vascolari.

Bibliografia

  1. Smith CR, Leon MB, Mack MJ, et al; PARTNER Trial Investigators. Transcatheter versus surgical aortic-valve replacement in high-risk patients. N Engl J Med. 2011;364(23):2187-2198.
  2. Toff WD, Hildick-Smith D, Kovac J et al. Effect of Transcatheter Aortic Valve Implantation vs Surgical Aortic Valve Replacement on All-Cause Mortality in Patients With Aortic Stenosis. JAMA 2022;327(19):1875-1887.
  3. Mack MJ, Leon MB, Thourani VH, et al; PARTNER 3 Investigators. Transcatheter aortic-valve replacement with a balloon-expandable valve in low-risk patients. N Engl J Med. 2019;380(18):1695-1705.
  4. Popma JJ, Deeb GM, Yakubov SJ, et al; Evolut Low Risk Trial Investigators. Transcatheter aortic-valve replacement with a self-expanding valve in low-risk patients. N Engl J Med. 2019;380 (18):1706-1715.
  5. Makkar RR, Thourani VH, Mack MJ, et al; PARTNER 2 Investigators. Five-year outcomes of transcatheter or surgical aortic-valve replacement. N Engl J Med. 2020;382(9):799-809.