La strategia di controllo del ritmo della fibrillazione atriale in presenza di obesità e diabete. L’efficacia è la stessa?
di Laura Gatto
05 Agosto 2025

È ormai noto come l’obesità rappresenti un fattore di rischio per la fibrillazione atriale (FA), sia a causa degli effetti diretti e indiretti del grasso epicardico sulla funzione e struttura atriale, sia per il rimodellamento elettrico e strutturale atriale [1-3]. Lo studio EAST-AFNET 4 è stato un trial randomizzato, condotto in 11 paesi europei, che ha arruolato 2789 pazienti con FA diagnosticata entro 12 mesi e con almeno 2 fattori di rischio CHA2DS2-VASc randomizzati a ricevere una terapia di controllo precoce del ritmo (ERC) (n = 1395) o la terapia abituale (UC; n = 1394). La terapia ERC consisteva in una terapia farmacologica antiaritmica, ablazione con catetere o cardioversione in tutti i pazienti dopo la randomizzazione. Nei pazienti assegnati alla UC, il controllo della frequenza cardiaca rappresentava la strategia iniziale, ma il controllo del ritmo veniva utilizzato nei soggetti che rimanevano sintomatici nonostante il controllo ottimale della frequenza. Lo studio ha dimostrato come la ERC, in aggiunta alla terapia anticoagulante ed al trattamento delle comorbidità, migliori l’out-come cardiovascolare, tuttavia non è noto se tale efficacia sia mantenuta nei pazienti con obesità ed in quelli con diabete [4]. Sull’ultimo numero della rivista JAMA Cardiology è stata pubblicata una sotto-analisi dello studio condotta proprio con lo scopo di chiarire questo aspetto [5].

Nello studio principale 1086 pazienti (39,1%) sono stati definiti obesi (BMI ≥ 30, classi di obesità I-III; con BMI medio di 34,5), mentre 1690 pazienti (60,9%) non erano obesi (BMI < 30; BMI medio di 25,9). I pazienti obesi si presentavano mediamente più giovani, avevano più frequentemente FA non parossistica (31% vs 24%), presentavano una minore incidenza di ictus pregresso o attacco ischemico transitorio (9,2% vs 13,2%), ma una maggiore incidenza di ipertensione arteriosa (94,8% vs 83,3%) e di insufficienza cardiaca (32,7% vs 26,0%). Nessuna differenza significativa è stata invece riscontrata nel CHA2DS2-VASc score. Tra i soggetti obesi un concomitante diagnosi di diabete era presente nel 35,0% dei casi, vs il 18,5% dei soggetti non obesi. Il trattamento con farmaci antiaritmici (flecainide, amiodarone e dronedarone) è stata la strategia di ERC dominante in entrambi i gruppi di BMI almeno nelle fasi iniziali, però nel corso del follow-up l’impiego dell’ablazione per FA è aumentato in entrambi i gruppi.

Globalmente si sono verificati più eventi nel gruppo di pazienti obesi, tuttavia l’obesità non ha modificato l’effetto della terapia ERC sull’endpoint primario composito (HR per BMI <30, 0,84 per BMI ≥30, 0,69; P per interazione = 0,22) e sulle sue singole componenti (morte cardiovascolare, ictus, ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca e per sindrome coronarica acuta). Inoltre, non sono state riscontrate differenze tra i pazienti con BMI < 30 e BMI > 30 per l’endpoint primario di sicurezza (18,5% vs 13,4%; P per interazione = 0,37), per gli eventi avversi gravi correlati alla terapia farmacologica antiaritmica come: tossicità (0,9% vs 0,4%) e bradicardia indotta da farmaci (0,7% vs 1,5%) e per gli eventi avversi gravi correlati alla terapia di ablazione per FA, tra cui: tamponamento pericardico (0,2% vs 0,2%), sanguinamento maggiore (0,2% vs 0,8%), sanguinamento non maggiore (0% vs 0,2%).

Riguardo, invece, il diabete mellito, la prevalenza globale nello studio EAST-AFNET 4 è stata del 24,9%. I pazienti con diabete erano mediamente più giovani, più spesso uomini, con un BMI medio più elevato, più spesso affetti da ipertensione arteriosa, con un punteggio CHA2DS2-VASc più alto e con una maggiore incidenza di malattia renale cronica di stadio 3 o 4 secondo MDRD. Non sono state riscontrate differenze significative nelle strategie di trattamento ERC tra i pazienti con e senza diabete. Come nel sottogruppo dei pazienti obesi, anche in quello dei pazienti diabetici la strategia iniziale predominate di ERC è stata rappresentata da quella farmacologia, mentre le percentuali degli interventi di ablazione sono progressivamente aumentate durante il follow up sia nei soggetti con che in quelli senza diabete mellito. Il diabete non ha mostrato interazione con l’efficacia della strategia ERC sull’endpoint primario composito (pazienti con diabete: HR, 0,77; senza diabete: HR, 0,78; P per interazione = 0,93) e sulle sue singole componenti; si è tuttavia riscontro un trend, ma non statisticamente significativo, per una maggiore incidenza di ictus nel gruppo con diabete (0,88 vs 0,57; P per interazione = 0,33). In merito alla sicurezza, non è stata riscontrata alcuna differenza nell’endpoint primario tra i pazienti con e senza diabete (18,2% vs 16,1%, rispettivamente; P per interazione = 0,99) ed in generale in tutti gli eventi avversi, inclusi quelli correlati alla terapia farmacologica antiaritmica ed all’ablazione per FA.

Gli autori hanno quindi concluso come questa sottoanalisi dello studio randomizzato EAST-AFNET 4 suggerisca come la strategia precoce di controllo del ritmo è ugualmente efficace nei pazienti con obesità e diabete rispetto ai pazienti senza queste condizioni e tali risultati incoraggiano l’uso di tale terapia nei pazienti con obesità e diabete. Inoltre, la terapia antiaritmica nella maggior parte dei pazienti è apparsa sicura ed efficace sia nei pazienti diabetici che in quelli obesi con fibrillazione atriale. Questa analisi conferma che obesità e diabete sono associati a un rischio più elevato di eventi cardiovascolari, evidenziando la necessità della riduzione del peso nei pazienti obesi con FA e di un buon controllo glicemico nei pazienti diabetici con FA per ridurre il rischio cardiovascolare. A tal proposito bisogna sottolineare che recenti evidenze abbiano dimostrato come la semaglutide, inibitore del GLP1RA, indicato sia nel trattamento del diabete mellito tipo due sia dell’obesità, sia associata ad una riduzione del rischio di ricorrenze di fibrillazione atriale in questi sottogruppi di soggetti ad altissimo rischio di eventi [6].

Bibliografia di riferimento:

  1. Wong CX, Abed HS, Molaee P, et al. Pericardial fat is associated with atrial fibrillation severity and ablation outcome. J Am Coll Cardiol. 2011;57(17): 1745-1751.
  2. Suffee N, Moore-Morris T, Jagla B, et al. Reactivation of the epicardium at the origin of myocardial fibro-fatty infiltration during the atrial cardiomyopathy. Circ Res. 2020;126(10):1330-1342.
  3. Abed HS, Wittert GA, Leong DP, et al. Effect of weight reduction and cardiometabolic risk factor management on symptom burden and severity in patients with atrial fibrillation: a randomized clinical trial.JAMA. 2013;310(19):2050-2060
  4. Kirchhof P, Camm AJ, Goette A, et al; EAST-AFNET 4 Trial Investigators. Early rhythm-control therapy in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med. 2020;383(14):1305-1316
  5. Metzner A, Willems S, Borof K, Breithardt G, Camm AJ, Crijns HJGM, Eckardt L, Fabritz L, Gessler N, Goette A, Reissmann B, Schnabel RB, Schotten U, Zapf A, Rillig A, Kirchhof P. Diabetes and Obesity and Treatment Effect of Early Rhythm Control vs Usual Care in Patients With Atrial Fibrillation: A Secondary Analysis of the EAST-AFNET 4 Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2025 Jul 30:e252374. doi:10.1001/jamacardio.2025.2374.
  6. Cesaro A, Pastori D, Acerbo V, Biccirè FG, Golino M, Panico D, Prati F, Abbate A, Lip GYH, Calabrò P. Reduction of New Onset of Atrial Fibrillation in Patients Treated with Semaglutide: An updated systematic review and meta regression analysis of randomized controlled trials.Eur J Prev Cardiol. 2025 Apr 28:zwaf257. doi: 10.1093/eurjpc/zwaf257.