La sostituzione valvolare mitralica transcatetere del sistema Tendyne nell’insufficienza valvolare severa.
di Filippo Brandimarte
23 Novembre 2021

L’insufficienza valvolare mitralica severa su valvola nativa, specie se secondaria (o funzionale) accompagnata a disfunzione sistolica ed a scompenso cardiaco, è associata ad una mortalità elevata. La terapia farmacologica, infatti, non sempre è in grado di migliorare la prognosi sebbene abbia dimostrato di attuare un rimodellamento inverso della camera ventricolare ed in alcuni casi di ridurre l’entità del rigurgito valvolare. (1) Per i pazienti non candidabili alla chirurgia tradizionale di sostituzione valvolare per l’alto rischio operatorio sono oggi disponibili nuove opzioni meno invasive e tra queste l’approccio transcatetere con il sistema Tendyne (Abbott) per via transapicale. (2)

Un interessante studio multicentrico, prospettico, non randomizzato pubblicato sull’ultimo numero del Journal of the American College of Cardiology ha analizzato i dati di 100 pazienti sottoposti a tale procedura affetti da scompenso cardiaco in classe funzionale NYHA≥2 e considerati ad alto rischio per la chirurgia open. Criteri di esclusione sono stati un diametro telediastolico ventricolare sinistro >70 mm, calcificazione severa dei lembi o dell’anulus valvolare mitralici, trombosi atriale o ventricolare, ipertensione polmonare severa, severa disfunzione sistolica ventricolare dx o una frazione di eiezione <30%. La valvola autoespandibile viene posizionata attraverso una toracotomia antero-laterale sx in anestesia generale utilizzando un catetere 36F ed un sistema di ancoraggio epicardico che prosegue con un cavo transventricolare e termina con la valvola stessa che è stato concepito per adattarsi alle anatomie più complesse e per ridurre complicanze quali l’embolizzazione e la dislocazione della protesi. Tutti i pazienti sono stati anticoagulati con warfarin mantenendo un INR tra 2.5 e 3.5 per un minimo di 3 mesi e con un follow-up di 2 anni. L’endpoint primario di efficacia è stata la riduzione della entità dell’insufficienza mitralica (grado <2+) a 30 giorni dalla procedura. L’endpoint primario di sicurezza è stato l’assenza di eventi avversi maggiori (morte cardiovascolare, ictus invalidante, infarto miocardico, reintervento per disfunzione valvolare, sanguinamenti maggiori, complicazioni vascolari maggiori ed insufficienza renale che necessita dialisi a 30 giorni). (3)

I pazienti avevano una età media di 74 anni (69% dei quali maschi) con significative comorbidità (diabete nel 38% dei casi, fibrillazione atriale nel 35%, coronaropatia nel 74%, pregresso bypass aorto-coronarico nel 47% e pregresso ictus o TIA nel 14%) che conferivano un rischio chirurgico elevato (mortalità 7.8%). L’insufficienza mitralica era di grado severo (4+) nel 93% dei casi e la frazione di eiezione 46% in classe funzionale NYHA III nel 62% dei casi e IV nel 4% dei casi. Le protesi mitraliche sono state impiantate con successo nel 97% dei soggetti mentre 6 pazienti sono deceduti prima della dimissione. A 2 anni 9 pazienti hanno abbandonato lo studio, 39 sono deceduti e 3 pazienti non hanno completato le visite di follow-up. I rimanenti 49 soggetti hanno completato il follow-up a 2 anni.

La mortalità per tutte le cause è stata del 39% con una mortalità cardiovascolare del 34%. Il periodo più critico si è esteso ai 3 mesi successivi all’intervento dove si è concentrato il 43.6% dei decessi (principalmente per insufficienza cardiaca refrattaria o aritmie fatali). A 2 anni si sono verificati 37 nuovi ricoveri per scompenso cardiaco, di cui 21 nei primi 3 mesi per un tasso annuale di ricoveri post-procedura di 0.51 per paziente per anno rispetto a 1.30 eventi per paziente per anno nel periodo pre-intervento (p<0.0001). Si sono registrati 5 ictus cerebri (4 ischemici ed 1 emorragico) 3 dei quali verificatesi nel primo anno dall’intervento. Sanguinamenti maggiori si sono verificati in 27 casi, 9 dei quali nel periodo tra 3 mesi e 2 anni (per lo più gastrointestinali) e in 14 di questi pazienti era presente fibrillazione atriale già in trattamento anticoagulante. Leak perivalvolari (nella quasi totalità dei casi lievi) si sono verificati in 9 pazienti, 8 dei quali nel primo anno post-intervento. Reinterventi di sostituzione valvolare mitralica sono stati effettuati in 5 casi, 4 dei quali nel primo anno (a causa di endocarditi o trombosi protesica). Il 93% dei pazienti con valutazione ecocardiografica completa (n=44) non presentava più insufficienza mitralica a 2 anni mentre il rimanente 7% aveva un rigurgito lieve. Il gradiente transvalvolare a 2 anni è stato 3.2 mmHg, senza differire significativamente dai valori basali. La frazione di eiezione è leggermente scesa da 45% basale a 40% a 2 anni mentre la pressione polmonare è scesa da 47 mmHg a 32 mmHg a 2 anni (p=0.005). Dopo 1 anno di follow-up la classe NYHA e la qualità di vita sono sensibilmente migliorate e questo trend è rimasto costante anche a 2 anni (oltre 80% dei pazienti a 2 anni era in classe I o II, p<0.0001 e lo score KCCQ per la qualità di vita è passato da 49 punti al basale a 67 punti a 2 anni, p<0.0001).  

Sebbene il trial abbia delle limitazioni (coorte relativamente piccola di pazienti, dati ecocardiografici non disponibili per tutti i pazienti, trattamento perioperatorio non standardizzato) permette di fare alcune importanti considerazioni:

  1. Si è ottenuta una quasi completa eliminazione dell’insufficienza mitralica a 2 anni senza dimostrazione di deterioramento valvolare grazie al sistema Tendyne che possiede delle caratteristiche che consentirebbero l’impianto anche in soggetti con anatomia non favorevole. Recenti studi hanno dimostrato il valore prognostico di questo risultato nel trattamento dello scompenso cardiaco indipendentemente dalla frazione di eiezione in termini di mortalità ed ospedalizzazione.
  2. La necessità di ricoveri per scompenso cardiaco è stata significativamente ridotta rispetto al periodo pre-intervento (specie dopo il terzo mese post-intervento), con un’incidenza cumulativa di ricoveri per scompenso cardiaco a 2 anni del 38.8% rispetto a 61.8% nel trial MITRA-FR e 56.7% nel COAPT. (4,5)
  3. Significativo miglioramento della qualità di vita al termine del follow-up, a dimostrazione che il miglioramento emodinamico si traduce in un beneficio clinico percepito dal paziente.
  4. Gli eventi avversi legati al device (mortalità cardiovascolare, ictus invalidante o TIA, scompenso cardiaco, sanguinamenti maggiori) sono eventi rari nel secondo anno post-intervento. Per quanto concerne i sanguinamenti nei primi 3 mesi sono stati principalmente procedurali mentre successivamente legati per lo più alla terapia anticoagulante orale che i pazienti assumevano non solo nel post-intervento ma anche per condizioni preesistenti (fibrillazione atriale).

Identificare quali soggetti destinare a questo tipo di intervento oppure all’impianto di Mitraclip è ancora oggetto di ricerca. A tal proposito è già in corso il trial randomizzato SUMMIT (NCT03433274) che ha come obbiettivo quello di comprare le due tecniche su 400 pazienti con un follow-up ad 1 anno. Per il momento il sistema Tendyne sembra promettente e permetterebbe di estendere le indicazioni alla procedura anche a quei pazienti non candidabili alla Mitraclip per ragioni anatomiche.

Bibliografia

  1. Asgar AW, Mack MJ, Stone GW. Secondary mitral regurgitation in heart failure: pathophysiology, prognosis, and therapeutic considerations. J Am Coll Cardiol. 2015;65(12):1231–4128.
  2. Sorajja P, Moat N, Badhwar V, et al. Initial feasibility study of a new transcatheter mitral prosthesis: the first 100 patients. J Am Coll Cardiol. 2019;73(11):1250–1260.
  3. Muller DWM, Sorajja P, Duncan A et al. 2-year outcomes of transcatheter Mitral Valve Replacement in Patients with Severe symptomatic mitral regurgitation. J Am Coll Cardiol 2021;78:1847-1859.
  4. Iung B, Armoiry X, Vahanian A, et al. Percutaneous repair or medical treatment for secondary mitral regurgitation: outcomes at 2 years. Eur J Heart Fail. 2019;21(12):1619–1627.
  5. Stone GW, Lindenfeld J, Abraham WT, et al. Transcatheter mitral-valve repair in patients with heart failure. N Engl J Med. 2018;379(24):2307–2318.