LA SALUTE DEL CUORE QUANDO LA VITA È SODDISFACENTE
di Antonella Labellarte
28 Febbraio 2012

Molte ricerche suggeriscono che i fattori psicologici sono associati al rischio di malattia ischemica del cuore. Fino ad oggi, infatti, numerosi studi hanno analizzato gli effetti negativi di una condizione di malattia (depressione o sindrome ansiosa solo per fare un esempio). Ma posto che non essere ammalati non vuol dire necessariamente vivere bene, un gruppo di ricercatori si è occupato di cercare la possibile relazione tra “sentirsi bene” e malattia cardiaca.

Lo “stare bene” comprende delle componenti “affettive” e delle componenti cognitive. Le prime sono rappresentate da emozioni positive e negative, le seconde sono sostanzialmente rappresentate dal giudizio soggettivo di una vita globalmente soddisfacente e da valutazioni su specifiche sfere della propria esistenza.
Questo gruppo di ricercatori appartenenti al Department of Society, Human Development and Health dell’ Harvard School of Public Health, al Department of Psycology, University of Michigan e al Department of Epidemiology and Public Health , University College of London si sono dedicati a valutare proprio quanto il benessere in specifiche aree della vita di un individuo possa essere associato alla comparsa di cardiopatia ischemica.

Lo studio è stato condotto utilizzando i dati provenienti dalla Whitehall II Cohort, un largo campione di funzionari britannici (10.308) che sono stati studiati a partire dal 1985. Le analisi relative al presente lavoro partono dal periodo 1991-94, fase in cui è stata fatta la valutazione iniziale dei giudizi soggettivi di soddisfazione rispetto a particolari aspetti della vita.
“Tutto considerato quanto vi ritenete soddisfatti o insoddisfatti per quel che riguarda i seguenti particolari aspetti della vostra vita?” I partecipanti hanno valutato 8 aree: “la relazione matrimoniale o comunque il rapporto personale di coppia”, “le attività del tempo libero”, “il tenore di vita”, “il lavoro”, “la salute”, “la vita familiare”, “il sesso” , “la percezione di se stessi come persona”. Sono stati inoltre valutati i fattori di rischio coronarico.

L’analisi è stata infine condotta su 7956 soggetti (età media 49.5 anni) provenienti dalla coorte, risultati sani per eventi coronarici alla valutazione iniziale.
E’ stata rilevata la comparsa di angina, infarto miocardico non fatale, morte per cardiopatia ischemica.

I risultati dello studio sono molto articolati e non si entrerà nel dettaglio statistico. Una globale condizione “soddisfacente” è risultata associata ad una modesta riduzione del rischio di cardiopatia ischemica, sia negli uomini sia nelle donne e questo indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali. Per quel che riguarda le aree di valutazione specifica soltanto l’appagamento nel settore “lavoro”, “sesso”, “vita di famiglia” e “buona percezione di se stessi” erano significativamente associati a riduzione del rischio di cardiopatia ischemica. Quando analizzate separatamente le diverse manifestazioni di cardiopatia ischemica, l’associazione è risultata significativa con l’angina e non con gli eventi più severi come infarto e morte cardiovascolare.
Studio interessante che apre le porte a numerose riflessioni.

Fonte :
Julia K. Boehm et al. Heart health when life is satisfying: evidence from the Whitehall II cohort study. Eur Heart J 2011; 32: 2672-2677

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma