La risonanza magnetica cardiaca (CRM) da stress, nonostante le sue indiscusse potenzialità, è tuttora scarsamente utilizzata nella pratica clinica. Negli USA, ad esempio, ha rappresentato meno dello 0,1% di tutti i test di imaging eseguiti nel 2018. Uno studio retrospettivo appena pubblicato su JAMA Cardiology (1) ha indagato il ruolo prognostico a lungo termine di tale metodica, in pazienti con sospetta ischemia miocardica e probabilità pretest di grado basso (rischio previsto < 1%) e intermedio (rischio previsto tra 1 e 3%) di morte cardiovascolare (CV) e IMA non fatale.
Lo studio ha incluso pazienti con età tra 35 e 85 anni, indicazione all’esame per sospetta ischemia (dolore, dispnea, anomalie ecg) e presenza di almeno 2 fattori di rischio cardiovascolare. I soggetti con cardiopatia nota o comorbidità con spettanza di vita prevista < 2 anni erano esclusi. Durante la RM si valutavano i volumi e le dimensioni del ventricolo sinistro, la perfusione durante stress e il late gadolinium enhancement (LGE). La presenza di difetti di perfusione in assenza di LGE in 1 o più segmenti era considerata indicativa di ischemia inducibile mentre la presenza di LGE in 1 o più segmenti era ritenuta diagnostica per infarto. L’outcome primario era l’occorrenza di morte CV o IMA non fatale, quello secondario la comparsa di MACE (combinazione di morte CV, IMA non fatale, ospedalizzazione per angina instabile o scompenso, CABG non elettivo).
Nel complesso sono stati studiati 1.698 pazienti, 51,4% maschi, con età media 62 anni. Il Follow Up mediano è stato di 5,4 anni. 909 pazienti avevano bassa probabilità pretest, 716 probabilità intermedia e 12 probabilità alta. 227 (13,4%) soggetti avevano stress test positivo, 126 avevano positività in almeno 2 segmenti, 82 (65%) di questi hanno eseguito una coronarografia con successiva rivascolarizzazione in 59 (72%).
I pazienti con probabilità bassa o intermedia ma stress positivo presentavano una sostanziale riduzione della sopravvivenza libera da eventi (sia outcome primario che secondario) rispetto a quelli con stress negativo. In particolare l’esecuzione della RM da stress permetteva, rispetto all’outcome primario di morte CV e IMA non fatale, la riclassificazione post test del 33,5% dei pazienti. Il massimo potere discriminatorio si otteneva nel gruppo con probabilità pre test intermedia (52% dei pz diveniva a basso rischio e l’8% ad alto rischio). Il che si traduceva in una diversa incidenza di eventi: 0,6% per anno nei pz a basso rischio e 4.9% per anno nei pz ad alto rischio. Anche relativamente all’outcome secondario la RM riclassificava il 60% dei pz con probabilità pre test intermedia (49% dei pz diveniva a basso rischio e l’11% ad alto rischio). Anche in questo caso ciò si traduceva in una diversa incidenza di MACE: 1,4% per anno nei pz a basso rischio e 9.5% per anno nei pz ad alto rischio.
Tali dati mostrano quindi la capacità della RM da stress di riclassificare correttamente i pazienti senza storia cardiologica precedente e considerati a rischio pre test intermedio di eventi cardiaci.
Alla luce dell’orientamento generale (2-3) in forza del quale la scelta del trattamento dovrebbe essere guidata dalla probabilità clinica di eventi avversi, riservando la strategia interventistica ai pazienti a rischio alto e privilegiando la terapia medica in quelli a rischio basso, tale capacità della RM di correttamente riclassificare i pazienti a rischio intermedio assume quindi particolare importanza, al fine di evitare l’esecuzione delle procedure inutili o l’omissione di quelle necessarie.
E’ quindi auspicabile un incremento del ricorso a tale metodica, specialmente nei pazienti non ad alto rischio e in strutture con elevata esperienza di risonanza. Va infatti segnalato che per partecipare alla ricerca i centri dovevano eseguire RM da almeno 10 anni e contribuire allo studio con almeno 100 esami.
Bibliografia
- Antiochos P, Ge Y, Steel K et al. Evaluation of Stress Cardiac Magnetic Resonance Imaging in Risk Reclassification of Patients With Suspected Coronary Artery Disease. JAMA Cardiol. doi:10.1001/jamacardio.2020.2834
- Patel MR, Calhoon JH, Dehmer GJ et al. ACC/AATS/AHA/ASE/ASNC/SCAI/SCCT/STS 2017 appropriate use criteria for coronary revascularization in patients with stable ischemic heart disease: a report of the American College of Cardiology Appropriate Use Criteria Task Force, American Association for Thoracic Surgery, American Heart Association, American Society of Echocardiography, American Society of Nuclear Cardiology, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of Cardiovascular Computed Tomography, and Society of Thoracic Surgeons. J Am Coll Cardiol. 2017;69(17):2212-2241. doi:10.1016/j.jacc.2017.02.001
- Knuuti J, Wijns W, Saraste A et al. ESC Scientific Document Group. 2019 ESC guidelines for the diagnosis and management of chronic coronary syndromes. Eur Heart J.2020;41(3)407-477