LA PREVENZIONE DELLA DEMENZA
di Antonella Labellarte
28 Febbraio 2012

Gli enormi progressi compiuti dalla medicina moderna hanno fatto si che l’aspettativa di vita sia molto aumentata non solo nei paesi più sviluppati ma anche, ad esempio, in Cina ed in India. L’aumento dell’età media si accompagna ad un aumento esponenziale della prevalenza della demenza. La demenza sarà la grande sfida dei prossimi 50 anni, sia per quanto attiene la cura personale degli individui che ne sono affetti, sia per l’organizzazione dei sistemi sociali di cura e di assistenza.
Il morbo di Alzheimer è la forma più comune, seguita dalla demenza vascolare. Per demenza vascolare si intende una malattia dei piccoli vasi del cervello, che riconosce nel diabete mellito e nell’ipertensione non trattata i fattori causali più comuni.

La manifestazione clinica della demenza vascolare è una combinazione di deficit cognitivi, difficoltà o incapacità ad eseguire in maniera corretta movimenti volontari aventi significato, incontinenza. Con la risonanza magnetica nucleare si è potuto documentare la presenza nel cervello di piccoli “infarti lacunari” (multiple piccole zone di ischemia delle cellule cerebrali).
In principio si pensava che il morbo di Alzheimer fosse una pura malattia degenerativa del sistema nervoso, oggi, invece, si è propensi nel credere che fattori vascolari giochino un ruolo importante nella comparsa di questa malattia.
Un deficit cognitivo di grado lieve è stato identificato come un fattore predittivo della comparsa di demenza.
Lo studio condotto da F. Kaffashian e colleghi ha voluto indagare su quanto frequentemente un deficit cognitivo moderato si manifesti in persone di mezz’età e se esista una correlazione con i maggiori fattori di rischio cardiovascolare.
Sono stati studiati 4827 soggetti inglesi di età media 55 anni. I fattori di rischio vascolare sono stati analizzati utilizzando il “Framingham General Cardiovascular Risk Profile”. E’ stata inoltre analizzata la funzione cognitiva con strumenti già validati in studi precedenti.
La prima valutazione è stata effettuata tra il 1985 e il 1988, i test cognitivi sono stati introdotti tra il 1997 e il 1999 e ripetuti nei periodi 2002-2004 e 2007-2009. Mettendo da parte raffinate analisi statistiche il risultato raggiunto sembra abbastanza ovvio: un aumento del 10% del punteggio di rischio cardiovascolare si è associato ad una peggiore performance in ambito cognitivo, sia per gli uomini, sia per le donne. Un ulteriore aumento del punteggio di rischio cardiovascolare (basato sulla presenza di quei fattori di rischio che abbiamo tante volte illustrato nelle news letter) si è associato ad un deterioramento cognitivo più grave a 10 anni.

Che riflessioni si possono fare sulle conseguenze di questo studio?

I risultati suggeriscono che non si può attendere l’età della pensione per identificare nella popolazione i fattori di rischio cardiovascolare. E, una volta identificati, questi fattori di rischio vanno soprattutto trattati, con il raggiungimento di quegli obiettivi che hanno dimostrato essere realmente efficaci nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Purtroppo, ancora oggi, la volontà di raggiungere questi obiettivi e l’aderenza ai suggerimenti terapeutici dei medici, siano essi farmacologici o relativi a cambiamenti dello stile di vita, sono ancora scarse.

Se oggi si sottolineano gli interventi terapeutici ad esempio per la prevenzione dell’infarto del miocardio, si dovrà aggiungere in futuro l’invito ad intervenire sui fattori di rischio cardiovascolare per prevenire il declino cognitivo e la comparsa di demenza.

Fonti :
F. Kaffashian et al. Predictive utility of the Framingham general cardiovascular disease risk profile for cognitive function: evidence from the White hall II study. Eur Heart J 2011; 32: 2326-2332
Hans-Christoph Diener . Prevention of dementia should start 20 years before symptoms become apparent. Eur Heart J 2011; 32: 2228-2230

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma