La PET-TAC: (PET 18F sodio fluoride) una nuova metodica non invasiva per la ricerca delle placche vulnerabili.
di Simone Budassi
01 Settembre 2022

La PET con 18F sodio fluoride predice eventi cardiovascolari avversi (mortalità per tutte le cause, morte cardiaca, infarto miocardico non fatale). Questo è l’interessante risultato a cui sono giunti Newby e colleghi con il PRE 18FFIR trial presentato al congresso ESC 2022.

Il PRE 18 FFIR [1] è uno studio prospettico randomizzato multicentrico che aveva l’obiettivo di valutare se l’analisi non invasiva delle placche aterosclerotiche mediante PET al 18F sodio fluoride era in grado di predire eventi cardiaci ricorrenti in pazienti con infarto miocardico e malattia coronarica multivasale.  Quella della captazione alla PET del 18F sodio fluoride è una misura diretta di attività infiammatoria all’interno della placca aterosclerotica. La PET va a valutare l’attività delle microcalcificazioni che sembrano essere presenti nel core necrotico delle placche aterosclerotiche infiammate e potenzialmente prone all’instabilizzazione.

Gli autori hanno arruolato 704 pazienti, prevalentemente uomini di mezza età che presentavano  diversi fattori di rischio per malattia cardiovascolare. L’89% aveva malattia multivasale, mentre nel 7% c’era un coinvolgimento del tronco comune della coronaria sinistra. Come sottolineato da David Newby durante la sua presentazione, visto il numero di eventi più basso delle attese (10% circa) lo steering committee dello studio ha suggerito la modifica dell’endpoint primario (che includeva  morte cardiaca e infarto miocardico non fatale) aggiungendo anche la rivascolarizzazione non programmata.

Non si sono osservate differenze statisticamente significative per quanto riguardava l’incidenza dell’endpoint primario in pazienti con microcalcificazioni nel core lipidico delle placche aterosclerotiche rispetto a quelli che non le presentavano (hazard ratio [HR] 1.25; 95% confidence interval [CI] 0.89–1.76; p=0.20). Questo risultato è stato prevalentemente guidata dall’assenza di associazione con le rivascolarizzazione non programmate  (HR 0.98 ; 95% CI 0.64–1.49 ; p=0.91). Quando però, nella loro analisi di endpoint secondari, gli autori hanno riutilizzato il composito di morte cardiaca e infarto miocardico non fatale, i risultati sono stati molto interessanti: pazienti con attività della placca aterosclerotica avevano un rischio più alto di incidenza di morte cardiaca e/o infarto miocardico non fatale (HR 1.82; 95% CI 1.07–3.10; p=0.028) ed anche di morte per tutte le cause (HR 2.43; 95% CI 1.15–5.12; p=0.020). L’associazione rimaneva anche dopo correzione per la severità della patologia ostruttiva coronarica.

Quando ci troviamo di fronte a pazienti con infarto miocardico non è semplice valutarne le prognosi. Si può ricorrere alla  GRACE score o alla severità  del quadro coronarografico, all’angiografia. Entrambi però non valutano la complicata fisiopatologia che sta alla base dell’evoluzione della placca aterosclerotica, dalla sua formazione fino alla instabilizzazione ed eventuale rottura/attivazione. L’associazione tra caratteristiche di vulnerabilità di placca ed eventi cardiovascolari avversi è ben nota [2, 3, 4]; tutti gli studi però sono stati effettuati utilizzando tecniche invasive di imaging intracoronarico, che poco si adattano all’utilizzo routinario nella valutazione del rischio globale del paziente e nel follow up. La valutazione dell’attività infiammatoria all’interno della placca aterosclerotica con tecniche non invasive, come la PET, potrebbe in futuro guidare l’utilizzo di terapie farmacologiche focalizzate sulla riduzione dei lipidi o dell’infiammazione, con l’obiettivo di ridurre eventi trombotici acuti e quindi migliorando la prognosi di pazienti affetti da aterosclerosi coronarica.

Bibliografia:

[1] PRE18FFIR Hot Line Session 7 on Sunday 28 August at 16:30 to 17:30 CEST in the Barcelona auditorium, ESC 2022

[2] Prati F, Romagnoli E, Gatto L, La Manna A, Burzotta F, Ozaki Y, Marco V, Boi A, Fineschi M, Fabbiocchi F, Taglieri N, Niccoli G, Trani C, Versaci F, Calligaris G, Ruscica G, Di Giorgio A, Vergallo R, Albertucci M, Biondi-Zoccai G, Tamburino C, Crea F, Alfonso F, Arbustini E. Relationship between coronary plaque morphology of the left anterior descending artery and 12 months clinical outcome: the CLIMA study. Eur Heart J. 2020 Jan 14;41(3):383-391. doi: 10.1093/eurheartj/ehz520. Erratum in: Eur Heart J. 2020 Jan 14;41(3):393. PMID: 31504405.

[3] Stone GW, Maehara A, Lansky AJ, de Bruyne B, Cristea E, Mintz GS, Mehran R, McPherson J, Farhat N, Marso SP, Parise H, Templin B, White R, Zhang Z, Serruys PW; PROSPECT Investigators. A prospective natural-history study of coronary atherosclerosis. N Engl J Med. 2011 Jan 20;364(3):226-35. doi: 10.1056/NEJMoa1002358. Erratum in: N Engl J Med. 2011 Nov 24;365(21):2040. PMID: 21247313.

[4] Kedhi E, Berta B, Roleder T, Hermanides RS, Fabris E, IJsselmuiden AJJ, Kauer F, Alfonso F, von Birgelen C, Escaned J, Camaro C, Kennedy MW, Pereira B, Magro M, Nef H, Reith S, Al Nooryani A, Rivero F, Malinowski K, De Luca G, Garcia Garcia H, Granada JF, Wojakowski W. Thin-cap fibroatheroma predicts clinical events in diabetic patients with normal fractional flow reserve: the COMBINE OCT-FFR trial. Eur Heart J. 2021 Dec 1;42(45):4671-4679. doi: 10.1093/eurheartj/ehab433. PMID: 34345911.