La gravidanza nelle donne affette da cardiopatie congenite: il sogno diventa realtà
di Vittoria Rizzello
16 Novembre 2021

Grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche, negli ultimi decenni stiamo sempre più assistendo ad un incremento di pazienti con cardiopatie congenite (CC) che raggiungono l’età riproduttiva. Di conseguenza, sempre più donne con CC a media e alta complessità, desiderose di diventare madri, si presentano nei centri di riferimento per le CC per richiedere un counseling in merito ai rischi correlati ad una eventuale gravidanza. Mentre studi più datati (1) hanno riportato alte percentuali di complicanze materne (inclusa la morte) e fetali, più recentemente l’ESC Registry Of Pregnancy And Cardiac disease (ROPAC) ha indicato un’evoluzione più positiva (2). Un ulteriore contributo alle evidenze disponibili su questo tema è fornito dal lavoro di Lammers AE e coll (3),   

recentemente pubblicato su European Heart Journal. Gli autori hanno pubblicato i loro risultati sul più numeroso gruppo di pazienti con CC, ossia 4015 pazienti, che hanno intrapreso una gravidanza tra il 2005 e il 2018 in Germania (in totale 7512 gravidanze). I dati analizzati erano di tipo amministrativo, forniti dalla più grande compagnia assicurativa sanitaria tedesca. Come gruppo di controllo sono state utilizzate 6502 donne senza CC con 11225 gravidanze. I risultati hanno dimostrato che: 1) Il parto cesareo è risultato essere più frequente nelle donne con CC che nelle donne senza CC (40,5% vs 31,5%, P<001); 2) non è stato osservato alcun incremento di mortalità materna nelle donne con CC vs quelle senza CC; 3) le donne con CC hanno presentato più frequentemente stroke, scompenso cardiaco e aritmie vs le donne senza CC (p<0.001 per tutte le variabili), sebbene in assoluto tali complicanze fossero rare (<1%); 4) la mortalità neonatale è stata bassa, ma comunque maggiore nelle pazienti con CC (0.83% vs 0.22%; P=0.001). Inoltre, i figli di donne con CC avevano un più basso peso alla nascita, una maggiore prematurità e necessità di intubazione e terapia intensiva. Tali complicanze neonatali erano più frequenti nelle forme più complesse di CC (cuore univentricolare, trasposizione dei grossi vasi, sindrome di Eisenmenger). All’analisi multivariata, la complessità del difetto congenito materno, l’ipertensione arteriosa, lo scompenso cardiaco, la necessità di trattamenti dell’infertilità e il trattamento con anti-vitamina K erano predittori indipendenti dell’outcome neonatale. Infine, nei figli delle donne con CC è stata osservata una ricorrenza di CC 6 volte più alta rispetto ai controlli.

Lo studio di Lammers AE rappresenta un importante contributo nell’ambito della gestione delle pazienti con CC in età riproduttiva, con implicazioni pratiche molto rilevanti. Infatti, in queste pazienti, la valutazione del rischio cardiovascolare materno in caso di gravidanza rappresenta un momento essenziale della gestione clinica. Le linee guida europee (4) raccomandano che tale valutazione sia effettuata, prima ancora del concepimento, sulla base della classificazione del rischio materno modificata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (mOMS). Nelle donne in classe IV (con ipertensione arteriosa polmonare o complicanze dell’intervento di Fontan) la gravidanza è controindicata e se già iniziata deve essere interrotta, perché gravata da un’altissima mortalità materna (40-100%). Nelle donne con patologie meno complesse, e quindi con un profilo di rischio meno elevato (classe I-III) la gravidanza non è controindicata, ma deve essere comunque gestita, preferibilmente dal pregnancy team, in centri con competenze specifiche.

I dati presentati da Lammers AE e coll rappresentano la dimostrazione che in realtà in cui viene effettuato un corretto counseling pre-gestazione le gravidanze ad elevato rischio sono molto rare nelle pazienti con CC (<1% nel loro studio) e questo si traduce in una mortalità materna che è uguale a quella osservata nei controlli. Questo dato è sicuramente rassicurante e incoraggiante, profilando anche a queste donne la possibilità di realizzare il loro desiderio di maternità.

Tuttavia, la maggiore frequenza di complicanze sia materne che neonatali nelle donne con CC che nelle donne senza CC rappresenta un elemento che deve essere ben noto ed adeguatamente bilanciato verso la volontà di ogni donna di diventare madre. Analogamente, l’aumentato rischio di ricorrenza di CC deve essere considerato con attenzione, a causa delle importanti implicazioni prognostiche e terapeutiche della ricorrenza di una CC nel neonato.  

In conclusione, lo studio di Lammers AE e coll costituisce un importante evidenza a favore della possibilità per le donne affette da CC di diventare madri. Tuttavia, lo studio sottolinea come questo sia un percorso ricco di insidie e di possibili complicanze, per la madre e per il bambino, che deve essere affrontato in un setting altamente specialistico e multidisciplinare e con la consapevolezza che il momento della nascita può rappresentare l’inizio di un’altra storia di cardiopatia congenita.

REFERENCES.

  1. Presbitero P, Somerville J, Stone S, et al. Pregnancy in cyanotic congenital heart disease. Outcome of mother and fetus. Circulation 1994;89:2673-6.
  2. Roos-Hesselink J, Baris L, Johnson M, et al. Pregnancy outcomes in women with cardiovascular disease: evolving trends over 10 years in the ESC Registry Of Pregnancy And Cardiac disease (ROPAC). Eur Heart J. 2019;40:3848-3855.
  3. Lammers AE, Diller GP, Lober R, et al. Maternal and neonatal complications in women with congenital heart disease: a nationwide analysis. Eur Heart J. 2021;42:4252-4260.
  4. Regitz-Zagrosek V, Roos-Hesselink JW, Bauersachs J, et al. 2018 ESC Guidelines for the management of cardiovascular diseases during pregnancy. Eur Heart J. 2018;39: 3165-3241.