LA GENETICA DELLE DISLIPIDEMIE
di Antonella Labellarte
18 Marzo 2016

Un elevato valore di colesterolo LDL rappresenta come è ormai a tutti noto un fattore di rischio maggiore per coronaropatia. E’ da sempre oggetto di discussione invece la possibilità che un basso valore di colesterolo HDL ed un elevato valore di trigliceridi comportino un rischio aumentato di malattia ischemica del cuore.

Nell’ultimo numero di marzo del New England Journal of Medicine due diversi gruppi di ricercatori pubblicano il riscontro di evidenze genetiche che testimoniano come un elevato valore di trigliceridi possa giocare un ruolo causale nella malattia aterosclerotica delle coronarie.

Stietzel e colleghi hanno analizzato più di 54 mila varianti di sequenze codificanti relative a 13.715 geni in oltre 72 mila pazienti coronaropatici, confrontandoli con 120 mila controlli. Il gruppo di Dewey e colleghi hanno studiato le sequenze degli esoni del gene codificante l’angiopoietin-like-4 (ANGPTL4) da campioni ottenuti da circa 43 mila soggetti partecipanti ad uno studio di genetica umana.

Entrambi i gruppi hanno trovato un’associazione significativa tra una mutazione inattivante (E40k) di ANGPTL4 e bassi livelli di trigliceridi ed elevati livelli di colesterolo HDL, quello “buono” per intenderci.

Al di là della complessità di sigle che rimangono imperscrutabili ai più, ad eccezione degli esperti del settore, entrambi gli studi giungono alla conclusione che i portatori della mutazione E40K e di altre mutazioni rare di ANGPTL4 hanno un basso rischio di sviluppare la malattia aterosclerotica delle coronarie.

Cerchiamo di spiegare con parole un po’ semplici cosa è l’ ANGPTL4.

ANGPTL4 è un inibitore della lipoprotein lipasi, l’enzima che ”rompe” i trigliceridi nei capillari di cuore, muscoli e grasso e che partecipa alla regolamentazione della trigliceridemia durante condizioni quali il digiuno, l’attività fisica o l’esposizione al freddo. Ebbene l’aver trovato che una mutazione di questo inibitore si associa a ridotto rischio di coronaropatia potrebbe aver identificato un nuovo bersaglio nel trattamento della cardiopatia ischemica. Da un lato si conferma il valore terapeutico di ridurre il livello dei trigliceridi, dall’altro lo studio di ANGPTL4 potrebbe consentire la messa a punto di un meccanismo “provocato” di inattivazione. Nell’editoriale dedicato ai due studi vengono comunque citati  precedenti tentativi inefficaci di inattivazione di ANGPTL4 che hanno causato nei topi la comparsa di una forma letale di ascite.

Siamo ancora lontani quindi, ma è comunque un buon passo. Che a tutti giunga il messaggio, se ve ne fosse bisogno, che la trigliceridemia va comunque tenuta sotto controllo.

Fonti

Sander Kersten. The Genetics of Dyslipidemia – When Less is more. N Engl J Med 2016 374;12:1192

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma