LA FELICITA’ PROTEGGE?
di Antonella Labellarte
03 Giugno 2010


Un report di ricercatori della Columbia University sostiene: le persone contente della propria vita hanno minori probabilità di sviluppare una malattia di cuore di quante non ne abbiano le persone meno felici. Affermazione banale, scontata? Vediamo.Si tratta di uno studio prospettico condotto su un largo campione di popolazione di adulti (1739 uomini e donne) che sono stati seguiti per dieci anni: “la tendenza ad esprimere emozioni positive è risultata predittiva di un minore numero di eventi cardiaci nell’arco temporale osservato”, sostiene Karina Davidson, direttore del Columbia’s Center for Behavioral Cardiovascular Health.
Ragionevolmente, diversi fattori concorrono nel produrre questo effetto. Le persone più felici in genere dormono meglio, ad esempio, e pongono in essere comportamenti maggiormente orientati a proteggere il cuore e condurre un sano stile di vita.
Ma possono essere, a priori, fisiologicamente diverse?
Per tutti i partecipanti allo studio è stato stabilito all’inizio il rischio cardiovascolare, secondo i parametri già ben codificati (ipertensione arteriosa, fumo, diabete mellito, eccessivi livelli di colesterolo, etc).
Successivamente i ricercatori hanno valutato la presenza di sintomi di depressione, ansia, ostilità e, di contro, la capacità di esprimere emozioni positive, di fare e riportare esperienze piacevoli, di gioia, entusiasmo e eccitazione. Creata una scala di cinque punti per quelle che sono state globalmente indicate come “emozioni positive”, il rischio di sviluppare una malattia cardiaca è risultato ridotto del 22% per ogni punto della scala. E le persone generalmente “positive”, che presentavano qualche sintomo di depressione, non peggioravano quello che, già in partenza, risultava un rischio ridotto di sviluppare la malattia.
Non tutti gli studi precedenti avevano suggerito che un “atteggiamento positivo” è associato ad un rischio ridotto di malattia di cuore e ad un migliore risultato clinico. E in questo studio sembra che questo atteggiamento positivo sia associato ad una riduzione del rischio in maniera indipendente dagli altri fattori.
La felicità protegge, dunque? Sembrerebbe di sì.
“Il significato clinico di questi risultati è ancora da definire” ha sostenuto il Dr. G. Fornarow, Professore di Cardiologia all’Università della California, Los Angeles, e “dipenderà dalla capacità di dimostrare in futuro che interventi volti a promuovere questo atteggiamento positivo possano ridurre il rischio di accidenti cardiovascolari.”
Nel frattempo un esercizio fisico regolare, una dieta equilibrata, il controllo del peso corporeo, della pressione arteriosa e dei livelli di colesterolo e glicemia, la sospensione del fumo, rimangono i fattori essenziali e ben documentati – e da tenere a mente!! – per la riduzione del rischio cardiovascolare.


Fonte : Karina Davidson, Ph.D., Herbert Irving Associate Professor of Medecine & Psychiatry, and director, Center for Behavioral Cardiovascular Health, Columbia University Medical Center, New York City; Gregg C. Fornarow, M.D. Professor of Cadiology University of California, Los Angeles, and director Ahmanson UCLA Cardiomyopathy Center, and codirector, UCLA Preventive Cardiology Program; Feb 18, 2010, European Heart Journal

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma