La cardioprotezione nella distrofia muscolare di Duchenne
di Antonella Labellarte
20 Agosto 2021

La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è una severa malattia del sistema neuromuscolare a trasmissione recessiva legata al cromosoma X che si presenta prevalentemente nei maschi con un’incidenza pari a 1 su 3500-5000 nati. E’ purtroppo caratterizzata da una progressiva perdita di funzione dei muscoli sia scheletrici, sia respiratori, sia cardiaco che inizia precocemente nell’infanzia e fa sì che coloro che ne sono affetti non superino abitualmente la terza decade di vita. Le mutazioni del gene per la distrofina, un gene assai grande, che causano questa malattia, sono responsabili anche della distrofia muscolare di Becker e per quanto noto ad oggi compaiono de novo in circa un terzo dei pazienti, mentre nei restanti è riconoscibile un pattern familiare di malattia. La codifica errata della distrofina porta alla perdita dell’integrità della membrana plasmatica dei miociti e alla disfunzione contrattile. I danni muscolari divengono precocemente evidenti con la perdita della capacità di deambulare, con i sintomi respiratori e, progressivamente, si sviluppa una cardiopatia dilatativa. Ma il coinvolgimento miocardico decorre spesso misconosciuto. Ad oggi infatti il trattamento standard della malattia include la potente terapia steroidea che è stata associata ad un miglioramento della funzione muscolare e il supporto respiratorio che include anche la ventilazione non invasiva permanente e che ha consentito il prolungamento della sopravvivenza di questi malati. La cardiomiopatia e le aritmie rimangono una importante causa di mortalità. Già nel 2005 è stato pubblicato uno studio che ha valutato gli effetti del perindopril sulla progressione della disfunzione ventricolare sinistra che va precocemente indagata in questi giovani pazienti, sia clinicamente, sia con la diagnostica strumentale. La risonanza magnetica è lo studio di scelta, come indicato dalle raccomandazioni del DMD Care Considerations Working Group nel 2018, poiché assai spesso la cattiva finestra acustica non consente una adeguata valutazione ecocardiografica. Gli studi con risonanza hanno dimostrato la presenza significativa di fibrosi ben prima degli evidenti segni di disfunzione ventricolare sinistra, mitigati anche dalla ridotta capacità di movimento. Ma il potenziale impatto sulla sopravvivenza a più lungo termine della terapia cardioprotettiva avviata in fase di funzione sistolica preservata all’eco, non è stata ancora dimostrata in questi piccoli pazienti.   

Recentemente è stato pubblicato sulla rivista European Heart Journal uno studio dal disegno abbastanza complesso che ha incluso 576 pazienti di età compresa tra gli 8 e i 13 anni provenienti dal French DMD Heart Registry. E’ basato sull’utilizzo di un emulated trial per compiere un’analisi retrospettiva osservazionale su una coorte di pazienti. Lasciando agli statistici l’analisi della complessità del disegno, gli Ace-Inibitori hanno ridotto in maniera significativa la mortalità (HR 0.39; 95% IC 0.17-0.92) e l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (HR 0.16; 95% IC 0.04-0.62) La sospensione di Ace-inibitori dovuta ad eventi avversi o effetti collaterali si è resa necessaria solo nell’1.8% dei pazienti trattati. L’analisi di questo studio concorda con tre precedenti ricerche condotte sull’utilizzo della terapia con Ace-inibitori nella cardiomiopatia della distrofia di Duchenne. Purtroppo vi sono pochi dati invece sull’utilizzo della terapia beta bloccante che pur avrebbe un razionale di utilizzo visto il chiaro rischio di aritmie fatali in questi pazienti. Un’altra considerazione che andrebbe sottolineata è la necessità di indagare l’eventuale presenza di un coinvolgimento cardiaco nelle madri di questi bambini che sono le portatrici della malattia, per avviare un eventuale trattamento precoce.
La terapia con Ace-inibitori a lungo investigata nei pazienti con cardiopatia ischemica, ipertensione, diabete, nefropatia, trova spazio grazie a studi coraggiosi in delicati gruppi di pazienti come gli affetti da sindrome di Marfan ad esempio. In questo lavoro di Porcher e collaboratori del French DMD Heart Registry è stato dimostrato il beneficio di questa terapia anche in pazienti giovanissimi. Tutto questo nella forte speranza che per questa come per tante altre malattie rare e orfane di trattamento si trovi la terapia della guarigione. 

Fonti:
McNally EM, Kaltman JR, Benson DWet al. Working Group of the National Heart, Lung, and Blood Institute; Parent Project Muscular Dystrophy. Contemporary cardiac issues in Duchenne muscular dystrophy. Working Group of the National Heart, Lung, and Blood Institute in collaboration with Parent Project Muscular Dystrophy. Circulation 2015;131:1590–1598.
Duboc D, Meune C, Lerebours G et al. Effect of perindopril on the onset and progression of left ventricular dysfunction in Duchenne muscular dystrophy. J Am Coll Cardiol 2005;45:855–857.
Porcher R, Desguerre I, Amthor H et al. Association between prophylactic angiotensin-converting enzyme inhibitors and overall survival in Duchenne muscular dystrophy: analysis of registry data. Eur Heart J 2021;42:1976–1984.  
Anjali Tiku Owens and Mariell Jessup Cardioprotection in Duchenne muscular dystrophy
European Heart Journal (2021) 42, 1985–1987

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma