LA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLE DONNE GIOVANI
di Antonella Labellarte
30 Marzo 2012

Dati americani, i più aggiornati: le più recenti statistiche dell’ American Heart Association riportano che una donna americana su tre è affetta da una forma di malattia cardiovascolare sia essa malattia coronarica, ipertensione, insufficienza cardiaca o ischemia cerebrale. Circa 7.5 milioni di donne americane sono affette da cardiopatia ischemica ed ogni anno più di mezzo milione (515.000 secondo “AHA Statistical Fact Sheet 2012: Women and Cardiovascular Disease”) soffrono per un evento: il primo infarto del miocardio della loro vita, una recidiva di infarto o morte per malattia ischemica del cuore. Prima causa di morte nelle donne, fortunatamente questa malattia è meno comune nelle donne più giovani.

Il paradosso è che la malattia è spesso seria nelle donne giovani e la prognosi può essere peggiore. E, poiché più rara, molti fattori contribuiscono ad una diagnosi meno tempestiva.

Il primo problema sono i sintomi.
Ecco quelli riportati come più frequenti in un’intervista effettuata a donne che avevano avuto un infarto:

affanno, fiato corto (57.9 %), debolezza (54.8 %), stanchezza (42.9%), nausea (35.5%).
Il dolore toracico era assente nel 43% dei casi.
Se presente un “fastidio al torace” era descritto come:
oppressione (21.9 %), dolore (15%), costrizione (14.8%).
Nella stessa ricerca le intervistate riferivano un mese prima dell’infarto la presenza di un affaticamento insolito (70.7%) , fiato corto (42.1%), disturbi del sonno (47.8%).
Sintomi tutti molto generici. E in una recente indagine dell’ American Heart Association soltanto il 50% delle donne conosceva quali fossero i sintomi tipici o atipici di un attacco ischemico di cuore.
Soltanto la metà (53%) avrebbe contattato per sé il numero dell’emergenza in presenza di questi sintomi, circa il 79% lo avrebbe fatto per un’altra persona, circa il 46% delle donne per sé avrebbe fatto altro: contattato il proprio medico, preso un’aspirina o si sarebbe recata in ospedale.
Progressi ve ne sono stati: quando per la prima volta nel 1997 era stata condotta un’indagine analoga tra le donne per valutare la consapevolezza dei sintomi di un attacco di cuore, il numero che oggi si aggira intorno al 50% allora era pari al 7%. E la consapevolezza è ovviamente inferiore nelle minoranze con livelli culturali più bassi e nelle donne più giovani. Vi è ancora da lavorare.
Secondo problema: la consapevolezza dei fattori di rischio.
Se è vero che la malattia ischemica del cuore si manifesta per la prima volta nelle donne più tardivamente, mediamente circa 10 anni dopo, la presenza di diabete, ad esempio, “neutralizza” questo vantaggio. E’ come se una donna di 45 anni ne avesse già 55. L’impatto del diabete sulla malattia cardiovascolare nelle donne è decisamente più sfavorevole

Ad esempio il diabete raddoppia il rischio di un secondo infarto nelle donne ma non negli uomini. Occorre che aumenti la consapevolezza sull’ importanza dei fattori di rischio nella genesi dalla cardiopatia ischemica: l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigaretta, l’aumento del colesterolo, la presenza nella storia della propria famiglia di persone giovani ammalate di malattie cardiovascolari.
Ma nelle recenti linee guida dell’ American Heart Association anche altri fattori hanno assunto un ruolo importante nella valutazione del rischio di cardiopatia ischemica e nel favorire una diagnosi più precoce.
Occorre indagare la storia delle eventuali gravidanze: la presenza di preeclampsia (comparsa ipertensione, edema e proteinuria durante una gravidanza) raddoppia il rischio di malattia cardiovascolare, così pure la comparsa di diabete gestazionale.
E ancora una volta occorre sottolineare l’importanza della menopausa: la produzione ormonale, infatti, sembra conferire una protezione alle donne nei confronti degli uomini di pari età, protezione che perdono con la comparsa della menopausa e, ovviamente, in caso di menopausa precoce.

Infine, sintomi atipici, ma l’importante è che in presenza di sintomi si acceda il prima possibile in ospedale per la diagnosi.
Ebbene, tutte le ricerche fino ad oggi condotte indicano che le donne, invariabilmente, si presentano in ospedale in ritardo, sia per la scarsa consapevolezza in presenza di sintomi siano essi tipici o no, sia perché spesso hanno un importante ruolo assistenziale nella propria famiglia. E questo le conduce anche ad un più precoce rientro nella vita familiare attiva, limitando l’eventuale periodo di riabilitazione.
Per molti dei fattori elencati, anche l’ invio ai laboratori di emodinamica per le procedure cosiddette “interventistiche” di coronarografia con angioplastica viene ritardato. Questo ci dicono tutti i dati a nostra disposizione fino ad oggi. Quel che va sottolineato è che non è stata documentata alcuna differenza nell’efficacia di tali procedure nei due sessi e che quindi le donne, con uguale tempestività, devono essere inviate a procedura.

Per piccoli approfondimenti consulta le precedenti news letter in archivio per menopausa, il mondo di Eva, la cardiopatia ischemica nelle donne.

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma