Si stima che circa 50 milioni di persone sono affette da fibrillazione atriale nel mondo. Tale popolazione ha un rischio di sviluppare eventi ictali 5 volte maggiore rispetto alla popolazione in ritmo sinusale. (1) Sebbene i nuovi anticoagulanti orali (inibitori del fattore X) abbiano rappresentato un grosso passo in avanti per quanto riguarda praticità d’utilizzo e sicurezza verso i sanguinamenti intracranici rispetto alla terapia con warfarin, i sanguinamenti gastrointestinali rimangono comunque la principale complicanza e di qui la necessità di individuare nuovi target terapeutici più sicuri. (2)
Il fattore XI sembrerebbe un candidato ideale a questo scopo perché sembrerebbe essenziale per l’avvio della cascata coagulativa ma non essenziale per quella emostatica: in altre parole i pazienti con carenza di Fattore XI sembrerebbero avere significativamente meno eventi embolici senza avere però più sanguinamenti spontanei. (3) Abelacimab è un anticorpo monoclonale che blocca l’attivazione del fattore XI ma è in grado di bloccare anche il fattore XI già attivato. Alcuni piccoli studi di fase 2 in vari setting clinici diversi e con un breve follow-up hanno dimostrato l’efficacia nel ridurre gli eventi trombotici senza un parallelo aumento dei sanguinamenti. Sarà davvero più sicuro ed efficace nei soggetti affetti da fibrillazione atriale? Il trial AZALEA-TIMI 71 pubblicato pochi giorni fa sul New England Journal of Medicine è stato disegnato e condotto per tentare di rispondere a questa domanda. (4)
Si tratta di uno studio randomizzato, multicentrico di fase 2b che dal marzo al dicembre 2021 ha arruolato 1287 pazienti di età di almeno 55 anni con una storia di fibrillazione atriale o flutter e una chiara indicazione alla terapia anticoagulante avendo un CHA2DS2-VASc di almeno 4 (o 3 nei soggetti con concomitante indicazione a terapia antiaggregante o una clearance della creatinina di 50ml/min o meno). I soggetti sono stati randomizzanti 1:1:1 a Abelacimab 150 mg, 90 mg (entrambe una volta al mese per via sottocutanea) o rivaroxaban 20 mg per via orale al giorno. L’endpoint primario è stato un composito di sanguinamenti maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti. Endpoint secondari invece sono stati sanguinamenti maggiori e ogni sanguinamento. Endpoint esploratori sono stati sanguinamenti gastrointestinali, ictus ischemici o embolie sistemiche.
L’età media dei pazienti è stata di 74 anni (prevalentemente caucasici) e il 44% dei soggetti era di sesso femminile. Il CHA2DS2-VASc score medio è stato di 5 ed il follow-up medio di circa 2 anni. A 3 mesi la riduzione media dei livelli del fattore XI libero è stata del 97% nel gruppo abelacimab 90 mg e 99% nel gruppo 150 mg. Il rischio di sviluppare l’endpoint primario è stato nettamente inferiore nei due gruppi abelacimab rispetto al gruppo rivaroxaban (HR per abelacimab 150 mg vs rivaroxaban 0.33, 95% CI 0.19-0.55; HR per 90 mg abelacimab vs rivaroxaban 0.23 95% CI 0.13-0.42, entrambe p<0.001). Sulla base di questi risultati lo studio è stato interrotto precocemente in quanto i sanguinamenti nel gruppo abelacimab sono stati ridotti più del previsto: 3.2 eventi per 100 persone/anno e 2.6 eventi per 100 persone/anno rispettivamente per abelacimab 150 mg e 90 mg contro 8.4 eventi per 100 persone/anno con rivaroxaban. Per quanto concerne gli endpoint secondari il tasso di sanguinamenti maggiori è stato di 1.22 eventi per 100 persone/anno e 0.99 eventi per 100 persone anno rispettivamente per abelacimab 150mg e 90 mg mentre con rivaroxaban il tasso è stato del 3.73 eventi per 100 persone/anno. 28 pazienti hanno avuto un ictus o una embolia sistemica tradotto con un tasso di incidenza di 1.21 per 100 persone/anno per abelacimab 150 mg, 1.36 per abelacimab 90 mg rispetto a 0.83 per 100 persone/anno con rivaroxaban. 78 pazienti sono deceduti con una mortalità di 2.65 per 100 persone/anno nel gruppo abelacimab 150 mg e 3.20 per 100 persone/anno nel gruppo abelacimab 90 mg mentre nel gruppo rivaroxaban il tasso è stato del 3.52 per 100 persone/anno. Reazioni nel sito di iniezione si sono verificati nel 2.8% dei pazienti che hanno ricevuto abelacimab 150 mg e nell’1.6% in quelli che hanno ricevuto 90 mg.
In sostanza l’inibizione del fattore XI da parte dell’anticorpo monoclonale abelacimab ha dimostrato di essere certamente più sicura rispetto all’inibizione del fattore X con rivaroxaban con una riduzione dei sanguinamenti maggiori o non maggiori ma clinicamente rilevanti di oltre il 60%. I sanguinamenti gastrointestinali, in particolare, si sono verificati nello 0.5% dei pazienti con abelacimab 150mg e 90 mg mentre nei soggetti che assumevano rivaroxaban si sono verificati nel 4.2%. Per la prima volta quindi, rispetto ai precedenti studi tra cui il PACIFIC-AF con asundexian (5), la sicurezza dell’inibizione del fattore XI è stata dimostrata con un follow-up ampio di circa 2 anni. Sembra inoltre superato il tallone d’Achille degli inibitori del fattore X ovvero i sanguinamenti gastrointestinali che sono risultati essere bassissimi con abelacimab (2 eventi contro i 18 eventi nel gruppo rivaroxaban). È possibile che l’esposizione diretta al tratto gastrointestinale del rivaroxaban assunta per via orale possa contribuire al più alto tasso di sanguinamenti in questo distretto, cosa che invece viene evitata con la somministrazione sottocutanea di abelacimab. Sfortunatamente il trial non è stato disegnato per testare in maniera conclusiva l’efficacia della terapia nei confronti degli eventi ischemici avendo una incidenza di ictus o embolie sistemiche troppo bassa (circa 1%/anno) sebbene numericamente tali eventi siano stati più frequenti nel gruppo abelacimab rispetto al rivaroxaban. In effetti questo dato era emerso anche nello studio OCEANIC-AF dove asundexian 50 mg si è dimostrato meno efficace rispetto ad apixaban. (6) Gli autori del presente sudio però sottolineano alcune differenze tra abelacimab e asundexian: innanzitutto abelacimab previene la formazione del fattore XI attivato mentre asundexian inibisce solo l’attività del fattore XI attivato; in secondo luogo asundexian sembra essere meno potente nell’esercitare l’inibizione rispetto ad abelacimab che già al dosaggio di 90 mg raggiunge il 97% di inibizione; da ultimo con abelacimab esiste già una dimostrazione di riduzione delle trombosi nel contesto ortopedico, dato che al momento manca per asundexian.
Nonostante queste argomentazioni allo stato attuale non è possibile stabilire la reale efficacia di abelacimab nella prevenzione degli eventi embolici per il cui trattamento ancora oggi gli inibitori del fattore X rimangono il gold standard (almeno nella fibrillazione atriale non valvolare). È possibile però certamente affermare che è una via più sicura con un tasso di sanguinamenti nettamente ridotto rispetto alla terapia con rivaroxaban. Non è possibile inoltre, per ora, estendere tali risultati alle razze diverse da quella caucasica in quanto non adeguatamente rappresentate nel trial. La buona notizia è che è ongoing lo studio di fase 3 LILAC-TIMI 76 disegnato proprio per valutare l’efficacia di questo prodotto.
Bibliografia:
- Tsao CW, Aday AW, Almarzooq ZI, et al. Heart disease and stroke statistics — 2023 update: a report from the American Heart Association. Circulation 2023;147(8):e93-e621.
- Carnicelli AP, Hong H, Connolly SJ, et al. Direct oral anticoagulants versus warfarin in patients with atrial fibrillation: patient-level network meta-analyses of randomized clinical trials with interaction testing by age and sex. Circulation 2022;145:242-55.
- Papagrigoriou E, McEwan PA, Walsh PN, Emsley J. Crystal structure of the factor XI zymogen reveals a pathway for transactivation. Nat Struct Mol Biol 2006;13:557-8.
- Ruff CT, Patel SM, Giugliano RP et al. Abelacimab versus rivaroxaban in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2025:392:361-71.
- Piccini JP, Caso V, Connolly SJ, et al. Safety of the oral factor XIa inhibitor asundexian compared with apixaban in patients with atrial fibrillation (PACIFIC-AF): a multicentre, randomised, double-blind, double-dummy, dose-finding phase 2 study. Lancet 2022;399:1383-90.
- Thomas D, Kanefendt F, Schwers S, Unger S, Yassen A, Boxnick S. First evaluation of the safety, pharmacokinetics, and pharmacodynamics of BAY 2433334, a small molecule targeting coagulation factor XIa. J Thromb Haemost 2021;19:2407-16.