Infiammazione e aterosclerosi: lo studio del midollo osseo apre nuove strade per il futuro della ricerca cardiovascolare
di Flavio Giuseppe Biccirè
29 Marzo 2022

L’aterosclerosi è una malattia cronica delle arterie in cui le lipoproteine ​​e l’infiammazione si intrecciano strettamente. Negli stadi precoci, la disfunzione endoteliale consente l’accumulo di particelle LDL all’interno delle pareti di alcuni segmenti vascolari più suscettibili. Le particelle LDL si modificheranno in seguito andando incontro ad ossidazione (oxLDL). Parallelamente, le cellule infiammatorie, in particolar modo i monociti/macrofagi, vengono reclutate nell’intima di questi vasi e, dopo aver assorbito le oxLDL, formano cellule schiumose. Queste strie di grasso progrediscono in placche aterosclerotiche, accompagnate da una risposta infiammatoria di basso intensità.

Notoriamente, il midollo osseo (MO) è conosciuto come il sito principale di produzione di queste cellule infiammatorie che migrano nel letto arterioso. Nel contesto dell’aterosclerosi, studi murini hanno mostrato come un evento ischemico acuto, come un infarto del miocardio o un ictus, può far aumentare il rilascio di cellule staminali e progenitrici ematopoietiche (HSPC) dalle nicchie di midollo osseo tramite segnalazione nervosa simpatica. Questo eccesso di monociti a livello sistemico aggrava le lesioni aterosclerotiche preesistenti. Recenti studi clinici hanno validato l’aumentata attività ematopoietica nei pazienti con infarto miocardico, proponendo l’evento ischemico acuto come fattore scatenante. Tuttavia, mentre i segni e i sintomi di un evento ischemico svaniscono nel giro di poche ore o giorni, lo stato infiammatorio a basso intensità sembra essere cronicamente presente nei pazienti con malattie cardiovascolari, come suggerito da studi sperimentali che hanno mostrato l’elevato turnover delle cellule infiammatorie nelle lesioni aterosclerotiche1, 2.

L’interazione infiammazione-aterosclerosi è ormai al centro della ricerca cardiovascolare da decenni, con risvolti terapeutici innovativi3. Le terapie target antinfiammatorie, infatti, hanno recentemente mostrato di aiutare la prevenzione secondaria di eventi cardiovascolari in soggetti aterosclerotici. Nonostante ciò, lo studio dei meccanismi tramite i quali l’infiammazione promuove e aggrava l’aterosclerosi è ancora fermo a studi di laboratorio e la traduzione clinica di questi risultati è un gap tutto da colmare.

Nell’ultimo numero dello European Heart Journal, Devesa e colleghi forniscono un pioneristico contributo alla comprensione dell’interazione tra infiammazione e aterosclerosi grazie a uno studio clinico in-vivo su circa mille soggetti partecipanti allo studio “Progression of Early Subclinical Atherosclerosis” (PESA)4. Lo studio PESA, ideato dal professor Valentin Fuster, ha arruolato circa 4000 soggetti in apparente buona salute, prevalentemente maschi, a Madrid, per la ricerca di aterosclerosi subclinica. Questi partecipanti sono stati sottoposti a imaging multimodale, inclusa la tomografia a emissione di positroni con fluorodeossiglucosio (FDG PET) per valutare l’attività metabolica del MO a livello delle vertebre lombari (L3-L4) e la risonanza magnetica nucleare (RMN) per valutare la presenza di placche aterosclerotiche nel letto vascolare.

Tra i risultati dello studio, gli autori riportano una maggiore prevalenza di uomini e sindrome metabolica (22.2 vs 6.7%, p<0.001) tra i partecipanti con attivazione del MO rispetto a quelli senza captazione midollare di FDG. L’attivazione del MO era associata significativamente anche con i singoli componenti della sindrome metabolica: obesità centrale (41.1% vs 10.7%, p<0.001), ipertensione (23.5% vs 14.9%, p<0.003), livelli più elevati di trigliceridi plasmatici (105.5 vs 87 mg/dL, p<0.001), colesterolo HDL più basso (44.5 vs 48,4 mg/dL, p<0.001) e glicemia a digiuno più alta (93 vs 89 mg/dL, p<0.001). Similmente, il gruppo con MO attivato aveva livelli più elevati di emoglobina glicata (5.5 vs 5.4%, p=0.007), resistenza all’insulina misurata come HOMA-IR (1.7 contro 1.1%, p<0.001), un numero significativamente più elevato di leucociti, in particolare neutrofili, e aumento significativo dei marker di infiammazione sistemica, inclusi proteina C reattiva (PCR, 0.13 vs 0.08 mg/dL, p<0.001), ferritina, fibrinogeno, P-selectina e VCAM-1. Queste associazioni si sono confermate allo studio secondo quintili: maggiore il grado di attivazione ematopoietico, maggiore la percentuale di uomini, obesità centrale, sindrome metabolica, ipertensione, basso HDL, glicemia a digiuno e HbA1c. Anche i marcatori di infiammazione sistemica circolanti, hs-CRP, ferritina, fibrinogeno, P-selectina e VCAM-1 erano aumentati costantemente tra i quintili di captazione del FDG alla PET del MO.

Infine, l’attivazione ematopoietica è rimasta significativamente associata alla sindrome metabolica e ai suoi componenti sia dopo aggiustamento multivariato (per età, sesso, livelli di glucosio prima della PET/MRI, fumo, emoglobina e valori di PCR) che nei 402 partecipanti che non mostravano infiammazione sistemica (PCR sotto la mediana). Come ulteriore risultato interessante, l’attivazione del MO era significativamente associata alla presenza di captazione vascolare di FDG alla PET (60 vs 36%, p=0.001), un surrogato dell’elevata attività metabolica vascolare dovuta all’accumulo di macrofagi.

Lo studio di Devesa et al. conferma clinicamente i precedenti studi di laboratorio che avevano mostrato come il MO abbia un ruolo centrale nell’associazione tra fattori di rischio cardiovascolare, infiammazione vascolare e formazione di aterosclerosi. Studi sui topi avevano infatti dimostrato che bassi livelli di colesterolo HDL e ipercolesterolemia sono associati ad un aumento dell’attività mielopoietica del MO che porta a un aumento della neutrofilia e della monocitosi. Similmente, livelli elevati di colesterolo HDL hanno un ruolo anti-aterogeno basato sulla soppressione della proliferazione mieloide nel MO. In condizioni come l’obesità, il tessuto adiposo infiammato aumenta la proliferazione delle cellule ematopoietiche nel MO, portando a un’aumentata infiammazione e ai processi patologici associati. Anche l’iperglicemia e il diabete sono stati associati a un aumento della produzione di cellule mieloidi infiammatorie nel MO, che esacerbano le complicanze associate al diabete mellito, inclusa l’aterosclerosi. Infine, è stato anche dimostrato come l’attivazione simpatica presente nell’ipertensione sia capace di modulare l’emopoiesi aumentando le cellule mieloidi e contribuendo all’aterosclerosi e alle malattie cardiovascolari.

In questo primo studio sull’uomo con partecipanti sani di mezza età, l’attivazione del MO rilevata con la captazione di FDG dalle vertebre lombari alla PET è risultata essere associata alla presenza di sindrome metabolica e ai suoi componenti, con un’associazione più marcata per l’obesità centrale, l’ipertensione, i bassi valori di colesterolo HDL, i trigliceridi e l’alterato metabolismo del glucosio, mantenendo l’associazione anche in assenza di infiammazione sistemica.

Lo studio di Devesa et al aiuta dunque a colmare il divario tra il laboratorio e la clinica, fornendo dati tangibili riguardo il ruolo che i fattori di rischio cardiovascolari tradizionali hanno nel modulare la pericolosa interazione tra infiammazione e aterosclerosi. In considerazione dei risultati altalenanti forniti dalla ricerca dell’infiammazione tramite i biomarkers sierici, lo studio dell’attività ematopoietica può rappresentare un utile strumento per guidare in maniera più dettagliata il management e la terapia dei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare.

Bibliografia

1.Leuschner F, Rauch PJ, Ueno T, Gorbatov R, Marinelli B, Lee WW, Dutta P, Wei Y, Robbins C, Iwamoto Y, Sena B, Chudnovskiy A, Panizzi P, Keliher E, Higgins JM, Libby P, Moskowitz MA, Pittet MJ, Swirski FK, Weissleder R, Nahrendorf M. Rapid monocyte kinetics in acute myocardial infarction are sustained by extramedullary monocytopoiesis. J Exp Med 2012;209(1):123-37.

2.Robbins CS, Hilgendorf I, Weber GF, Theurl I, Iwamoto Y, Figueiredo JL, Gorbatov R, Sukhova GK, Gerhardt LM, Smyth D, Zavitz CC, Shikatani EA, Parsons M, van Rooijen N, Lin HY, Husain M, Libby P, Nahrendorf M, Weissleder R, Swirski FK. Local proliferation dominates lesional macrophage accumulation in atherosclerosis. Nat Med 2013;19(9):1166-72.

3.Libby P, Ridker PM, Hansson GK. Inflammation in atherosclerosis: from pathophysiology to practice. J Am Coll Cardiol 2009;54(23):2129-38.

4.Devesa A, Lobo-González M, Martínez-Milla J, Oliva B, García-Lunar I, Mastrangelo A, España S, Sanz J, Mendiguren JM, Bueno H, Fuster JJ, Andrés V, Fernández-Ortiz A, Sancho D, Fernández-Friera L, Sanchez-Gonzalez J, Rossello X, Ibanez B, Fuster V. Bone marrow activation in response to metabolic syndrome and early atherosclerosis. Eur Heart J 2022.