Il test genetico nelle cardiomiopatie: il futuro è lo screening della popolazione generale?
di Vittoria Rizzello
28 Maggio 2024

Attualmente il test genetico nell’ambito delle cardiomiopatie (CMP) viene eseguito in pazienti con un sospetto di CMP e/o nei familiari di pazienti con CMP ad eziologia genetica nota. In questi contesti clinici, le ultime Linee Guida della Società Europea di Cardiologia  hanno attribuito una raccomandazione di classe I all’esecuzione del test genetico (1).

I progressi tecnologici in ambito genetico rendono oggi possibile il sequenziamento genico dell’intero esoma con tempi e costi molto più contenuti rispetto al passato, facendo presagire la possibilità di realizzare delle strategie di screening delle CMP nella popolazione generale.

Recentemente è stato  pubblicato su JACC- Heart failure un interessante lavoro di  Asatryan e coll (2), in cui sono stati utilizzati i dati di 200.619 soggetti partecipanti al progetto UK Biobank di cui era disponibile, oltre a tutti i parametri antropometrici, biochimici, comportamentali e clinici, un’analisi dell’intero esoma.

L’obiettivo primario dello studio è stato di valutare, nella popolazione generale, il rischio di morte per tutte le cause associato alla presenza di varianti geniche patogene/probabilmente patogene in numerosi geni associati alla CMP dilatativa, ipertrofica e alla CMP Aritmogena  del ventricolo dx. Gli end-point secondari sono stati lo sviluppo di una CMP clinicamente manifesta ed end-point composito di CMP clinicamente manifesta, scompenso cardiaco, aritmie ventricolari/sopraventricolari e stroke.

Tra i 200.619 individui analizzati (età media all’arruolamento 56+8 anni), 5294 (2,64%) presentavano  almeno 1 variante patogena/probabilmente patogena in geni associati alle CMP (CMP-G+). Dopo correzione per età e sesso, il gruppo CMP-G+ presentava una mortalità per tutte le cause significativamente aumentata  rispetto al gruppo CMP-G (HR 1.13; 95%IC 1.01-1.25; P=0.027). Tale aumento di mortalità era principalmente trascinato dai  pazienti con CMP dilatativa. Inoltre, il gruppo CMP-G+ presentava un aumentato rischio di ricevere nel corso della vita una diagnosi clinica di CMP (HR 5.75; 95%IC 4.58-7.23; P=0.0001) e un aumentato rischio dell’end-point composito (HR 1.29; 95%IC 1.20-1.39; P=0.0001).

Considerazioni

Il lavoro di Asatryan e coll appare particolarmente intrigante e “provocative” in quanto lascia intravedere un futuro in cui lo studio genetico potrebbe rappresentare uno  strumento di screening per le CMP.

Tuttavia, come gli stessi autori sottolineano nella discussione del lavoro,  benché la prevenzione della morte improvvisa e dello scompenso cardiaco nella popolazione generale rappresentino un importante problema di salute pubblica e nonostante la necessità evidente di identificare precocemente le fasi latenti della malattia e di seguire nel tempo i soggetti a rischio potrebbero giustificare l’utilizzo di tale strumento, altri elementi rendono tale strategia ancora non sostenibile.

Infatti, i fenotipi clinici di una specifica CMP possono essere molto eterogenei (andando da forme mute a forme fruste,  fino a forme conclamate), con tempi di manifestazione analogamente molto variabili e strategie di monitoraggio e terapia  non sempre codificate nel corso della storia naturale della malattia. Inoltre, l’interazione tra fattori genetici e ambientali può ulteriormente amplificare l’eterogeneità clinica delle varie CMP. Infine, la sostenibilità economica di un tale programma di screening, e delle strategie sanitare da esso derivanti, non è al momento immaginabile.

A questo si aggiungono importanti implicazioni psicologiche correlate alla diagnosi di una patologia di cui non è assolutamente prevedibile né la modalità né il timing delle manifestazioni cliniche.

Alla luce di tutto ciò, la possibilità di effettuare uno screening di popolazione per le CMP rappresenta uno strumento  utile ad ottenere un’informazione probabilmente prognosticamente importante ma attualmente di difficile gestione in una popolazione di soggetti senza evidenza clinica  malattia e/o familiarità nota per CMP. Sono però auspicabili ulteriori studi utili a identificare possibili sottopopolazioni target ed eventuali agenti modificatori di rischio e altresì finalizzati a sviluppare modelli di percorsi gestionali dedicati.

References:

1. Arbelo E, Protonotarios A, Gimeno JR, Arbustini E, Barriales-Villa R, Basso C, Bezzina CR, Biagini E, Blom NA, de Boer RA, De Winter T, Elliott PM, Flather M, Garcia-Pavia P, Haugaa KH, Ingles J, Jurcut RO, Klaassen S, Limongelli G, Loeys B, Mogensen J, Olivotto I, Pantazis A, Sharma S, Van Tintelen JP, Ware JS, Kaski JP; ESC Scientific Document Group. 2023 ESC Guidelines for the management of cardiomyopathies. Eur Heart J. 2023;44:3503-3626. 

2. Asatryan B, Shah RA, Sharaf Dabbagh G, Landstrom AP, Darbar D, Khanji MY, Lopes LR, van Duijvenboden S, Muser D, Lee AM, Haggerty CM, Arora P, Semsarian C, Reichlin T, Somers VK, Owens AT, Petersen SE, Deo R, Munroe PB, Aung N, Chahal CAA; Genotype-First Approach Investigators. Predicted Deleterious Variants in Cardiomyopathy Genes Prognosticate Mortality and Composite Outcomes in the UK Biobank. JACC Heart Fail. 2024 May;12:918-932.