Il Rivaroxaban nella fibrillazione da malattia valvolare reumatica. 
di Francesco Prati
01 Settembre 2022

Tra gli studi presentati ai Late Breaking Trials del Congresso Europeo di Cardiologia (ESC) trova posto anche l’INVICTUS. Gli autori hanno l’impiego del Rivaroxaban (antitrombotico in grado di inibire il fattore Xa della cascata emocoagulativa) con l’obiettivo di ridurre gli eventi cardiovascolari nei  soggetti con fibrillazione atriale dovuta a malattia valvolare reumatica, rispetto alla terapia con antagonista della vitamina K.

Lo studio, pubblicato nel New England Journal of Medicine (ref. 1) ha previsto l’arruolamento di 4.565 pazienti. Tra i criteri di arruolamento era presente una malattia valvolare di tipo reumatica  secondo una valutazione ecocardiografica in presenza di : 1) CHAD-VASC ≥ 2 , o un’area valvolare mitralica < 2 cm2, o ecocontrasto spontaneo in atrio sx, o trombosi atriale sx.

L’end-point principale dello studio (ictus, embolia sistolica, infarto miocardico o morte cardiaca o non cardiaca) è stato riscontrato in una percentuale di casi statisticamente superiore nel gruppo trattato con Rivaroxaban (8,2% vs. 6,5%; HR 1,25; P<0,001). Si è anche notata un’ incidenza di morte significativamente più alta nel gruppo Rivaroxaban (tempo medio di sopravvivenza di 1608 gg nel gruppo rivaroxaban vs. 1680 nel gruppo antagonista vitamina K). Il tasso di sanguinamenti era leggermente superiore, ma non significativamente, nel gruppo vitamina K.

Si è visto inoltre che la percentuale di interruzione della terapia risultava significativamente superiore nel gruppo trattato con Rivaroxaban.

Commento:

Non è semplice dare una spiegazione ai risultati deludenti dello studio in oggetto.

Si può prendere atto dell’incremento dell’ictus, dando credibilità alla tesi secondo la quale la complicanza viene controllata meglio dagli inibitori K in presenza di valvulopatia reumatica.

E’ soprattutto il dato della mortalità totale che è difficile da spiegare. Registri sull’argomento e condotti su un numero importante di casi (ref. 9) avevano offerto dei dati differenti.

Come sottolineano gli autori dello studio nella loro discussione è difficile pensare che la differenza nell’incidenza dell’ictus (modesta) abbia un peso sulla mortalità totale.

Un elemento da non sottovalutare è la bassa aderenza alla terapia medica nel gruppo Rivaroxaban : a 3 anni solo il 79% dei soggetti nel braccio Rivaroxaban assumevano ancora il farmaco contro il 96,4% dei pazienti nel braccio vitamina K. Un altro aspetto da tenere in considerazione è  l’effettuazione di controlli ravvicinati nel braccio vitamina K dovuti alla necessità di monitorare mensilmente l’INR.  C’è da chiedersi tuttavia come mai questi aspetti, indubbiamente importanti nella pratica clinica, non siano emersi in passato dai registri sull’argomento.

Ovviamente un dato da tenere in considerazione riguarda il tasso di sanguinamenti, che non risultavano dissimili tra i due gruppi, con una maggiore tendenza (come atteso) nel gruppo vitamina K. Al di là delle considerazioni che possiamo fare rimane il dato conclusivo dello studio che suggerisce con forza l’impiego dei vecchi farmaci che antagonizzano la vitamina K nella fibrillazione atriale reumatica.

 References:

  1. J Connolly et al. Rivaroxaban in rheumatic heart disease –associated atrial fibrillation. New Engl J Med. In press