L’eterocefalo glabro o talpa senza pelo è un roditore africano davvero bruttino, che vive in condizioni davvero particolari: al buio, senza orecchie, respirando aria così povera di ossigeno da essere intollerabile per un essere umano ed organizzato in colonie che lo fanno vagamente somigliare ad un ape oppure ad una formica.
L’eterocefalo glabro, infatti, è un esempio unico tra i mammiferi: la filiazione è garantita da una unica regina, particolarmente dispotica, ed i maschi sono operai … specializzati (gli escavatori, i cacciatori, i soldati, i riproduttori, etc.).
Praticamente, questi strani roditori passano tutta la loro vita sottoterra, emergendo solo in condizioni particolari (ad esempio, per generare una ulteriore colonia).
Piuttosto veloci malgrado le piccole zampe, sono davvero interessanti: poco sensibili al dolore, abituati a mangiare le loro feci per fare continuamente un carico di microorganismi, con una muscolatura rappresentata sostanzialmente a livello della mandibola, dotata di due “dentoni” spaccatutto.
Recentemente, però, questo animale assai bruttino è assurto agli onori della cronaca scientifica per altri motivi. L’eterocefalo glabro, infatti, vive tra le 5 e le 6 volte più di quanto dovrebbe, rappresentando un Matusalemme tra i roditori e non solo. Di particolare rilievo, “dentone” non solo vive a lungo, ma anche bene, risultando poco sensibile alle infezioni e resistente al cancro.
Secondo i ricercatori, le condizioni di vita del tutto particolare adottate dall’eterocefalo glabro lo hanno portato nell’arco dei millenni a subire alcuni meccanismi adattativi che, sorprendentemente, lo portano ad invecchiare in modo trascurabile, persino facendo a meno di sostanze – come la vitamina D – indispensabili per gli altri mammiferi. Grazie a questi meccanismi adattativi ed alla capacità di andare incontro a poche mutazioni spontanee e resistere allo stress prodotto dalle sostanze ossidanti, può arrivare a vivere anche 30 anni, se in cattività.
Per questo, i ricercatori hanno iniziato a genotipizzare l’eterocefalo glabro, nella speranza che diventi prima o poi possibile comprendere se uno o più tra i meccanismi che lo rendono sempre giovane ma, soprattutto, resistente alle malattie infettive e neoplastiche siano trasferibili all’uomo.
Prof. Claudio Ferri
Direttore della Scuola di Medicina Interna
Università degli Studi L’Aquila