Uno degli aspetti più interessanti relativamente al “problema PFO” è rappresentato dalla sorprendente distanza ideologica che c’è tra coloro che considerano il PFO una variante anatomica del tutto normale con nessun o pochi nessi causali con l’ischemia cerebrale criptogenica, e coloro che invece ritengono che ci sia un chiaro rapporto causale tra PFO ed embolismo cerebrale paradosso.
In effetti, circa una persona su quattro presenta una comunicazione anatomica tra atrio destro e sinistro sondabile nella maggior parte dei casi mediante fine specillazione al tavolo settorio. Quindi la presenza di una comunicazione anatomica tra i due atrii è estremamente frequente in natura, del tutto silente clinicamente nella stragrande maggioranza dei casi ed è da considerarsi quindi una variante anatomica normale.
Questa evidenza tuttavia, ha ben poco a che vedere con il complesso quadro anatomo-funzionale e clinico rappresentato da quella che riteniamo rappresenti una vera e propria complessa sindrome clinica. Quest’ultima è caratterizzata in primis da uno o più eventi cerebrovascolari neurologicamente accertati la cui patogenesi non è chiaramente riconducibile a cause determinabili in pazienti con evidenza di significativo shunt destro-sinistro basale o inducibile attraverso un PFO. Quest’ultimo, diversamente dalla comunicazione specillabile presente nel 25% dell’umanità, si presenta generalmente come un vero e proprio difetto strutturale del setto interatriale frequentemente associato (in circa 50% dei casi) ad anomalie anatomiche caratteristiche come ridondanza/iperplasia della valvola di Eustachio, persistenza della rete di Chiari, aneurisma e/o ipermobilità del setto interatriale, iperplasia e ridondanza del septum primum con prolungamento di quest’ultimo lungo il lato sinistro dell’aorta (tunnel del PFO) e fenestrature multiple del setto interatriale. L’insieme di queste alterazioni anatomiche è conseguente ad una alterata morfogenesi fetale delle strutture atriali e la penetranza familiare di tali alterazioni anatomiche (riscontrabile nel 25-50% della progenie) suggerisce una trasmissione genetica.
Nel complesso, la presenza di uno shunt basale o di grado elevato è riscontrabile in meno del 4% dei soggetti sottoposti a ecocardiografia trans toracica con micro bolle per sospetto PFO. Quindi, nella popolazione generale la prevalenza di un PFO con shunt spontaneo o inducibile grave è di circa l’1%. Verosimilmente solo una minima percentuale di questi soggetti, stimata dello 0,25% (se al di sotto di 55 anni) presenterà nel corso della vita un evento sintomatico.
A corteo di questi elementi (ischemia cerebrale) ed anatomici (anomalie anatomiche delle strutture veno-atriali) vi sono almeno altri tre aspetti clinici che meritano considerazione nella descrizione del quadro sindromico del PFO. L’emicrania è presente in circa il 50% dei casi, con prevalenza nel sesso femminile. In circa un terzo dei casi è presente una aura prodromica. La prevalenza di emicrania nei soggetti con PFO è il doppio di quella della popolazione generale. Gli attacchi sono frequentemente debilitanti con frequenza anche settimanale e spesso con gravi ripercussioni sulla vita lavorativa ed affettiva dei pazienti. Similmente all’emicrania non associata al PFO, gli attacchi emicranici generalmente iniziano nell’adolescenza e, nelle donne, con recrudescenza nel periodo mestruale. Spesso l’emicrania è resistente alla terapia farmacologica comune e fortemente debilitante.
Altro elemento clinico caratterizzante la sindrome da PFO è l’habitus ansioso-depressivo con tendenza ipocondriaca rilevabile in circa il 30-50% dei pazienti, anche in questo caso più frequentemente nel sesso femminile. Questo atteggiamento psicologico ha spesso importanti ripercussioni sulla vita socio-familiare e lavorativa dei pazienti. Anche in questo caso, al momento, il nesso tra il PFO ed il quadro psicologico è solo di tipo associativo.
Infine, ma di grande importanza clinica, è la frequente presenza di aritmie sopraventricolari (in circa il 20% dei pazienti) compresa la fibrillazione atriale (circa nel 4% dei pazienti) che in genere si presenta come brevi episodi inferiori ai 10-15 minuti e indipendenti da situazioni ambientali identificabili. L’alta prevalenza di aritmie sopraventricolari non appare sorprendente in quanto simile a quella riscontrata in pazienti con difetti del setto interatriale; inoltre, evidenze già note da tempo, suggeriscono una maggior suscettibilità dei pazienti con PFO alla induzione di aritmie sopraventricolari. Questo rilievo è di notevole interesse patogenetico in quanto almeno in una percentuale dei pazienti con PFO una patogenesi aritmica dell’ischemia cerebrale non può essere esclusa a priori e deve essere indagata approfonditamente prima della chiusura meccanica del PFO mediante sistemi di registrazione prolungata. Inoltre, siccome l’incidenza e la tipologia di aritmie sopraventricolari dopo chiusura percutanea del PFO è simile a quella riscontrabile pre-proceduralmente, ne deriva che la comparsa di aritmie non sia legata alla procedura percutanea, come generalmente ritenuto, ma sia una tendenza strutturale intrinseca del PFO.
In sintesi, la sindrome da PFO si configura come un quadro clinico e funzionale complesso nel quale l’ischemia cerebrale associata alla presenza di anomalie anatomiche atriali rappresentano l’elemento caratterizzante ma che presenta, nel contempo, un corteo sintomatologico caratteristico costituito da emicrania, un habitus psicologico ansio-depressivo ed aritmie sopraventricolari.
Achille Gaspardone
Ospedale S. Eugenio, Roma