IL PROBLEMA “GENDER” IN CARDIOLOGIA OVVEROSIA L’UGUAGLIANZA DI GENERE TRA I CARDIOLOGI
di Antonella Labellarte
18 Agosto 2016

In questi giorni Hillary Clinton ha ottenuto la nomination per la candidatura alla Casa Bianca per i democratici. Se riuscirà, sarà il primo presidente donna degli Stati Uniti. Con una semplicità quasi stupefacente in uno dei suoi discorsi, rivolgendosi all’elettorato femminile, ha detto più o meno: “… se io riuscirò, quel che sarà normale è che una di voi sarà la seconda…”

In realtà di normale e scontato nell’uguaglianza di genere vi è poco. Anche in cardiologia. Le donne cardiologo sono una minoranza.
Sul Journal of American College of Cardiology due donne affrontano il problema e si confrontano: la dottoressa Megha Prasad della Divisione di malattie cardiovascolari della Mayo Clinic di Rochester-Minnesota e la dottoressa Pamela S. Douglas del Duke Clinical Research Institute, Duke University School of Medicine, Durham, North Carolina.

Il bilancio vita/lavoro, la pianificazione della famiglia, il problema dell’esposizione alle radiazioni nella fase delle gravidanze e la tradizionale immagine maschile che il medico cardiologo porta con sé, vengono identificati come gli ostacoli più evidenti alla “intrapresa” della carriera di cardiologo.

Un’indagine condotta nel 2015 e presentata al congresso dell’ American College of Cardiology 2016 cui hanno partecipato 2000 cardiologi (800 donne e 1200 uomini) ha messo in evidenza come le donne avvertano ancora la presenza di un sostanziale rallentamento nella propria carriera rispetto ai loro pari di sesso maschile. Il dato si conferma nel raggiungimento dei ruoli gestionali apicali così come nella progressione nei ruoli accademici. Tra le donne che scelgono la cardiologia solo il 9% scelgono una specializzazione interventista contro il 25% degli uomini.
Se il bias di genere ancora esiste, tuttavia, sostiene la dottoressa Prasad, esso va diminuendo di generazione in generazione.
Le società di cardiologia hanno preso coscienza del problema e stanno ponendo in essere dei meccanismi per promuovere la formazione “al femminile”.

Per quel che riguarda l’Europa, ad esempio, nella società europea dei cardiologi interventisti EAPCI esiste una Women Committee, una comunità che si è data il compito di identificare i determinanti della disparità di genere tuttora esistente nel passaggio università-mondo del lavoro e mettere in atto delle strategie per colmare il gap. Dato europeo: circa il 60% degli studenti di medicina sono donne, approssimativamente il 90% dei cardiologi interventisti sono uomini.

Torniamo all’indagine americana in relazione al dato che identifichiamo come bilancio vita/lavoro: il 15% delle cardiologhe sono single contro il 5% degli uomini e questi numeri sono in modo scoraggiante praticamente sovrapponibili a quelli del 1996. Il 57% degli uomini ha affermato di avere  una sposa che si prende cura dei figli contro il 13% delle donne, dato che indubbiamente fa concludere che molto più frequentemente le donne hanno necessità di qualcuno che accudisca i figli durante i turni notturni o di reperibilità.

Le considerazioni puntuali della dottoressa Megha Prasad lasciano però in parte intravvedere una luce, un cauto e ragionato ottimismo o forse fiducia nei progressi se pur parziali sin qui osservati.  Ma… la risposta della collega della Duke University  Pamela S. Douglas è decisamente differente.

Fonti

Megha Prasad, MD. Gender in Cardiology Work Yet to Be Done. J Am Coll Cardiol. 2016;67(25):3016-3018
Lewis S, Mehta L, Douglas P, et al. The professional life of cardiologists: insights from the third American College of Cardiology Professional Life Survey. J Am Coll Cardiol 2016;67Suppl 13:1928.
Williams KA, Chazal RA. Diversifying our ranks: a call to action. J Am Coll Cardiol 2016;67:588–9.

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma