Incominciamo dal perchè
la presenza di aterosclerosi sub-clinica riveste un chiaro significato prognostico. Ciò nonostante molti cardiologi non la considerano in un programma di prevenzione primaria. Nelle carte del rischio la possibilità di andare incontro ad infarto, stratificata per età, è in funzione dei fattori di rischio classici, ma non si basa sulla ricerca delle placche aterosclerotiche. E’ invece interessante notare come nelle più recenti linee guida sul trattamento della colesterolemia (1), la presenza di aterosclerosi critica ( > 50%) in almeno un distretto (coronarico o periferico) modifichi il target del colesterolo LDL, che, analogamente ai protocolli di prevenzione secondaria va spinto al di sotto del cut-off di 55 mg/dl.
La presenza di aterosclerosi carotidea riclassifica il rischio cardiaco in un numero consistente di soggetti valutati con Framingham Risk Score (2). Su 13.145 individui arruolati nello studio ARIC, la placca carotidea ha riclassificato ad alto rischio il 23% di tutti i soggetti ed il 13.5% di quelli considerati inizialmente a rischio intermedio.
Lo spessore medio-intimale carotideo (IMT) è invece debolmente correlato con gli eventi cardiovascolari. In una metanalisi di 14 studi, che ha coinvolto 45.828 soggetti asintomatici e seguiti poi per un follow-up di 11 anni, il valore additivo del IMT al rischio clinico espresso dal Framingham Risk Score era molto contenuto (solo lo 0.8% erano correttamente riclassificati). (3) E’ importante pertanto la ricerca di placche aterosclerotiche nel distretto carotideo più che un aumentato spessore mio-intimale.
Il calcio coronarico (CAC: Coronary Artery Calcium) è un marcatore di aterosclerosi subclinica molto ben validato. Un Agatston score > 400 generalmente correla con una malattia estesa 4 mentre l’assenza di CAC è in grado di escludere stenosi coronariche; ad esempio in uno studio su 1.764 pazienti con CAD sospetta, quelli con CAC pari a zero avevano una probabilità < 1% di presentare una coronaropatia significativa. Nel complesso il CAC appariva molto sensibile e moderatamente specifico nel riconoscere restringimenti coronarici significativi. 5. In uno studio che ha coinvolto 8.855 adulti asintomatici, a rischio basso ed intermedio, il CAC score si è associato ad eventi cardiaci con un valore incrementale rispetto all’età ed agli altri fattori di rischio cardiovascolari (6). Sempre secondo lo studio MESA (6) , un CAC > 300 si trovava raramente nei soggetti con basso rischio Framingham e risultava invece molto frequente in chi aveva un alto rischio framingham. Il CAC risultava molto efficace per migliorare la stratificazione dei soggetti a rischio basso (FRS of 5.1–10%) ed intermedio (FRS 10.1–20%). Ad esempio in quest’ultima categoria il CAC > 300 era presente nel 24% dei soggetti con rischio Framingham compreso tra il 15 e 20% ed era presente nel 30% dei soggetti con rischio Framingham > 20%.
Come cercarla
Pe le ragioni esposte il CAC e l’ecografia vascolare rappresentano soluzioni molto valide. Volendo ricorrere all’ ecografia è bene interrogarsi su quale distretto focalizzare l’attenzione. Se l’Agatston score rappresenta il metodo di misurazione del calcio coronarico maggiormente impiegato e validato, con una variabilità intra ed interosservatore molto bassa, non ha tuttavia la sensibilità nel riconoscere l’aterosclerosi, che viene ora riconosciuta all’ecografia dei distretti periferici.
Lo studio PESA (Progression of Early Subclinical Atherosclerosis) (7), ha arruolato in modo prospettico 4.184 soggetti asintomatici, per studiare l’estensione dell’aterosclerosi in diversi distretti vascolari (carotidi, aorta, asse iliaco-femorale, coronarie) mediante ecografia vascolare e TC coronarica. La diagnosi di aterosclerosi subclinica veniva posta in presenza di almeno una placca ( definita come protrusione luminale >0.5 mm or >50% della intima-media thickness (IMT) dei segmenti adiacenti) oppure di un CAC > 1 e veniva classificata come focale (un sito interessato), intermedia (2-3 siti interessati) o generalizzata (4-6 siti interessati). Le placche sono state ritrovate più frequentemente nel distretto iliaco-femorale (44%), seguito poi dalle carotidi (31%) e dall’aorta (25%).
Le calcificazioni coronariche erano più rare, essendo rilevate soltanto nel 18% dei partecipanti. Tra i partecipanti con un rischio basso a 10 anni, il 58% presentava aterosclerosi subclinica che si mostrava con estensione intermedia o generalizzata nel 36% dei casi. Tra i soggetti classificati ad alto rischio secondo il Framingham, la diagnosi di aterosclerosi subclinica è stata fatta nel 95% dei casi, 86% dei quali con estensione intermedia o generalizzata. Tali associazioni sono state confermate per ogni distretto vascolare studiato ed analizzato separatamente. Lo studio PESA giungeva alla conclusione che l’aterosclerosi subclinica è altamente prevalente in soggetti asintomatici di mezza età, soprattutto nel distretto iliaco-femorale.
Secondo i ricercatori dello studio PESA, la ricerca dell’aterosclerosi sub clinica andrebbe pertanto effettuata preferibilmente nel distretto femorale che è più facilmente interessato dall’ aterosclerosi. Rimane tuttavia la tendenza alla ricerca dell’aterosclerosi in distretti che potremmo definire più nobili (cervello e cuore) utilizzando l’ultrasonografia delle carotidi o il calcium score coronarico.
Quando cercarla