Gli animali ci hanno aiutato a capire molti fenomeni. L’etologia, la scienza che studia il loro comportamento, ci ha dato importanti nozioni non solo di endocrinologia, di psicologia e di sociologia, ma anche di biologia e fisiologia. Particolarmente interessanti dal punto di vista pratico oltre che speculativo risultano molti rilievi fatti sulle funzioni cardiocircolatorie e respiratorie. La frequenza del battito cardiaco dell’animale, ad esempio, è principalmente in rapporto con la sua taglia: quanto più un animale è grosso, tanto più lento è il battito del suo cuore. Un elefante che pesa due tonnellate ha una frequenza cardiaca di 40, un cavallo che pesa circa tre quintali, di 55, un cane di sei chili di 120 e un coniglio di 200. Il cuore del topolino raggiunge i 600 battiti al minuto. La frequenza cardiaca non è però solamente in rapporto con la taglia, ma presenta ampie variazioni legate alle condizioni ambientali, al modo di vivere, alle possibilità di sopravvivenza. Negli animali a sangue freddo varia in rapporto con la temperatura esterna. Il cuore della rana, ad esempio, presenta 11 battiti al minuto quando la temperatura è di 5°; se supera i 30° il numero dei battiti sale a 35. La conoscenza dei rapporti fra temperatura e frequenza cardiaca ha condotto all’introduzione in cardiochirurgia dell’ipotermia col fine di abbassare il numero dei battiti e di ridurre il consumo di ossigeno da parte del cuore e dell’organismo. Vari animali che vivono in zone climaticamente sfavorevoli, durante l’inverno cadono in letargo e la loro frequenza cardiaca si riduce al dieci per cento o meno. Grazie a questa economia possono superare i rigori dell’inverno e la mancanza di cibo. Il cuore del pipistrello mentre vola batte ad una frequenza superiore a 600. quando dorme scende a 30. Il delfino sulla superficie del mare presenta 160 battiti al minuto, in immersione 50. Questo fenomeno, rivolto a risparmiare ossigeno, è ancor più marcato nella foca: 100 sulla banchisa, 10 sott’acqua. Le foche sono interessanti perché sono mammiferi meglio specializzati per la vita subacquea: possono raggiungere i seicento metri di profondità e nuotare per quasi un’ora in apnea senza che il loro elettrocardiogramma evidenzi segni di insufficiente ossigenazione del cuore. Questa idoneità deriva loro dalla peculiare capacità di risparmiare ossigeno. Durante l’immersione, oltre al rilevante abbassamento della frequenza cardiaca, è stata rilevata una marcata riduzione della circolazione periferica mentre la maggior parte del sangue ossigenato viene riservata per il cuore. Questi fenomeni ricordano quelli provocati dai farmaci beta-bloccanti. Grande interesse suscita anche il cuore della balena, non fosse altro perché è costretto a pompare un’enorme quantità di sangue necessaria alla nutrizione del suo corpo che può superare le trenta tonnellate. I sistemi cardiocircolatorio e respiratorio della balena inoltre presentano uno straordinario adattamento alla profondità, ancor maggiore di quello delle foche. Può infatti raggiungere i 1500 metri e rimanervi per tre quarti d’ora. Si sa che prima di immergersi la balena fa un’abbondante provvista d’aria. I suoi enormi polmoni possono contenere 3-4 metri cubi d’aria, ossia quasi un metro cubo di ossigeno, quanto le basta per il consumo di tre quarti d’ora in immersione. Ma la balena presenta anche altre interessanti peculiarità: i suoi polmoni hanno un numero di alveoli proporzionalmente maggiore a quello di tutti gli altri mammiferi e quindi una maggiore superficie di contatto fra il sangue e l’aria polmonare nonché un più elevato tasso di ossigeno nel sangue. Le due sezioni del cuore, inoltre, funzionano con una certa indipendenza: la destra può contrarsi più lentamente in modo da mandare ai polmoni una quantità minima di sangue venoso, mentre la sinistra cerca di conservare il più a lungo possibile la riserva di sangue ossigenato da inviare al cervello. Infine il midollo allungato della balena è pressoché insensibile alla presenza di acido carbonico nel sangue che, invece, nell’uomo e negli altri mammiferi provoca immediatamente sintomi di asfissia. Una curiosità: quando la balena ritorna a galla dopo essere stata a lungo sott’acqua spruzza un getto verso l’alto che si riteneva fosse acqua e invece è costituito dal condensarsi dei vapori espirati, in massima parte azoto, a contatto con l’aria fredda. Un ultimo motivo di interesse per la balena è dato dal fatto che pur possedendo un corpo ricchissimo di grassi, si nutre principalmente di vegetali e di pesci. Questo ha spinto alcuni cardiologi-balenieri a registrare il suo elettrocardiogramma ancora sconosciuto. L’impresa è risultata più ardua del previsto. Con il coraggio del capitano Achab hanno cercato di sistemare gli elettrodi sulla sua pelle, ma non c’è stato niente da fare perché è incrostata da molluschi di ogni tipo e da altri parassiti. Nessun metodo incruento è risultato praticabile. Sono ricorsi allora agli aghi ipodermici, ma anche così i risultati sono stati scadenti perché lo strato di grasso dello spessore di venti centimetri o più rappresenta un ostacolo alla registrazione di onde elettriche interpretabili. Qualcuno più accanito stava preparando degli arpioni, simili a quelli usati dai cacciatori di balene nel secolo scorso, muniti di un lungo cavo, ma al progetto si è opposto decisamente il principe Bernardo d’Olanda presidente del fondo internazionale e grande tutore delle balene. Finora i cardiologi-balenieri sono riusciti a registrare solamente per sette minuti un pezzetto di elettrocardiogramma contenente 140 battiti mal interpretabili e che non hanno detto granché sul cuore della balena. Il primo a riuscirci fu il professor White, famoso fra l’altro per essere stato il cardiologo del Presidente degli Stati Uniti Eisenhower. La frequenza risultò di una trentina di battiti al minuto. Altre peculiarità del cuore degli animali che necessitano di conferme sono l’immunità delle coronarie dell’ermellino all’arteriosclerosi, attribuita al fatto che pressoché tutto il suo colesterolo plasmatici circola legato alle lipoproteine HDL. Le scimmie, pochissimo colpite dall’arteriosclerosi in libertà, perdono progressivamente l’immunità nella cattività degli zoo a causa del mutare dell’alimentazione. Un vecchio esperimento dimostrò che mettendo scimmie antropomorfe alla dieta somministrata agli ammalati di un grande ospedale di Chicago, queste presentavano abbastanza presto placche arteriosclerotiche. La tigre sarebbe immune dall’arteriosclerosi perché è il solo mammifero che elimina il colesterolo per via renale. I babbuini kenioti costretti a lasciare la boscaglia per il disboscamento, migrarono sulle spiagge dove impararono a nutrirsi di crostacei e di molluschi, andando incontro ad una spiccata ipercolesterolemia. La giraffa è l’animale con la pressione arteriosa più elevata che supera i 300 di sistolica, perché il suo cuore deve pompare il sangue ad un’altezza molto maggiore degli altri, senza però che subisca alcuna conseguenza da questo superlavoro. Non sarebbe stata confermata la teoria di Aristotele secondo la quale le differenze fra i diversi cuori tende ad influire sui temperamenti: quelli dotati di scarsa sensibilità hanno un cuore duro e denso, mentre quelli più sensibili lo hanno più molle.
Il cuore degli animali