IL CUORE CHE VOLA – II PUNTATA
di Antonella Labellarte
02 Maggio 2011

Nella precedente newsletter abbiamo raccontato del lavoro svolto da un gruppo della British Cardiovascular Society che ha affrontato il problema delle condizioni che si verificano in aereo durante i voli di linea e di quanto e se possano mettere a rischio i pazienti affetti da disturbi cardiovascolari.

Brevemente possiamo riassumere che la condizione di ridotta pressione parziale di ossigeno e, di conseguenza, di ridotta saturazione in ossigeno del sangue, non esercita per sé effetti circolatori avversi che possano rendere gli individui più suscettibili ad ischemia miocardica, insufficienza cardiaca ed aritmie. E’, infatti, la condizione di instabilità, piuttosto che la severità per sé della patologia, che rappresenta una fonte di rischio e pertanto, quello che va ben valutato, è l’intervallo di tempo che rende accettabile il viaggio aereo. Ma per le considerazioni e le indicazioni più precise rimandiamo alla newsletter precedente.
Vi sono evidenze invece, come dicevamo, che, in soggetti ad alto rischio, l’ipossiemia da sola può aumentare il rischio di trombosi venosa e di tromboembolia.

Innanzitutto cos’è la trombosi venosa o flebotrombosi?

Come dice lo stesso nome, è la condizione che si verifica quando si forma un “trombo” all’interno di una vena, una sorta di “tappo” costituito da un’aggregazione di piastrine, cellule circolanti del sangue, che aderiscono alla parete, rilasciano sostanze “attive” ed imbrigliano globuli rossi circolanti ed altre cellule. Parte di questo “trombo”, facilmente distaccabile dalla parete del vaso, può migrare lungo il circolo venoso e causare delle occlusioni a distanza, come si verifica nella temibile e grave complicanza quale è l’embolia polmonare, in cui si instaura un disturbo respiratorio potenzialmente pericoloso per la vita.

Le vene degli arti inferiori sono la sede più frequente delle trombosi, soprattutto le vene profonde della gamba e del polpaccio.
La trombosi è favorita da tre fattori:
l’alterazione della composizione del sangue (conseguenza di alcune malattie con alterazione delle piastrine, ispessimento del sangue – “inspissatio sanguinis” – causato da aumento dei globuli rossi, o ad es. da cospicue perdite di plasma e liquidi ), il rallentamento del circolo del sangue (causato ad esempio dalla lunga degenza a letto o dall’immobilità per cui vi è una certa tendenza al ristagno), le alterazioni della parete vasale.

Ma non entriamo più oltre nel dettaglio e “torniamo in aereo”. Ebbene, la condizione di prolungata immobilità , disidratazione ed ipossiemia (quest’ultima, da sola, nei soggetti ad alto rischio) possono aumentare il rischio di trombosi venosa e trombo embolia. Tale incremento del rischio è noto fin dal 1940 e poco più tardi Symington e Stack hanno coniato il termine di “sindrome della classe economica”.

Riassumendo i dati finora a disposizione dai vari studi possiamo sostenere che:

1. Volare più di 4 ore raddoppia il rischio di embolia polmonare.

2. Il rischio è più alto nella prima settimana che segue il viaggio ma persiste per due mesi.

3. Il rischio è sovrapponibile a quello che si corre viaggiando per il medesimo periodo in automobile, treno o autobus.

4. La presenza di condizioni quali la mutazione del Fattore V di Leiden (patologia genetica della coagulazione), una statura >1.90m e <1.60m , l’assunzione di contraccettivi orali, l’obesità (Body Mass Index> 30kg/m2) aumentano il rischio di embolia polmonare durante i voli aerei.

5. Negli studi di incidenza condotti su un gruppo di lavoratori del settore, il rischio di embolia polmonare è risultato pari a 4.0/1000 persone per anno, paragonato a 1.2/1000 in soggetti che non effettuavano voli aerei. Il rischio relativo di embolia polmonare è 3.45 per un volo di 4 ore. Questo rischio aumenta con l’aumentare della durata del volo. Il rischio assoluto di embolia polmonare in una persona sana è nell’ordine di 1/6000 per un volo > di 4 ore.

6. In volo vi sono condizioni che in individui suscettibili (sindromi “trombofiliche”: mutazione del Fattore V di Leiden, deficienza di antitrombina III, mutazione della proteina C, deficienza di proteina S, iperomocisteinemia, sindrome anticorpi antifosfolipidi; terapia contraccettiva orale, gravidanza) attivano il sistema della coagulazione e non sono riproducibili sulla terra in situazioni di immobilità della stessa durata.

Nella prossima newsletter le raccomandazioni ai viaggiatori per i voli di lunga durata distinte per classi di rischio.


Fonte:
Smith D, Toff W, Joy M et al. Fitness to fly for passengers with cardiovascular disease Heart 2010; 96:ii1- ii16

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma