Il cardiologo dei tempi di oggi si trova quotidianamente di fronte al problema di gestire il controllo della glicemia nei pazienti affetti da diabete mellito di II tipo e malattia coronarica. Problema di non poco conto e che si “compone” di 3 aspetti fondamentali:
- Quale è il miglior farmaco ipoglicemizzante per questo particolare paziente e se debbo utilizzare un’associazione di farmaci quale è la migliore?
- Quale è l’impatto della terapia antidiabetica sulla malattia cardiovascolare?
- Ed infine quale è l’obiettivo ipoglicemizzante della terapia, ossia quale il valore dell’emoglobina glicosilata che devo fissare come obiettivo terapeutico?

Veniamo da anni in cui gli obiettivi stabiliti dai trials erano molto ambiziosi, si richiedeva uno stretto controllo del profilo glicemico con valori di emoglobina glicata il più vicini possibile a quello della popolazione dei sani.
Il target dell’emoglobina glicosilata suggerito per tutti era pari a 7 o persino a 6.5.
In realtà quello che le linee guida ed i consensus di esperti oggi affermano con grande autorevolezza è la necessità di individualizzare la terapia, considerazione assai saggia e che avrebbe ricevuto l’approvazione dei “vecchi” medici attenti al benessere e alla salute dei propri pazienti:
“In generale il valore target dell’emoglobina glicata deve essere 7 od anche 6.5 se questo obiettivo può essere raggiunto senza far correre al paziente altri rischi. Ossia se si può trattare un paziente con un farmaco che non causi ipoglicemia, non provochi aumento del peso corporeo e non sia responsabile di altri effetti collaterali potenzialmente dannosi.” Altrimenti bisogna “accontentarsi” di valori di emoglobina glicata più elevati, ossia di un controllo della glicemia meno aggressivo.
Se un diabetico, infatti, va di frequente incontro ad episodi di ipoglicemia, il controllo glicemico intensivo può rappresentare addirittura un errore. Se ci si trova dinanzi ad un paziente giovane, all’esordio della malattia diabetica, è ragionevole, invece, assumere dei rischi maggiori nel controllo aggressivo della glicemia, con l’obiettivo di proteggerlo dalle temibili complicanze sia macro sia microvascolari. Se invece il paziente è più anziano, con una malattia diabetica di lungo corso, ha una buona qualità della vita, senza grossi problemi, né significativo aumento del peso, ottenere un controllo più stretto della glicemia con valori target di emoglobina glicata più bassi non ha grande significato, poiché gli effetti benefici di tale controllo intensivo necessitano di un lungo periodo di tempo per manifestarsi.

E così le linee guida della Società Europea di Cardiologia su diabete, pre-diabete e malattia cardiovascolare, raccomandano un approccio orientato ad un trattamento su misura per il paziente: occorre modificare lo stile di vita, smettere di fumare, mantenere la pressione arteriosa, i lipidi e l’emoglobina glicata ad un certo livello, ma la terapia deve essere fortemente individualizzata.
In sintesi, ad esempio, in un paziente con scarsa aspettativa di vita, che presenta comorbidità e fragilità, puntare ad un valore di emoglobina glicata di 7.5-8.5.

Ma veniamo al farmaco “ideale”: è il farmaco che non causa aumento di peso né ipoglicemia, non è dannoso per il cuore, previene il deterioramento del controllo glicemico che è nella storia naturale della malattia diabetica, è facile da assumere ed è poco costoso.
Ovviamente tra le tante classi di farmaci a disposizione per il controllo glicemico nel diabete mellito di II tipo, tra cui alcune molto innovative, questo farmaco ideale che possiede tutte queste caratteristiche non c’è.
Le nuove linee guida europee indicano come farmaco di prima scelta la metformina, mentre il passo successivo, ossia l’aggiunta di un altro farmaco deve essere basata su una scelta che tenga conto delle caratteristiche individuali del paziente, inclusa, ovviamente, la funzione renale.
CONTROLLO DELLA GLICEMIA “PERSONALIZZATO”
Emoglobina glicata < 7.0%
Per ridurre le complicanze micro vascolari
Controllo aggressivo precoce nei pazienti giovani senza comorbidità
Deve essere presa in considerazione per la prevenzione cardiovascolare ponendo attenzione alle caratteristiche personali del paziente
Emoglobina glicata compresa tra 6 e 6.5%
In pazienti selezionati con lunga aspettativa di vita, all’esordio della malattia, senza significativa malattia cardiovascolare
Emoglobina glicata 7.5 – 8 %
Nei pazienti più anziani con malattia presente da molti anni o con complicanze
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma