Il nostro cervello può essere in grado di confonderci, può accadere infatti che ciò che sembra realtà sia un’illusione creata dai nostri neuroni.
Nella precedente newsletter si è parlato delle statine, del dolore muscolare e dell’effetto nocebo. Ebbene l’effetto nocebo è rilevante anche per un’altra importante classe di farmaci, i beta-bloccanti.
L’effetto nocebo: se il tuo cervello ha un’aspettativa negativa e pensa che un effetto collaterale del farmaco si manifesterà, la sua influenza potrebbe essere così potente da stimolare la comparsa dell’effetto in questione.
Chi inizia a prendere i beta bloccanti può pensare di iniziare a sentire un maggiore affaticamento, di aumentare di peso, di avere il fiato corto. Gli uomini temono l’impotenza. Ma ancora una volta occorre soffermarsi sui dati scientifici, se non altro per parlare correttamente del fenomeno.
Nel 2013 un gruppo di ricercatori inglesi ha pubblicato una review sistematica di 13 trials clinici randomizzati e controllati che confrontavano beta bloccante versus placebo in più di 15,000 pazienti affetti da scompenso cardiaco (Barron AJ et al. Systematic review of genuine versus spurious side-effects of beta-blockers in heart failure using placebo control: reccomendations for patient information. Int J Cardiol 2013).
Ebbene 28 dei 33 effetti collaterali che vengono imputati a questa classe di farmaci non sono risultati più comuni nei pazienti in trattamento con beta bloccanti rispetto a coloro che assumevano placebo. Solo per citarne alcuni, mal di testa, aumento del peso, impotenza, ipotensione e sensazione di fiato corto non erano più frequenti nel gruppo trattato con il farmaco. La comparsa di depressione, che spesso viene attribuita alla terapia beta bloccante, è risultata meno frequente nel gruppo in terapia beta bloccante (35%, P<0,01). Ai medesimi risultati era giunta una metanalisi pubblicata su JAMA nel 2002 (Ko DT et al. Beta-blocker therapy and symptoms of depression, fatigue and sexual disfunction.)
Gli autori inglesi un pò proditoriamente si spingono ad affermare che “… i clinici dovrebbero riconsiderare se è eticamente e scientificamente corretto avvisare i propri pazienti del possibile effetto collaterale di un farmaco, quando trials randomizzati e controllati non hanno messo in evidenza una differenza significativa nei gruppi trattati…” .
Se questa può essere giudicata una posizione un po’ estrema, va comunque considerato che l’effetto nocebo ha una notevole rilevanza clinica. Il clinico ha il compito di aiutare i pazienti e quindi scegliere accuratamente le parole con cui comunicare. Come si è giustamente sottolineato più volte:
“…un buon medico cura la malattia, un grande medico cura il paziente che ha quella malattia..”.
Fonte:
www.medscape.com The Power of Suggestion: Statin and Beta-blocker Side Effects. John Mandrola
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma