HI-PRO trial: non basta dire provocato
di Filippo Stazi
28 Ottobre 2025

Il tromboembolismo venoso (TEV) è tradizionalmente classificato come provocato (secondario cioè a fattori scatenante transitori come interventi chirurgici, traumi o immobilità) o non provocato (che si verifica senza un fattore scatenante identificabile). La terapia anticoagulante a lunga durata è comunemente prescritta ai pazienti con TEV non provocato a causa dell’elevato rischio di recidiva (dal 6 al 10% all’anno). Nei pazienti con TEV provocato che non presentano cancro o trombofilia grave, il rischio di recidiva è invece ritenuto inferiore e per tale motivo le linee guida raccomandano in genere solo 3 mesi di terapia anticoagulante. Nei pazienti con TEV provocato e persistenza di fattori di rischio tromboembolico (ad esempio, malattie autoimmuni, malattie polmonari croniche o obesità), la durata appropriata della terapia anticoagulante è in realtà ancora non ben definita (1). Il recente Extended-Duration Low- Intensity Apixaban to Prevent Recurrence in High-Risk Patients with Provoked Venous Thromboembolism (HI-PRO) trial (2), randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco, monocentrico, condotto presso il Brigham and Women’s Hospital di Boston, ha valutato l’efficacia e la sicurezza del proseguimento per 12 mesi della terapia con apixaban (alla dose di 2,5 mg due volte al giorno), rispetto al placebo, per la prevenzione delle recidive in pazienti con TEV provocata e almeno un fattore di rischio persistente.

Da novembre 2020 a novembre 2023, 600 pazienti (età media 59,5 anni, 57% donne, 19,2% di razza non bianca) di almeno 18 anni, con un episodio di TEV (sia arti inferiori che superiori o embolia polmonare in qualsiasi sede) provocato (intervento chirurgico maggiore, trauma, malattia medica acuta o immobilità), in terapia anticoagulante da 3 mesi e con almeno un fattore di rischio persistente per recidiva (indice di massa corporea di almeno 30, malattia polmonare cronica o malattia infiammatoria cronica), sono stati randomizzati ad apixaban o placebo. I principali criteri di esclusione erano un’indicazione alla terapia anticoagulante per altri motivi (inclusa la TEV senza fattori scatenanti o associata a cancro attivo), una controindicazione alla terapia anticoagulante, un’aspettativa di vita inferiore a 12 mesi, gravidanza o allattamento, grave malattia epatobiliare o renale, assunzione di un antagonista del recettore piastrinico P2Y12 o di una dose di aspirina superiore a 81 mg al giorno e sanguinamento recente o attivo. Quasi il 20% dei pazienti dello studio (senza differenze significative tra i gruppi) ha continuato a ricevere aspirina per tutto il periodo di follow-up.

L’end point primario di efficacia era il primo TEV sintomatico, ricorrente e oggettivamente confermato, definito come un insieme di trombosi venosa profonda, embolia polmonare o entrambi, durante i 12 mesi successivi alla randomizzazione. L’end point secondario di efficacia era invece la prima comparsa di un combinato di morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, ictus o attacco ischemico transitorio (TIA), embolia sistemica, evento avverso maggiore degli arti o ischemia coronarica o periferica con conseguente rivascolarizzazione a 12 mesi. L’endpoint primario di sicurezza era la prima comparsa di sanguinamento maggiore mentre l’endpoint secondario di sicurezza era la prima comparsa di sanguinamento non maggiore clinicamente rilevante.

A distanza di 12 mesi dalla randomizzazione una recidiva di TEV (end point primario di efficacia), si è verificata in 4 pazienti (1,3%) nel gruppo apixaban e in 30 pazienti (10,0%) nel gruppo placebo (hazard ratio, 0,13; intervallo di confidenza [CI] al 95%, da 0,04 a 0,36; P < 0,001). L’end point secondario di efficacia è invece risultato raro e si è verificato con frequenza simile nel gruppo apixaban e nel gruppo placebo (rispettivamente 0,7% e 1,0%) per un hazard ratio di 0,67 (95% CI, da 0,11 a 3,98). Un sanguinamento maggiore (endpoint primario di sicurezza) si è verificato in 1 paziente nel gruppo apixaban e in nessuno nel gruppo placebo (0,3% vs. 0%; P > 0,999). Un sanguinamento non maggiore clinicamente rilevante è stato osservato in 14 dei 294 pazienti (4,8%) nel gruppo apixaban e in 5 dei 294 pazienti (1,7%) nel gruppo placebo (hazard ratio, 2,68; IC al 95%, 0,96-7,43; P = 0,06). Un paziente è morto per demenza progressiva nel gruppo apixaban e 3 soggetti sono deceduti, per carcinoma polmonare di nuova diagnosi, malattia polmonare in stadio terminale e trauma, nel gruppo placebo.

Il primo dato rilevante che emerge da questo studio è che il prolungamento della terapia con apixaban riduce il rischio di recidiva di TEV dell’87% rispetto al placebo, a fronte di un basso rischio di sanguinamento maggiore. Il secondo elemento da sottolineare è invece che il rischio a 12 mesi di TEV nel gruppo placebo, 10%, è elevato e rispecchia quello dei pazienti con TEV non provocata (molti pazienti avevano però presentato fattori scatenanti minori, come viaggi a lungo raggio, 16,7%, e malattie non ospedalizzate, con solo il 9,3% dei soggetti che era stato ricoverato nei 3 mesi precedenti l’evento indice). Tutto ciò suggerisce che un approccio dicotomico tra TEV provocata e non provocata non è sufficiente per determinare la durata della terapia anticoagulante e che occorre invece tener conto della presenza di fattori di rischio persistenti che possono identificare pazienti a maggiore rischio di recidiva di TEV.

In conclusione i risultati dello studio HI-PRO suggeriscono che la valutazione clinica dei fattori di rischio persistenti può identificare i pazienti che potrebbero trarre beneficio dalla terapia anticoagulante a lunga durata. Una tale decisione terapeutica, però, deve comunque tenere conto dell’osservato aumento del rischio di emorragie non maggiori ma comunque clinicamente rilevanti. Il corretto processo decisionale, dunque, deve valutare sia il rischio di sanguinamento che quello di recidiva.

Bibliografia:

  1. Konstantinides SV, Meyer G, Becattini C, et al. 2019 ESC guidelines for the diagnosis and management of acute pulmonary embolism developed in collaboration with the European Respiratory Society (ERS). Eur Heart J 2020; 41: 543-603.
  2. Piazza G, Bikdeli B, Pandey AK, et al. for the HI-PRO Trial Investigators. Apixaban for Extended Treatment of Provoked Venous thromboembolism. N Engl J Med 2025;393:1166-76.