Gliflozine e iperpotassiemia: Effetti di canagliflozin sul potassio sierico nelle persone con diabete e malattia renale cronica
di Alessandro Battagliese
28 Dicembre 2021

Valori troppo elevati o troppo bassi di potassio nel sangue aumentano il rischio di morte e di ospedalizzazione per cause cardiovascolari. Questo dato, ben consolidato in letteratura, dimostra come la potassiemia abbia un impatto prognostico significativo soprattutto nei pazienti affetti da diabete mellito, insufficienza renale e scompenso cardiaco.

Diabete mellito ed insufficienza renale sono due condizioni che favoriscono la comparsa di iperpotassiemia, il primo a seguito dello sviluppo di nefropatia o di acidosi tubulare renale.

L’iperpotassiemia può essere la conseguenza di trattamenti con farmaci inibitori del sistema renina angiotensina raccomandati dalle più importanti linee guida internazionali per i loro effetti reno- protettivi e cardioprotettivi, prevalentemente in pazienti diabetici e per il significativo impatto sulla mortalità e le ospedalizzazioni nei pazienti affetti da scompenso cardiaco. Allo stesso modo anche i farmaci inibitori dei recettori per i mineralcorticoidi (antialdosteronici) come spironolattone e eplerenone hanno ridotto la mortalità per scompenso cardiaco ma causano spesso iperpotassiemia. Recentemente nello studio FIDELIO-DKD il finerenone (un antialdosteronico di ultima generazione) ha dimostrato avere un impatto favorevole sulla riduzione della progressione della malattia renale e sulla prevenzione di eventi cardiovascolari nei pazienti con diabete mellito tipo 2 e malattia renale cronica. Tuttavia anche il Finerenone può aumentare i livelli ematici di potassio.

La comparsa di iperpotassiemia è spesso causa di sospensione della terapia con farmaci inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAASi) con conseguente impatto negativo sulla prognosi come ampiamente documentato in letteratura. Si pensi ad esempio alla sospensione di un ACE-inibitore in un paziente con disfunzione ventricolare sinistra o l’impossibilità di aggiungere un antialdosteronico per valori elevati di potassio. I RAASi rappresentano le fondamenta della terapia per lo scompenso cardiaco e pertanto il loro impiego dovrebbe essere mandatorio a meno di controindicazioni. L’utilizzo di resine e di farmaci in grado di ridurre i livelli di potassio come il patiromer o il sodio zirconio sicuramente è utile a questo scopo, tuttavia ancora ci sono dubbi sulla tollerabilità a lungo termine e sui possibili effetti collaterali, maggiormente a carico dell’apparato gastrointestinale.

Gli studi EMPAREG-OUTCOME, DECLARE TIMI 58, CANVAS e DAPA HF hanno dimostrato come i farmaci inibitori del cotrasportatore sodio glucosio presente sul tubulo prossimale del nefrone (SGLT2) abbiano come effetto di classe quello di ridurre in maniera significativa l’incidenza di iperpotassiemia severa o clinicamente rilevante nonostante una terapia concomitante con antialdosteronici, ACE-I/sartani o sacubitril-valsartan con conseguente impatto favorevole sugli outcome cardiovascolari in pazienti diabetici e non, affetti anche da scompenso cardiaco a frazione di eiezione severamente ridotta.

Il Canagliflozin, un inibitore del SGT2, ha dimostrato avere un impatto significativamente favorevole sull’incidenza di iperpotassiemia e su outcome esplorativi cardiovascolari come morte cardiovascolare, infarto, stroke, ospedalizzazione per scompenso cardiaco e deterioramento della funzione renale, in una popolazione ad alto rischio con diabete mellito tipo 2 e insufficienza renale cronica; questi i risultati di una elegante analisi post hoc dello Studio CREDENCE, pubblicati in “fast track” sull’ultimo numero dello European Heart Journal, in cui Neuen BL e colleghi analizzano la diversa incidenza di iperpotassiemia in una popolazione di 4401 pazienti con diabete mellito tipo 2 e insufficienza renale cronica randomizzata a placebo o canagliflozin.

È stata effettuata in analisi “intention to treat” e “on treatment” come analisi di sensibilità.

Obiettivo primario dello studio un composito costituito da iperpotassiemia riportata dagli investigatori e utilizzo di farmaci o resine in grado di ridurre i valori di potassio. Obiettivo secondario la comparsa di un valore di laboratorio di potassio superiore o uguale a 6. Obiettivi investigativi un composito di MACE (morte cardiovascolare, stroke e infarto) e outcome renali (peggioramento della creatinina, insufficienza renale terminale o morte renale).

Criteri di inclusione erano rappresentati da valori di emoglobina glicata compresi tra 6,5% e 12%, valori di filtrato glomerulare (calcolato con la formula CKD-EPI) compresi tra 30 e 90ml/min/1,73m2 e valori di rapporto albumina urinaria:creatinina >300 mg/g.

Criteri di esclusione la presenza di un valore di potassio superiore a 5,5 mmol/L al basale, uso concomitante di antialdosteronici e la presenza di diabete di tipo 1.

La popolazione aveva una età media di 63 aa, per il 30% circa di sesso femminile; nel 15% dei casi era presente scompenso cardiaco; era presente un diabete mellito di tipo 2 di lunga durata (circa 8-9 anni); tutti i pazienti alla randomizzazione assumevano la massima dose tollerata di RAASi. Per il 30% era presente una coronaropatia.

Dopo un breve periodo di run-in di due settimane la popolazione è stata sottoposta a randomizzazione computerizzata; il follow up è durato circa 4 anni.

È stata effettuata una attenta analisi delle terapie concomitanti, soprattutto l’utilizzo di resine in grado di legare il potassio (nello studio non sono stati utilizzati il patiromer ed il sodio zirconio perché ancora non approvati), l’utilizzo di diuretici risparmiatori di potassio o di antialdosteronici, l’utilizzo di diuretici dell’ansa e soprattutto la percentuale di sospensione della terapia con RAASi nei pazienti che assumevano canagliflozin e nel gruppo placebo.

Il valore medio di potassio al basale era di 4,5 mmol/L in entrambi i gruppi. Il valore medio di filtrato glomerulare calcolato con la formula CKD-EPI.

Il canagliflozin rispetto al placebo ha ridotto l’endopoint composito di iperpotassiemia riportata dagli investigatori e utilizzo farmaci leganti il potassio del 22%; il canagliflozin rispetto a placebo ha ridotto del 34%  il ricorso a farmaci leganti il potassio e del 18% l’iperpotassiemia riportata dai ricercatori (obiettivo primario scomposto); canagliglozin, inoltre, ha ridotto l’incidenza di valori di potassio uguali o superiori a 6 del 23%.

Non vi era alcuna differenza statisticamente significativa tra i due sottogruppi relativamente all’incidenza di ipopotassiemia (sia quella riportata dai ricercatori che come valore di laboratorio di potassio uguale o inferiore a 3,5 mmol/L).

Nel gruppo placebo si è assistito ad un maggior utilizzo di diuretici dell’ansa e ad una più frequente sospensione dei RAASi.

Dall’analisi per sottogruppi, l’effetto favorevole di Canaglifozin sul potassio è risultato consistente in tutte le categorie osservate incluso il sesso, età, storia di scompenso cardiaco, filtrato glomerulare, livelli di albuminuria, durata di diabete e valori di potassiemia al basale; addirittura canagliflozin avrebbe un effetto proporzionalmente maggiore per valori di potassio più elevati al basale.

Per quanto riguarda gli end point esplorativi si confermava nello studio l’effetto favorevole di classe del canagliflozin sull’endpoint composito morte cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco e sugli end point renali quali morte per cause renali, raddoppio del valore di creatinina, insufficienza renale terminale.

In sintesi, canagliflozin può ridurre il rischio di iperpotassiemia nelle persone con diabete di tipo 2 e insufficienza renale cronica senza alcun effetto avverso ed in assenza di comparsa di ipopotassiemia. Saranno necessari ulteriori studi prospettici per confermare questi risultati.

Discussione

Nonostante tutte le limitazioni del caso, prima tra tutte quella di essere uno studio post hoc, il lavoro di Neuen fornisce un contributo, a mio avviso, molto importante alla letteratura.

Il problema dell’iperpotassiemia è quanto mai attuale per il largo e giustificato impiego dei RAASi in popolazioni complesse.

Il sacubitril/Valsartan già ha dimostrato ridurre il rischio di iperpotassiemia rispetto agli ACE-I. 

I farmaci inibitori del SGLT2 in maniera diretta attraverso la diuresi osmotica  o in maniera indiretta mediante il rallentamento della progressione del danno renale e la nefroprotezione hanno dimostrato di ridurre in maniera sensibile il rischio di iperpotassiemia anche in pazienti complessi.

Il beneficio di questa classe di farmaci è duplice: un beneficio diretto sulla riduzione della morte cardiovascolare, le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e sulla progressione del danno renale e un beneficio indiretto perché, riducendo il rischio di iperpotassiemia rendono fattibile e più sicura la somministrazione contemporanea di farmaci attivi sul sistema renina-angiotensina-aldosterone riducendo il rischio di sospensione degli stessi.

In particolare il Canagliflozin sembrerebbe avere un impatto favorevole su una popolazione molto complessa e ad alto rischio di iperpotassiemia quale i diabetici con lunga storia di malattia e con concomitante malattia renale cronica.

I risultati complessivi riportati nello studio sono impressionanti, in quanto canagliflozin ha ridotto il rischio di iperpotassiemia segnalata dallo sperimentatore o di inizio di farmaci leganti di potassio rispetto al placebo e rappresenta l’estensione dei risultati di altri studi con SGLT2i in pazienti senza malattia renale all’ingresso.

Canagliflozin ha ridotto anche il rischio di iperpotassiemia severa (K >6,0 mmol/L).

Neuen e colleghi inoltre, hanno costruito una curva a forma di “U” relativamente agli esiti renali e cardiovascolari che rispecchiano quelli dei registri e degli studi clinici, evidenziando la necessità di mantenere i valori di potassio entro limiti di normalità ed evitando entrambi gli estremi.

Alla luce delle evidenze disponibili in letteratura gli inibitori del recettore SGLT2 sembrerebbero rappresentare il pezzo mancante e indispensabile nel complesso puzzle terapeutico del paziente ad alto rischio cardiovascolare indipendentemente dalla presenza di diabete.

Bibliografia consigliata

Neuen BL, Oshima M, Perkovic V, Agarwal R, Arnott C, Bakris G, Cannon C.P, Charytan D.M, Edwards R, Go´rriz J.L, Jardine M.J, Levin A, Neal B, De Nicola L, Pollock C, Rosenthal N, Wheeler D.C, Mahaffey K.W, Heerspink H.J.L. Effects of canagliflozin on serum potassium in people with diabetes and chronic kidney disease: the CREDENCE trial. Eur Heart J 2021;4891–4901.

Jardine MJ, Zhou Z, Mahaffey KW, Oshima M, Agarwal R, Bakris G, Bajaj HS, Bull S, Cannon CP, Charytan DM, de Zeeuw D, Di Tanna GL, Greene T, Heerspink HJL, Levin A, Neal B, Pollock C, Qiu R, Sun T, Wheeler DC, Zhang H, Zinman B, Rosenthal N, Perkovic V; CREDENCE Study Investigators. Renal, cardiovascular, and safety outcomes of canagliflozin by baseline kidney function: a secondary analysis of the CREDENCE randomized trial. J Am Soc Nephrol 2020;31: 1128–1139.

McMurray JJV, DeMets DL, Inzucchi SE, Køber L, Kosiborod MN, Langkilde AM, Martinez FA, Bengtsson O, Ponikowski P, Sabatine MS, Sjo¨strand M, Solomon SD; DAPA-HF Committees and Investigators. The dapagliflozin and prevention of adverse-outcomes in heart failure (DAPA-HF) trial: baseline characteristics. Eur J Heart Fail 2019;21:1402–1411.

Bakris GL, Agarwal R, Anker SD, Pitt B, Ruilope LM, Rossing P, Kolkhof P, Nowack C, Schloemer P, Joseph A, Filippatos G; FIDELIO-DKD Investigators. Effect of finerenone on chronic kidney disease outcomes in type 2 diabetes. N Engl J Med 2020;383:2219–2229.

Heerspink HJL, Perkins BA, Fitchett DH, Husain M, Cherney DZI. Sodium glucose cotransporter 2 inhibitors in the treatment of diabetes mellitus: cardiovascular and kidney effects, potential mechanisms, and clinical applications. Circulation 2016;134:752–772.