Gli scaffold riassorbibili possono essere una opzione nell’ischemia cronica critica degli arti inferiori? I risultati del trial LIFE-BKT
di Laura Gatto
09 Gennaio 2024

L’arteriopatia degli arti inferiori rappresenta una patologia epidemica interessando oltre 230 milioni di pazienti in tutto il mondo. La manifestazione più severa è rappresentata dall’ischemia cronica critica dell’arto inferiore (CLTI: chronic limb-threatening ischemia) che è caratterizzata dalla presenza di dolore a riposo, di ulcere avanzate o di gangrena e da un rischio molto elevato di amputazione [1]. La rivascolarizzazione chirurgica “open” con bypass ha rappresentato per anni il trattamento di scelta con una buona percentuale di salvataggio dell’arto [2]; tuttavia per la patologia infrapoplitea (localizzata al di sotto del ginocchio) l’angioplastica ha fornito negli ultimi anni risultati superiori a quelli della chirurgia nonostante alcune complicanze procedurali come la dissezione, la restenosi ed il recoil elastico [3].

Gli scaffold riassorbibili a rilascio di farmaco rappresentano un’evoluzione della tecnologia dei materiali impiegati in ambito interventistico, presentano il vantaggio di avere una struttura con una piattaforma in grado di rilasciare il farmaco antiproliferativo gradualmente, ma allo stesso tempo lo scaffold riassorbibile riduce le complicanze meccaniche acute e nel tempo favorisce il rimodellamento del vaso e potenzialmente limita le complicanze tardive legate alla persistenza dello stent metallico.

Tale tipo di tecnologia è stata tradizionalmente impiegata nel distretto coronarico, tuttavia sull’ultimo numero della prestigiosa rivista New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati dello studio LIFE-BKT, un trial randomizzato e multicentrico, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia degli scaffold riassorbibili a rilascio di everolimus per il trattamento della vasculopatia infrapoplitea nei pazienti con CLTI [4].

Lo studio ha arruolato pazienti con età superiore ai 18 anni, che presentassero CLTI associata a dolore a riposo (stadio IV della classificazione di Rutherford-Becker) oppure a necrosi o amputazioni minori (stadio V della classificazione di Rutherford-Becker) e con una contestuale diagnosi di stenosi significativa o di occlusione dell’asse arterioso infra-popliteo. I pazienti con tali caratteristiche sono stati randomizzati con un rapporto di 2 a 1 ad essere trattati con lo scaffold riassorbibile a rilascio di everolimus, oppure con l’angioplastica. Le stenosi oggetto di trattamento potevano essere “lesioni de novo” oppure restenosi. Nel gruppo angioplastica le procedure venivano effettuate secondo lo standard del centro e secondo l’esperienza dell’operatore. Nei pazienti randomizzati all’impianto di scaffold riassorbibile, invece, l’impiego della predilatazione era mandatario con lo scopo di ottenere un’ iniziale stenosi residua inferiore del 30%, lo scaffold doveva coprire l’ estremità distale e prossimale della stenosi di almeno 2 mm, con una lunghezza massima permessa di 170 mm. Il successo procedurale immediato è stato definito come una stenosi residua a fine procedura inferiore al 30% del diametro del vaso, un numero finale di collaterali uguale o superiori a quelli pre-procedura e l’assenza di complicanze (dissezione, embolizzazione distale, perforazione e trombosi). Tutti i pazienti venivano trattati prima della procedura con una duplice terapia antiaggregante con aspirina ed inibitore del recettore P2Y12, che veniva proseguita per almeno 12 mesi nel gruppo scaffold riassorbibile e per solo un mese nel gruppo angioplastica. Al termine del periodo di duplice terapia  tutti i pazienti proseguivano indefinitamente con un singolo antiaggregante. I follow-up sono stati eseguiti a 30 giorni, 3, 6 e 12 mesi.

L’endpoint primario di efficacia dello studio è stata la sopravvivenza libera dai seguenti eventi ad un anno: amputazioni al di sopra del ginocchio nell’arto target, occlusione totale del vaso target, rivascolarizzazione clinicamente guidata della lesione target, restenosi della lesione target. Le restenosi sono state valutate all’angiografia come la presenza di una stenosi > 50% oppure con il doppler degli arti inferiori, come la presenza di un rapporto di velocità di picco sistolico> 2. L’endpoint primario di sicurezza è stato la libertà da eventi avversi maggiori dell’arto (MALE) a 6 mesi e dalla morte periprocedurale (entro trenta giorni dalla procedura). I MALE hanno incluso le amputazioni al di sopra del ginocchio nell’arto target e i reinterventi maggiori (bypass, trombolisi e trombectomia).

La popolazione finale dello studio ha compreso 261 pazienti, 173 (per un totale di 179 lesioni) trattati con lo scaffold riassorbibile a rilascio di everolimus e 88 pazienti (per un totale di 92 lesioni) trattati con angioplastica. L’età media della popolazione è stata di 72 anni, con il 32% di pazienti di sesso femminile. Il 52% dei soggetti ha presentato una malattia al IV stadio secondo classificazione di Rutherford-Becker, mentre il restante 48% una malattia al V stadio secondo la medesima classificazione. La lunghezza media delle lesioni è stata di 43 mm nel gruppo scaffold e di 44 mm nel gruppo angioplastica. L’immediato successo procedurale si è ottenuto nel 91% dei pazienti trattati con il dispositivo a rilascio di everolimus e solo nel 70% dei pazienti trattati con angioplastica e di questi 5 pazienti sono stati sottoposti all’impianto di uno stent in bailout.

Ad un anno il follow-up è stato disponibile in soli 231 pazienti (88% del gruppo scaffold ed 89% del gruppo angioplastica), con una durata media del periodo di osservazione di 390 giorni. Per l’endpoint primario di efficacia (sopravvivenza libera da eventi), le curve di Kaplan Meier hanno mostrato una prevalenza del 74% nel gruppo scaffold riassorbibile e del 44% nel gruppo angioplastica (P< 0.001 per la superiorità). I risultati della libertà da nuove procedure legate alla restenosi (76% vs 50%) o alle nuove procedure di rivascolarizzazione della lesione target clinicamente guidata (93% vs 87%) sono andate nella stessa direzione di quella dell’endpoint primario. L’endpoint primario di sicurezza (libertà dai MALE a sei mesi e dalla morte a 30 giorni) si è osservato in 165/170 pazienti del gruppo scaffold ed in tutti i pazienti del gruppo angioplastica (P< 0.001 per la non inferiorità). Ad un anno quattro pazienti del gruppo scaffold sono andati incontro ad un’ amputazione al di sopra del ginocchio, tuttavia in 3 di questi pazienti lo scaffold è risultato pervio; nel quarto paziente il doppler degli arti inferiori ha documentato un’ occlusione del dispositivo che è poi risultato pervio al controllo angiografico. La guarigione delle lesioni cutanee si è osservata ad un anno nel 45% dei pazienti del gruppo scaffold e nel 56% dei pazienti del gruppo angioplastica, con un tempo medio alla guarigione rispettivamente di 196 e di 187 giorni. Eventi avversi seri legati alla procedura si sono verificati nel 2% dei pazienti trattati con il dispositivo all’everolimus e nel 3% dei soggetti trattati con angioplastica.

Gli autori hanno quindi concluso che nei pazienti con CLTI e vasculopatia arteriosa infrapoplitea l’impiego degli scaffold riassorbibili si associa, rispetto all’angioplastica, ad un outcome migliore con una riduzione delle amputazioni, delle occlusioni, delle rivascolarizzazioni clinicamente guidate e delle restenosi del vaso target. In merito alla sicurezza l’impiego di questo tipo di dispositivo è risultato non inferiore a quello del solo palloncino. Sicuramente si deve riconoscere agli autori del trial l’originalità dello studio, in quanto è la prima volta che questo tipo di dispositivo viene impiegato per il trattamento della arteriopatia degli arti inferiori, una patologia che presenta delle caratteristiche peculiari che la rendono particolarmente “challenging” anche per i trattamenti più tradizionali. Lo studio ovviamente presenta alcune limitazioni, innanzitutto la numerosità del campione che risulta essere troppo esigua per poter giungere a conclusioni definitive riguardo il ruolo che tale dispositivo possa effettivamente giocare in tale setting.

Bibliografia di riferimento:

  1. Mustapha JA, Katzen BT, Neville RF, et al. Determinants of long-term outcomes and costs in the management of critical limb ischemia: a population-based cohort study. J Am Heart Assoc 2018;7: e009724
  2. Farber A, Menard MT, Conte MS, et al. Surgery or endovascular therapy for chronic limb-threatening ischemia. N Engl J Med 2022;387:2305-16
  3. Bradbury AW, Moakes CA, Popplewell M, et al. A vein bypass first versus a best endovascular treatment first revascularisation strategy for patients with chronic limb threatening ischaemia who required an infra-popliteal, with or without an additional more proximal infra-inguinal revascularisation procedure to restore limb perfusion (BASIL-2): an open-label, randomised, multicentre, phase 3 trial. Lancet 2023;401:1798-809
  4. Varcoe RL, DeRubertis BG, Kolluri R, Krishnan P, Metzger DC, Bonaca MP, Shishehbor MH, Holden AH, Bajakian DR, Garcia LA, Kum SWC, Rundback J, Armstrong E, Lee JK, Khatib Y, Weinberg I, Garcia-Garcia HM, Ruster K, Teraphongphom NT, Zheng Y, Wang J, Jones-McMeans JM, Parikh SA; LIFE-BTK Investigators. Drug-Eluting Resorbable Scaffold versus Angioplasty for Infrapopliteal Artery Disease.N Engl J Med. 2024 Jan 4;390:9-19.