Gli inibitori di SGLT2 e lo scompenso cardiaco
di Antonella Labellarte
25 Aprile 2021

Durante la terribile pandemia Covid-19 corriamo il rischio di perdere di vista il dato che il diabete è già di fatto una malattia pandemica. Si stima infatti che questa malattia abbia causato più di 1.3 milioni di morti nel 2016, un carico paragonabile a quello della polmonite da Sars Co V2. La premessa è d’obbligo ed è purtroppo nota: l’incidenza e la prevalenza del diabete mellito di tipo 2 sono in costante crescita in tutto il mondo, si stima che nel 2035 avremo più di 600 milioni di pazienti diabetici, e le malattie cardiovascolari rappresentano la maggior causa di morte in questi pazienti. In questo quadro si colloca la costante ricerca di nuove armi per migliorare il trattamento di questa malattia e prevenirne le temibili complicanze.
A partire dal 2008 su impulso dell’ente regolatorio statunitense FDA sono stati condotti numerosi studi sui nuovi farmaci antidiabetici ed i loro effetti sulle complicanze cardiovascolari. L’impulso a tale filone di ricerca, come spesso accade in medicina, fu dato dal riscontro di alcuni effetti cardiovascolari indesiderati – scompenso cardiaco ed altri – di uno tra questi farmaci, il rosiglitazone. Grazie a questi studi oggi, invece, ci troviamo di contro a parlare degli effetti favorevoli di una classe di farmaci inibitori del co-trasporto sodio-glucosio nel tubulo prossimale renale – gli inibitori della SGLT2.
Gli inibitori della SGLT2 aumentano l’escrezione urinaria di glucosio. Circa il 90 % del glucosio filtrato giornalmente (circa 180 grammi) viene riassorbito nel primo tratto del tubulo prossimale grazie alla presenza di recettori SGLT-2, il 10% nel tratto più distale dello stesso tubulo grazie ai recettori SGLT-1 (presenti anche a livello intestinale). Gli inibitori SGLT-2 agendo sui recettori del tubulo riducono l’assorbimento di glucosio e ne aumentano l’eliminazione attraverso le urine, e senza entrare nei dettagli, inducono un calo ponderale, hanno dimostrato di ridurre i valori di pressione arteriosa, a livello miocardico potrebbero migliorare l’efficienza energetica attraverso l’utilizzo dei corpi chetonici.

Le evidenze sui benefici cardiovascolari degli inibitori della SGLT2 continuano ad accumularsi al punto che in un recente editoriale del New England Journal of Medicine si parla addirittura di “embarrassment of riches”, imbarazzo nella scelta. Nel 2019 nel DAPA HF trial, randomizzato, controllato, è stata studiata la dapaglifozina (10 mg die) versus placebo in aggiunta alla terapia raccomandata, in una popolazione di pazienti (4744) classe NYHA II, III, o IV e una FE pari o inferiore al 40%. L’outcome primario era il rischio composito di peggioramento dello scompenso (causa di ospedalizzazione o visita con somministrazione urgente di farmaci per via endovenosa) e morte cardiovascolare. Ebbene il rischio di peggioramento dello scompenso e morte cardiovascolare è risultato ridotto in coloro che assumevano dapaglifozina rispetto al placebo indipendentemente dalla presenza di diabete. E questo dato ha confermato precedenti evidenze sul fatto che i benefici cardiovascolari degli inibitori SGLT2 siano mediati da un meccanismo glucosio indipendente.
L’EMPEROR – Reduced trial condotto con empaglifozina ha largamente (25% di riduzione del rischio composito di morte cv e ospedalizzazione per scompenso) confermato i benefici osservati nel DAPA HF.
La sotaglifozina è il nuovo protagonista di due trials il SOLOIST –WHF (1122 pazienti) e lo SCORED (10.584 pazienti) entrambi pubblicati quest’anno sul New England Journal of Medicine. In questo caso si tratta di un’altra molecola che inibisce anche i recettori SGLT1. Entrambi i trials, sospesi in anticipo per mancanza di fondi da parte dello sponsor, hanno mostrato un effetto protettivo sul rischio di morte cardiovascolare e sul peggioramento dello scompenso.
Si tratta di farmaci molto interessanti che i cardiologi debbono progressivamente imparare a conoscere per poter migliorare il trattamento dello scompenso cardiaco che già ad oggi richiede una cospicua e complessa politerapia.

Fonti:
More Evidence for SGLT2 Inhibitors in Heart Failure John A. Jarcho, M.D. N Engl J Med 2020; 383:1481-1482 DOI: 10.1056/NEJMe2027915 Cardiovascular and Renal Outcomes with Empagliflozin in Heart Failure Milton Packer, M.D., et al., for the EMPEROR-Reduced Trial Investigators* N Engl J Med 2020; 383:1413-1424 DOI: 10.1056/NEJMoa2022190

Dapagliflozin in Patients with Heart Failure and Reduced Ejection Fraction. John J.V. McMurray, M.D., et al.,  for the DAPA-HF Trial Committees and Investigators* N Engl J Med 2019; 381:1995-2008 DOI: 10.1056/NEJMoa1911303

Sotagliflozin in Patients with Diabetes and Recent Worsening Heart Failure. Deepak L. Bhatt, M.D., M.P.H., et al., for the SOLOIST-WHF Trial Investigators* N Engl J Med 2021; 384:117-128 DOI: 10.1056/NEJMoa2030183 Sotagliflozin in Patients with Diabetes and Chronic Kidney Disease List of authors. Deepak L. Bhatt, M.D., M.P.H., et al., for the SCORED Investigators*. N Engl J Med 2021; 384:129-139 DOI: 10.1056/NEJMoa2030186

 

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma