Gestione multidisciplinare del parto di una donna incinta con blocco atrioventricolare congenito
di Francesca Parisi
30 Luglio 2021

L’incidenza del blocco atrioventricolare (BAV) congenito è pari a 1 ogni 15.000 – 20.000 nati1. Quando viene diagnostico in una donna incinta, il BAV congenito si rivela una sfida per i Ginecologi e richiede un approccio multidisciplinare, con il coinvolgimento di Cardiologi ed Anestesisti.

Nel nostro caso clinico, una donna incinta di 40 anni si è sottoposta ad i controlli cardiologici di routine preparto. Circa 8 anni prima, un ECG, richiesto per un certificato per attività sportiva, aveva mostrato un blocco atrioventricolare 2:1, verosimilmente congenito. Lo studio elettrofisiologico aveva evidenziato un blocco atrioventricolare a sede nodale con un adeguato incremento della frequenza cardiaca dopo infusione di atropina. Pertanto, valutata la completa asintomaticità della paziente, era stato raccomandato solo un follow-up cardiologico. La paziente, inoltre, era stata informata che sarebbe stato necessario un counseling preconcezionale per la valutazione del rischio cardiovascolare.

Circa 8 anni dopo, è stato eseguito un ECG alla 38° settimana di gravidanza. La paziente aveva dimenticato di sottoporsi al counseling preconcezionale per la valutazione del rischio. All’esame obiettivo, a parte lo stato gravidico e la bassa frequenza cardiaca, non è stato rilevato nulla di anomalo. La paziente risultava completamente asintomatica a riposo e senza segni di compromissione emodinamica. Negli ultimi 2 anni, la paziente aveva accusato una lieve dispnea da sforzo (salendo le scale). Eseguito l’ECG, questo ha mostrato un blocco atrioventricolare completo con ritmo di scappamento giunzionale ad una frequenza di 35 bpm. È stato dunque eseguito un ECG secondo Holter delle 24 ore che ha evidenziato un blocco atrioventricolare completo costante con incompetenza cronotropa (FR media 39 bpm, FR minima 30 bpm, FR massima 55 bpm). L’ecocardiogramma transtoracico ha mostrato un cuore strutturalmente sano, in assenza di segni suggestivi di cardiomiopatie o valvulopatie. La paziente non era affetta da patologie autoimmuni. In particolare, i test anticorpali anti-Ro (SSA) e anti- La (SSB) erano negativi. Inoltre, è stato effettuato uno screening per i disturbi aritmici nel feto, risultati negativi. Il nostro approccio ha previsto un approccio multidisciplinare con un team di cardiologi interventisti, ginecologi, neonatologi e anestesisti.

Il rischio di dover eseguire un impianto di pacemaker definitivo è generalmente basso nel corso della gravidanza, specialmente se è stata già compiuta l’ottava settimana di gestazione2.

Tuttavia, considerando l’età gestazionale avanzata (38° settimana), in accordo con la paziente, è stato pianificato l’impianto dopo il parto.

E’ stato programmato un parto cesareo per ridurre le incognite relative al parto naturale e permettere così la presenza attiva di tutti gli Specialisti. E’ stata somministrata una bassa dose di anestesia epidurale. Previo posizionamento di  un accesso venoso giugulare destro con guida ecografica è stato posizionato un catetere stearable 5 F atrio destro (Fig. 1).

Fig. 1. Accesso venoso giugulare con un catetere orientabile 5F posizionato in atrio destro.

In questo modo, è stata ridotta l’eventuale complicanza di perforazione dovuta al posizionamento del catetere in ventricolo destro ma in caso di bradicardia improvvisa, sarebbe stato possibile far passare il catetere rapidamente attraverso la valvola tricuspide per stimolare così il ventricolo destro. Durante l’intero parto cesareo non ci sono verificate complicanze emodinamiche, con una FR costante a 35 bpm (Fig.2).

Fig. 2. (a) Blocco atrioventricolare di III grado durante parto cesareo.
            (b) ECG dopo l’impianto di pacemaker.

Il neonato ha presentato un APGAR score nella norma. La madre è stata sottoposta a monitoraggio ECGrafico per i successivi 4 giorni in terapia intensiva. In quinta giornata postoperatoria, è stato impiantato un pacemaker bicamerale (Endurity MRI 2272, Abbott, Chicago, Illinois, USA) in modalità DDD (50/160 bpm). La paziente è stata dimessa in buono stato di salute tre giorni dopo. Non si sono verificate complicanze nel corso del follow-up.

Solitamente, la prognosi del BAV congenito è favorevole negli adulti. L’impianto del pacemaker è indicato solo in presenza di sintomi3.Infatti, ci sono molte evidenze riguardo ai potenziali effetti avversi del pacing cronico del ventricolo destro, dovuto alla dissincronia iatrogena e allo slargamento del QRS. Gli effetti sfavorevoli del pacing cronico del ventricolo destro includono l’insorgenza di scompenso cardiaco, il rimodellamento del ventricolo sinistro e l’insufficienza mitralica funzionale4. Tuttavia, a lungo termine, il BAV congenito è una patologia potenzialmente pericolosa con significative comorbidità. Come riportato in un ampio studio prospettico di Michaelsson et al.3 sussiste il pericolo di episodi sincopali e morte improvvisa a qualsiasi età, anche in assenza di segni prognostici.

Il 30% dei BAV congeniti rimane non diagnosticato sino all’età adulta, e può presentarsi la prima volta nel corso della gravidanza1. Le recenti linee guida dell’European Society of Cardiology affermano che il blocco completo isolato congenito ha un outcome favorevole durante la gravidanza, specialmente in presenza di ritmo di scappamento a QRS stretto5.Ci sono tuttavia opinioni differenti riguardo la necessità di un pacemaker temporaneo nel corso della gravidanza6. Alcuni autori ritengono che non sia necessario eseguire l’impianto di pacemaker routinariamente nelle pazienti con blocco atrioventricolare durante il parto, optando per una gestione con solo i presidi disponibili in emergenza per il pacing7. Il pacing temporaneo durante il parto dovrebbe essere riservato solo a pazienti selezionate con blocco AV completo e sintomi, con rischio di bradicardia e sincope8. Da una revisione della letteratura, l’approccio femorale è stato usato per tutti i casi di posizionamento di pacing temporaneo. Inoltre, secondo le linee guida dell’ESC il parto vaginale non comporta rischi aggiuntivi per la madre con blocco completo congenito, a meno che non sia controindicato per motivi ostetrici.

Noi riteniamo che le attuali linee guida non affrontino realisticamente la difficoltà del management di una paziente di questo tipo. Sebbene il pacing ventricolare possa non essere utile, dovrebbe comunque essere prontamente disponibile e questo si può realizzare difficilmente in una sala operatoria per parto vaginale, anche in ospedali di terzo livello. Infatti, il parto vaginale essendo un evento imprevedibile, non permette l’organizzazione in un setting adeguato (per esempio una sala parto con fluoroscopia). Inoltre, in caso di bradicardia sintomatica, sebbene il pacing esterno possa essere considerato un valido intervento bridge, il pacing transvenoso dovrebbe essere eseguito il prima possibile.

Per questi motivi, secondo noi, si dovrebbe ottenere un adeguato accesso venoso prima del parto, così da poter posizionare più rapidamente il catetere in ventricolo. L’accesso giugulare, meglio di quello femorale, garantisce una minima esposizione del feto alla radiografia. Inoltre, l’accesso giugulare ha rischi più bassi di pneumotorace a paragone con quello succlavio. Il catetere può rimanere in atrio destro durante il parto cesareo: in questo modo, il rischio di perforazione del ventricolo destro viene eliminato ed in caso di bradicardia improvvisa, il catetere può rapidamente passare attraverso la valvola tricuspide e stimolare così il ventricolo destro.

Dal punto di vista anestesiologico l’anestesia spinale con blocco del simpatico spesso provoca bradicardia, che potrebbe rivelarsi devastante in pazienti con BAV congenito. Per questo motivo, la maggior parte degli autori raccomandano un maggiore impiego dell’anestesia epidurale o di basse dosi combinate di anestesia spinale ed epidurale per qualsiasi parto strumentale o cesareo9,10.

Un adeguato counseling preconcezionale per la valutazione del rischio deve essere indicato in tutte le donne con patologie cardiache. Il BAV congenito in una donna incinta è una sfida che richiede capacità specialistiche e logistiche. Le evidenze disponibili in letteratura riguardano quasi esclusivamente pazienti con valvulopatie o cardiopatie congenite. Sono stati riportati solo pochi casi di pazienti in gravidanza con isolato BAV congenito. E’ necessario un approccio multidisciplinare con il coinvolgimento di Ginecologi, Neonatologi, Cardiologi e Anestesisti. Sebbene possa non essere utile, il pacing temporaneo dovrebbe essere prontamente disponibile. Il nostro approccio, con l’accesso venoso giugulare in sala parto, garantisce la possibilità di un pacing di backup rapido con basso rischio.

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