FUMO AUSTRALIANO E… CAMILLERI
di Eligio Piccolo
09 Aprile 2020

Ho ricordi così curiosi e personali sul fumo da poterli legare storicamente ai grandi avvenimenti bellici del ‘900 e alle contemporanee vicende prescientifiche, di quando il tabagismo era censurato solo per lo spreco di denaro e non di salute. Ricordi che oggi ancora mi meravigliano per come a quei tempi si argomentasse in modo tanto diverso sia tra i medici che fra la gente comune, al bar e nei salotti. Un vero anacronismo scientifico se penso, non tanto ai racconti di mio padre che al fronte carsico nella Grande Guerra iniziò a fumare e conobbe i prigionieri ungheresi, noti per essere più fumatori degli emblematici turchi; quanto ai miei di quasi 30 anni dopo, alla fine del secondo conflitto mondiale, quando vidi sfilare le camionette Alleate, compresi gli australiani dal caratteristico cappello a larghe tese. Quasi tutti fumatori di quelle sigarette lunghe e bionde, che per noi già dall’aroma simboleggiavano la fine di un’autarchia. Tutto ciò naturalmente molti anni prima che comparissero anche sui loro pacchetti il “Warning – smoking is a health hazard”, l’allarme per la nostra salute. Che arriverà solo alla fine del secolo dopo che numerose indagini epidemiologiche faticheranno a convincere pazienti e medici della deleteria dipendenza dalla nicotina, ma di più a controbattere la spiazzante argomentazione di chi con il sorrisetto ironico ostentava il racconto del nonno, fedele al sigaro toscano fin dopo i novanta.

Ho citato gli australiani poiché l’“hazard” causato dal fumo in quel popolo a noi lontano, ma con le stesse abitudini dei progenitori anglosassoni e nostre, è stato recentemente aggiornato e pubblicato su BMC Medicine 2019 dal gruppo di Emily Banks dell’Australian National University su quasi 190.000 soggetti, fumatori e non fumatori, di età superiore ai 45 anni e che alla data del reclutamento non avessero malattie cardiovascolari o tumori maligni. Dopo un periodo di osservazione di oltre sette anni sono stati rivalutati i vivi e gli “assenti”, i malati e i sani, sia fra coloro che avevano mantenuto l’astinenza al fumo sia fra i renitenti, e perfino in chi lo aveva sospeso. I risultati hanno chiaramente e statisticamente dimostrato quanto già si sapeva, ma con dati più precisi, secondo i quali i fumatori triplicavano il rischio di chiudere prima la vita a causa di malattie cardiovascolari e subivano un rischio doppio di ammalare di infarto, di ictus o di insufficienza cardiaca, rispetto a coloro che non avevano mai fumato. E ancora che queste stesse malattie si riducevano di molto dopo la sospensione del fumo nei convertiti.
Significativa è stata la constatazione in quello studio australiano che l’arteriopatia delle gambe, quella che inizia con la spiacevole necessità di interrompere la marcia per i crampi ai polpacci e che può aggravarsi fino all’amputazione, aumentava il suo rischio di ben cinque volte nei fumatori. Storicamente è interessante ricordare a questo proposito che la causa di questa malattia, detta “delle vetrine” perché il paziente, pudico della sua menomazione, si fermava dando l’impressione di essere interessato alla mercanzia esposta nei negozi, era stata individuata cento anni fa, prima delle più precise denunce scientifiche, quando si constatò che solo i maschi se ne ammalavano, perché solo loro fumavano. Purtroppo quell’osservazione rimase solo un sospetto, che prese più volentieri la strada di una patologia legata al sesso e non quella della fisiopatologia, quasi sempre la stessa nell’uomo e nella donna. Evidentemente il maschilismo anche in medicina resisteva all’evidenza scientifica e, corteggiato dal piacere e dal business, riaffiorava spesso e volentieri a sproposito.
Ritornando allo studio australiano il cardiologo, oltre a ritrovarvi la conferma delle sue conoscenze sui danni del tabagismo, peraltro con numeri più precisi e incontestabili, è rimasto sorpreso di un reperto, noto ma mai sottolineato, quello della frequente comparsa di aritmie nei fumatori. Non solo quelle meno pericolose come la fibrillazione e il flutter atriali, ma anche le ventricolari, le responsabili della morte improvvisa, che attualmente vengono sempre più rincorse con i defibrillatori, i farmaci preventivi e il ricovero urgente.

Non che prima fossero sconosciute e trascurate, ci mancherebbe, le stesse cardiopatie facilitate dal fumo possono costituirne la causa; ma il medico pone in genere più attenzione alle lesioni anatomiche degli infarti o delle miocarditi che a quelle recondite e invisibili delle aritmie maligne. Averle messe in evidenza come soggetto anziché quale complemento degli sconvolgimenti creati da quelle malattie, ci porta a considerare il ruolo e l’importanza dell’aritmia ventricolare di per sé, capace di chiudere la vita, sia nelle patologie gravi che in loro assenza. Oppure la formazione di una piccola cicatrice nascosta nel muscolo del cuore di certi atleti caduti sul campo, spesso impossibile da diagnosticare in vita, come è successo in alcuni casi italiani studiati a Padova.
Recentemente i media ci hanno informato che il “padre” di Montalbano, lo scrittore Andrea Camilleri, ha subito un arresto cardiaco, certamente aritmico, a conseguenza del quale non si è più ripreso. Aveva certamente molti dei presupposti per una cardiopatia avanzata: l’età, il fumo, l’obesità e chissà quali altri asterischi negli esami del sangue. Tuttavia, in assenza di riscontri, talvolta difficili da ottenere anche con le risonanze magnetiche e l’autopsia, la certezza scientifica del suo arresto di cuore può naufragare in quell’imponderabile che si inserisce nelle molteplici azioni della nicotina, ancora non perfettamente conosciute. Le quali, come in certe misteriose trame dei suoi gialli, questa volta hanno lasciato il suo Montalbano con il dubbio di come la mitica Atropo abbia tagliato il filo della vita del fantasioso e affascinante narratore siculo. Diceva il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein: “noi sentiamo che, anche una volta risolte tutte le questioni scientifiche, i nostri problemi più importanti non sarebbero minimamente sfiorati.”

Eligio Piccolo
Cardiologo