Follow-up a lungo termine della CRT-D: i risultati dello studio RAFT
di Vittoria Rizzello - Mauro Gori
30 Gennaio 2024

Recentemente su NEJM sono stati pubblicati (1) i risultati del follow-up a 14 anni del Resynchronization-Defibrillation for Ambulatory Heart Failure Trial (RAFT).

La prima pubblicazione del trial (2), nel 2010, aveva dimostrato che la mortalità totale a 5 anni era ridotta del 25% nei pazienti trattati con resincronizzazione associata al defibrillatore (CRT-D) rispetto a quelli trattati con solo defibrillatore (ICD).

La popolazione randomizzata ai 2 trattamenti era rappresentata da pazienti con scompenso cardiaco (SC)  e frazione di eiezione (FE) < 30%, in classe NYHA II-III, con QRS >120 msec (o >200 msec se stimolato da pace-maker).

Dei 1798 pazienti arruolati nello studio, 1050 (ovvero i pazienti seguiti negli 8 centri a più alto tasso di arruolamento nel trial) sono stati inclusi nel trial di  sopravvivenza a lungo termine. Il follow-up mediano è stato di 7.7 anni (range 3.9-12.8 anni) per tutti i pazienti e di 13.9 anni (range 12.8-15.7 anni) per quelli che sono sopravvissuti. L’end-point primario è stato la mortalità totale, mentre l’end-point secondario è stato un composito di mortalità totale, trapianto cardiaco e impianto di device di assistenza ventricolare.  Il 76.4% dei pazienti nel gruppo ICD e il 71.2% dei pazienti nel gruppo CRT-D sono morti durante il follow-up. L’intervallo temporale tra il trattamento e l’evento morte è stato significativamente più lungo nei pazienti del gruppo CRT-D rispetto al gruppo ICD (P=0.002). Analogamente anche l’end-point composito (verificatosi nel 77.7% e nel 75.4% dei pazienti, rispettivamente) si è presentato più tardivamente nel gruppo CRT-D.

I risultati di questo trial sono particolarmente interessanti e meritano delle considerazioni che affronterò con il dottor Mauro Gori, della Cardiologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Rizzello: Mauro, qual è il maggior punto di forza di questo lavoro?

Gori: Sicuramente la lunghezza del follow-up è un punto di merito dello studio. Infatti, gli altri trial che hanno decretato il successo della CRT avevano follow-up (7 anni nel MADIT-CRT e 4.5 anni nel CARE-HF) di durata inferiore (3-4). Avere un risultato positivo della CRT su un così ampio range temporale aumenta ulteriormente l’importanza di questa strategia terapeutica per la gestione dei pazienti con SC a FE ridotta ed è pertanto di grande valore da un punto di vista clinico.

Rizzello: Lo studio di Sapp JL e coll riporta una mortalità totale durante il follow-up di 14 anni >70% circa. Potremmo definire questo dato scoraggiante?

Gori: Nonostante i progressi compiuti nella terapia dello SC, questa patologia ha una prognosi ancora infausta a lungo termine. Chiaramente in uno studio con un follow-up molto lungo, molte possono essere le condizioni cliniche peggiorative che possono intervenire ed impattare sulla prognosi, compresa l’evoluzione naturale dello SC e le comorbidità. Pertanto, questo dato rappresenta una conferma che lo SC è ancora una malattia grave da affrontare con tutte le armi a nostra disposizione, farmacologiche e non. 

Rizzello: Il 20% dei pazienti inclusi nello studio erano pazienti senza BBS,  con QRS non particolarmente allungati (tra 120 e 130 msec) e/o con fibrillazione atriale. Il beneficio prognostico era evidente nonostante la presenza di questi pazienti che in genere sono esclusi da questa terapia. Possiamo quindi, sulla base di questi risultati, pensare di estendere l’indicazione alla resincronizzazione anche al di fuori dei criteri ECG di eleggibilità?

Gori: Un’importante meta-analisi di 5 grandi trial (5) ha documentato che la durata del QRS è il più potente predittore di successo della CRT e sulla base di ciò le linee guida internazionali attribuiscono una raccomandazione forte alla CRT in presenza di QRS >150 msec (Classe IA in presenza di BBS e IIa in assenza di BBS). Alla luce della numerosità limitata dei pazienti inclusi nel follow-up a lungo termine del trial RAFT, dobbiamo senza dubbio continuare ad attenerci alle indicazioni delle linee-guida. Piuttosto, dovremmo leggere lo studio di Sapp JL e coll come uno stimolo ulteriore a garantire a tutti i pazienti con SC a FE ridotta e QRS >150 msec un’adeguata terapia di resincronizzazione. Infatti, purtroppo, nel mondo reale la CRT è ancora sotto-utilizzata (6).

Rizzello: I dati sulla CRT di cui disponiamo sono stati ottenuti in epoche in cui gli inibitori del recettore dell’angiotensina e della neprilisina (ARNI) e  le gliflozine non erano ancora utilizzati.  Come credi che l’implementazione precoce di questi farmaci possa impattare sull’utilizzo della CRT-D?

Gori: L’utilizzo di ARNI si associa ad un miglioramento della FE del ventricolo sinistro e anche le gliflozine impattano positivamente sul rimodellamento del ventricolo sinistro. Ciò può implicare una diminuzione della necessità di impiantare una CRT nei pazienti in cui la FE migliori al di sopra del 35%. Pertanto, l’implementazione precoce di ARNI e gliflozine deve essere fortemente sostenuta nella pratica clinica quotidiana. E’ però da rimarcare il fatto che i pazienti con cardiomiopatia e BBS hanno minor probabilità di recupero con la terapia farmacologica (7)

Rizzello: Mauro, quali sono i maggiori limiti di questo studio?

Gori: Innanzitutto, il fatto che non è condotto sull’intera popolazione arruolata nel trial originale, ma solo su quelli arruolati negli 8 centri più attivi. Inoltre, la percentuale di donne è molto bassa (<20%) e, come è noto, le donne rispondono molto meglio alla terapia di resincronizzazione. Infine, durante il lungo follow-up, non sono stati riportati e analizzati i dati di cross-over (da ICD a CRT-D). Nonostante, questi limiti, lo studio RAFT long-term aggiunge evidenze clinicamente rilevanti sull’utilizzo della CRT-D.

References

  1. Tang AS, Wells GA, Talajic M, Arnold MO, Sheldon R, Connolly S, Hohnloser SH, Nichol G, Birnie DH, Sapp JL, Yee R, Healey JS, Rouleau JL; Resynchronization-Defibrillation for Ambulatory Heart Failure Trial Investigators. Cardiac-resynchronization therapy for mild-to-moderate heart failure. N Engl J Med. 2010;363:2385-95
  2. Sapp JL, Sivakumaran S, Redpath CJ, Khan H, Parkash R, Exner DV, Healey JS, Thibault B, Sterns LD, Lam NHN, Manlucu J, Mokhtar A, Sumner G, McKinlay S, Kimber S, Mondesert B, Talajic M, Rouleau J, McCarron CE, Wells G, Tang ASL; RAFT Long-Term Study Team. Long-Term Outcomes of Resynchronization-Defibrillation for Heart Failure. N Engl J Med. 2024;390:212-220. 
  3. Goldenberg I, Kutyifa V, Klein HU, Cannom DS, Brown MW, Dan A, Daubert JP, Estes NA 3rd, Foster E, Greenberg H, Kautzner J, Klempfner R, Kuniss M, Merkely B, Pfeffer MA, Quesada A, Viskin S, McNitt S, Polonsky B, Ghanem A, Solomon SD, Wilber D, Zareba W, Moss AJ. Survival with cardiac-resynchronization therapy in mild heart failure. N Engl J Med. 2014;370:1694-701. 
  4. Cleland JG, Freemantle N, Erdmann E, Gras D, Kappenberger L, Tavazzi L, Daubert JC. Long-term mortality with cardiac resynchronization therapy in the Cardiac Resynchronization-Heart Failure (CARE-HF) trial. Eur J Heart Fail. 2012;14:628-34.
  5. Cleland JG, Abraham WT, Linde C, Gold MR, Young JB, Claude Daubert J, Sherfesee L, Wells GA, Tang AS. An individual patient meta-analysis of five randomized trials assessing the effects of cardiac resynchronization therapy on morbidity and mortality in patients with symptomatic heart failure. Eur Heart J. 2013;34:3547-56
  6. Dickstein K, Normand C, Auricchio A, Bogale N, Cleland JG, Gitt AK, Stellbrink C, Anker SD, Filippatos G, Gasparini M, Hindricks G, Blomström Lundqvist C, Ponikowski P, Ruschitzka F, Botto GL, Bulava A, Duray G, Israel C, Leclercq C, Margitfalvi P, Cano Ó, Plummer C, Sarigul NU, Sterlinski M, Linde C. CRT Survey II: a European Society of Cardiology survey of cardiac resynchronisation therapy in 11 088 patients-who is doing what to whom and how? Eur J Heart Fail. 2018;20:1039-1051.
  7. Sze E, Samad Z, Dunning A, et al. Cardiomyopathy patients with left bundle branch block exhibit significantly less ventricular functional recovery on medical therapy. J Am Coll Cardiol 2018;71:306-317.