Per decenni la terapia dello scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata (HFpEF) si è limitata al trattamento delle comorbidità e dei sintomi, principalmente con l’utilizzo di diuretici. Solo recentemente si è arrivati ad avere una classe di farmaci – gli SGLT2i – approvata per ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco; questi farmaci, nati inizialmente come ipoglicemizzanti, hanno dimostrato una significativa efficacia lungo un ampio spettro di patologie, tra cui la malattia renale cronica (CKD) e -appunto- l’HFpEF.
Un primo tentativo di testare l’efficacia di un antagonista dei recettori dell’aldosterone (MRA) nello scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata o lievemente ridotta era stato effettuato con spironolattone nel 2014 con lo studio TOPCAT1, che non aveva tuttavia raggiunto l’endpoint primario, prevalentemente per problematiche legate alla conduzione dello studio stesso, offrendo però degli importanti spunti sul possibile utilizzo di questa classe di farmaci in alcuni sottogruppi di pazienti. Più recentemente, il finerenone -un nuovo antagonista selettivo non steroideo del recettore dei mineralcorticoidi- ha dimostrato, negli studi FIGARO-DKD e FIDELIO-DKD, significativi benefici cardiovascolari e renali, riducendo in pazienti con CKD e diabete di tipo 2 un ampio spettro di eventi, tra cui il declino del filtrato glomerulare, malattia renale terminale, la mortalità per cause cardiovascolari e le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (HF)2.
Con queste premesse è stato condotto uno studio, il FINEARTS-HF (Finerenone Trial to Investigate Efficacy and Safety Superior to Placebo in Patients with Heart Failure), che ha testato il finerenone in pazienti affetti da scompenso cardiaco a frazione d’ezione lievemente ridotta o preservata (FE≥40%)3.
Il FINEARTS-HF ha arruolato oltre 6.000 pazienti (età media 72 anni; 46% donne) sintomatici e con elevati valori di peptidi natriuretici, inclusa una popolazione ad alto rischio arruolata durante o poco dopo un’ospedalizzazione per scompenso cardiaco; inoltre, contrariamente a FIGARO-DKD e FIDELIO-DKD, questo trial ha valutato anche pazienti non diabetici e con funzione renale ampiamente eterogena. I pazienti sono stati randomizzati a finerenone, titolato fino a un massimo di 40 mg al giorno, o a placebo.
I criteri di inclusione per FINEARTS-HF erano simili a diversi studi recenti condotti nello stesso tipo di popolazione con HFpEF/HFmrEF; tuttavia, il profilo clinico complessivo dei partecipanti al FINEARTS-HF era relativamente a rischio più elevato. Infatti, il 54% di tutti i partecipanti alFINEARTS-HF presentava almeno un evento (come visite o ospedalizzazioni) correlato all’HF entro 3 mesi dall’arruolamento nel trial.
Inoltre, i partecipanti a questo studio erano più comunemente trattati con le terapie al momento odierno disponibili per lo scompenso cardiaco, in particolare gli SGLT2i; seppur modesta, l’implementazione degli SGLT2i e degli ARNi è la più alta tra quella riportata negli attuali trial.
I risultati del FINEARTS-HF sono stati recentemente presentati al Congresso 2024 della European Society of Cardiology a Londra e contemporaneamente editi a stampa.
Per l’endpoint composito primario, costituito da morte per cause cardiovascolari ed eventi iniziali o ricorrenti correlati a HF, si sono verificati nel gruppo finerenone 14,9 eventi vs. 17,7 eventi nel gruppo placebo ogni 100 pazienti/anno, (rapporto di frequenza 0,84; 95% CI, 0,74 – 0,95; P = 0,007), prevalentemente dettato da una significativa riduzione degli eventi totali di WHF (842 nel gruppo finerenone e 1024 nel gruppo placebo, rapporto di frequenza, 0,82; 95% CI, 0,71-0,94; P = 0,006). La mortalità per cause cardiovascolari non è stata significativamente diversa nei due gruppi (8,1% nel gruppo finerenone e 8,7% nel gruppo placebo; RR, 0,93; 95% CI, 0,78-1,11),
I risultati per l’endpoint primario sono stati coerenti in tutti i sottogruppi pre-specificati, anche per quelli definiti in base alla frazione d’eiezione (<60% o ≥60%) e alla concomitante assunzione o meno degli SGLT2i, attualmente unica classe di farmaci raccomandata dalle linee guida in questa popolazione di pazienti.
Si è osservato un miglioramento della qualità della vita percepita al Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ), ma non della classe NYHA, né si sono registrate significative differenze nella mortalità per tutte le cause (16.4% vs 17.4%, HR 0.93; 95% CI,0.83 – 1.069) o nell’endpoint composito renale, quest’ultimo dato verosimilmente per le caratteristiche della popolazione arruolata, che presentava un basso numero assoluto di eventi renali. Per quanto riguarda la sicurezza, incrementi della creatininemia e della kaliemia sono stati più comuni con finerenone rispetto a placebo; valori di potassio > 6,0 mmol/L si sono osservati nel 3,0% dei pazienti nel gruppo finerenone e nell’1,4% dei pazienti nel gruppo placebo, ma nessun episodio di iperkaliemia è risultato fatale.
Il FINEARTS-HF rappresenta quindi il primo trial condotto con un MRA non steroideo ad aver ridotto la mortalità per cause cardiovascolari e gli eventi correlati allo scompenso cardiaco in pazienti con HFpEF e HFmrEF, con un buon profilo complessivo di sicurezza; un effetto precedentemente riscontrato soltanto con gli SGLT2i,
Al momento, il finerenone è indicato nelle linee guida nei pazienti diabetici con CKD per ridurre il rischio di HF; I risultati del FINEARTS-HF potrebbero tuttavia estendere queste indicazioni, rendendo il finerenone, insieme agli SGLT2i, un ulteriore pilastro della terapia del paziente con HFpEF/HFmrEF.
Bibliografia:
1. Pitt B, Pfeffer MA, Assmann SF, et al. Spironolactone for Heart Failure with Preserved Ejection Fraction. N Engl J Med. 2014;370(15):1383-1392.
2. Agarwal R, Filippatos G, Pitt B, et al. Cardiovascular and kidney outcomes with finerenone in patients with type 2 diabetes and chronic kidney disease: the FIDELITY pooled analysis. Eur Hear J. 2021;43(6):474-484.
3. Solomon, SD, McMurray, JJV, Vaduganathan M, et al. Finerenone in Heart Failure with Mildly Reduced or Preserved Ejection Fraction. N Engl J Med. https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2407107