DR. JEKILL E MISTER HYDE: UN CASO CLINICO DI SINDROME DI HYDE!
di Giovita A. Piccillo
28 Settembre 2021

INTRODUZIONE

La sindrome di Heyde è attualmente definita come un disordine multisistemico caratterizzato dalla coesistenza di stenosi aortica, sanguinamento gastrointestinale e sindrome di von Willebrand acquisita. Si tratta di una sindrome rara che può portare a fatalità se non riconosciuta precocemente. Fu Heyde a segnalare per la prima volta la sindrome nel 1958, con una pubblicazione sul New England Journal of Medicine, indicando come i pazienti anziani con stenosi aortica fossero maggiormente colpiti da sanguinamento intestinale ricorrente. E più tardi, nel 1992, Olearchyck definì con maggior precisione la sindrome come combinazione di stenosi valvolare aortica e sanguinamento gastrointestinale da angiodisplasia. E, sempre nel 1992, Warkentin ipotizzò che la stenosi aortica fosse responsabile di una sindrome di von Willebrand acquisita e del conseguente sviluppo di angiodisplasie nel distretto gastroenterico con inevitabile predisposizione al sanguinamento gastrointestinale ricorrente. E, in anni più recenti, nel 2003, Vincentelli et al. chiarirono che dal 20% al 70% dei pazienti con stenosi aortica grave andavano incontro ad una significativa riduzione dei multimeri ad alto peso molecolare (MAPM) del fattore di von Willebrand, ed inoltre che il 21% dei portatori di stenosi aortica severa avevano sperimentato sanguinamento della pelle o delle mucose nei sei mesi precedenti l’intervento di valvuloplastica aortica e come, infine, la sindrome di Heyde fosse causata da un difetto acquisito del fattore di von Willebrand (vWF), a sua volta dovuto all’elevato stress meccanico del flusso ematico turbolento attorno ed attraverso la valvola stenotica con conseguente attivazione di disintegrine e metalloproteinasi.

Attualmente il modello fisiopatologico proposto ed accolto per la sindrome di Heyde si focalizza principalmente sul ruolo svolto dal passaggio del vWF attraverso la valvola stenotica, con conseguente proteolisi dei MAPM da cui è composto ad opera di una proteinasi che agisce preferenzialmente in situazioni di stress meccanico elevato: si tratta dell’enzima ADAMTS 13 (A Disintegrin And Metalloproteinase with Thrombospondin type 1 motif, member 13), in grado di determinare la perdita dei multimeri larghi del vWF e coinvolto come è noto anche nella sindrome di Moschocowitz. Le MAPM sono infatti molecole molto importanti per un’adeguata emostasi mediata dalle piastrine, interagendo con queste ultime ed in particolare legandosi alla glicoproteina Ib piastrinica. Il vWF, a sua volta, è secreto normalmente dalle cellule endoteliali nel sangue ed agisce come mediatore dell’adesione piastrinica nel sito di lesione vascolare contribuendo alla formazione di trombi piastrinici. Come conseguenza del danno subito dal vWF in tali pazienti si verifica una riduzione del livello plasmatico di fattore VIII ed una compromessa capacità di adesione delle piastrine ai componenti subendoteliali necessaria ad arrestare il sanguinamento intestinale da angiodisplasia e, inoltre, una riduzione della capacità inibente dell’angiogenesi e quindi la maggior predisposizione a formare angiodisplasie.

La sindrome di Heyde è una malattia che colpisce specialmente la popolazione anziana ed infatti viene diagnosticata generalmente in soggetti di età maggiore di 65 anni, affetti  nel 2-7% dei casi da stenosi aortica, tuttavia non abbiamo dati precisi circa la sua reale prevalenza nonostante i sanguinamenti gastrointestinali non siano infrequenti negli anziani: essa è dunque probabilmente spesso misconosciuta e sottostimata!

La diagnosi viene posta innanzitutto attraverso l’attento esame clinico del paziente con l’eventuale rilievo di segni di scompenso cardiocircolatorio, la presenza di soffio sistolico sul focolaio aortico, il pallore anemico di cute e congiuntive e l’eventuale presenza di angiodisplasie al volto, l’evidenza di enterorragia o melena, mentre la diagnosi strumentale è affidata all’endoscopia dell’alto e basso tratto digestivo con esofago-gastroduodenoscopia e pancolonscopia che può in prima battuta essere anche terapeutica, all’angio-TC addome ed eventualmente anche all’indagine con video-entero-capsula specie perreperire le minute angiodisplasie indovate nel tenue, ed all’ecocardiogramma per confermare la stenosi aortica ed il grado di severità della stessa.

L’elettroforesi su gel del fattore di von Willebrand, infine, permette di dimostrare la proteolisi dei multimeri del vWF.

La diagnosi differenziale deve essere posta con altre patologie cardiache predisponenti alla malattia di von Willebrand acquisita, con disordini emocoagulativi (ivi comprese patologie linfoproliferative e mieloproliferative) ed autoimmuni, con ulcera peptica gastrica o duodenale, con diverticolite emorragica, con neoplasie maligne gastrointestinali e non, con malattie infiammatorie croniche dell’intestino, con tossicità da farmaci, con insufficienza renale cronica severa e con cirrosi epatica.

Il trattamento è fondato sulla terapia di supporto (emotrasfusioni, desmopressina), sul trattamento endoscopico con cauterizzazione, sull’embolizzazione durante esame angiografico delle lesioni sanguinanti che non possano essere visualizzate con la colonscopia, oppure, infine, sulla resezione del segmento d’intestino sanguinante nei casi più severi. Ma la vera terapia risolutiva sembra essere rappresentata dalla valvuloplastica aortica!

CASO CLINICO

Un paziente dell’età di 72 anni giunse presso il nostro Dipartimento d’Emergenza per l’improvvisa comparsa di colica addominale con dolori crampiformi a tutti i quadranti addominali, vertigini, dispnea ed intensa astenia associate a cospicua melena. Il paziente non-smoker né drug o alcohol abuser, presentava all’anamnesi un’ipertensione lieve da almeno 10 anni trattata inizialmente con enalapril 5 mg/die successivamente sostituito con sartani, un’insufficienza renale cronica lieve, e svariati ricoveri negli ultimi anni per anemia severa, correlata ad episodi ricorrenti di sanguinamento gastro-intestinale, ma con referti di gastroscopia e pancolonscopia riferiti sempre negativi per lesioni patologiche. Il paziente appariva in condizioni cliniche assai scadute, profondamente pallido, tachicardico, polipnoico, con segni di scompenso cardiaco (II classe NYHA), edemi declivi positivi al segno della fòvea e con evidenza di subcianosi ai prolabi e di una piccola emangiectasia alla commissura labiale destra (Figura 1).

Figura 1: all’esame obiettivo evidenza di subcianosi ai prolabi e di una piccola emangiectasia alla commissura labiale destra

I parametri vitali, prontamente rilevati, mostrarono una pressione sanguigna di 100/65 mmHg, una frequenza sinusale di 83 battiti/minuto, una frequenza respiratoria di 18 respiri/minuto e saturazione di ossigeno del 96% in aria ambiente. Alla valutazione clinica cardiologica venne rilevata la presenza di soffio olosistolico aspro sul focolaio aortico di intensità pari a 3-4/VI di Levine, ed all’ECG vennero evidenziati un ritmo sinusale e la presenza di segni di ipertrofia ventricolare sinistra (Figura 2).

Figura 2: all’ECG evidenza di ritmo sinusale e la presenza di segni di ipertrofia ventricolare sinistra

Gli esami ematologici mostrarono l’evidenza di severa anemia microcitica, ipocromica, sideropenica, ipoferritinemica (RBC 2.100.000/mmc, Hgb 6.5 g/dl, Hct 20%; sideremia 16 µg/ml, ferritina 5 ng/ml), lieve leucocitosi con formula leucocitaria conservata (WBC 11.000/mmc, N 70%, L 30%), normale conta piastrinica (206.000 piastrine/mmc) ed assenza di schistociti. Gli altri dati di laboratorio rilevarono, inoltre, un rialzo dell’azotemia (88 mg/dl) e della creatinina (2.5 mg/dl), con elettroliti sierici nella norma (Na 138 mEq/L, K 3.9 mmol/L, Cl 105 mmol/L), elevati livelli di colesterolo e trigliceridi, ipertransaminasemia (AST e ALT 76 e 98 mg/dl rispettivamente) e di γGT (65 mg/dl), ed incremento della VES (37 mm 2h) e della PCR (58 U/l). Normali risultarono, invece, il fibrinogeno e tutti i parametri emocoagulativi valutati con INR 1.2, APTT 33.2″, PT 11″ e nella norma anche i FDP, mentre l’elettroforesi su gel del vWF mostrò la perdita dei multimeri larghi e dunque la carenza del fattore di von Willebrand (vWF).   

La radiografia del torace mostrò un’ampia ombra cardiaca e segni di scompenso cardiaco congestizio.

L’ecografia dell’addome rivelò un’epatomegalia con segni di steatosi, mentre la TC addominale risultò negativa eccezion fatta per la conferma della steatosi epatica. L’ecocardiogramma mise in evidenza la presenza di una severa stenosi della valvola aortica con un’area di 0.65 cm2 ed un gradiente trans-valvolare di 55 mmHg e di un rigurgito della valvola mitrale (figura 3).

Figura 3: all’Ecocardiogramma evidenza di stensoi aortica severa e di un rigurgito mitralico

Trattato con urgenti trasfusioni (3 unità di emazie concentrate), octreotide e acido tranexamico, il paziente migliorò grandemente assistendo alla scomparsa della melena ed alla riduzione della marcata astenia. Fu sottoposto ad Esofago-Gastro-Duodenoscopia che mostrò la presenza di angiodisplasia duodeno-digiunale con piccole malformazioni vascolari e segni di recente sanguinamento (Figura 4) e fu trattato con cauterizzazione delle anomalie vascolari intestinali all’argon-plasma ottenendo la remissione del sanguinamento ed un rapido miglioramento delle condizioni cliniche generali.

Figura 4: l’EGDS ha mostrato angiodisplasia duodeno-digiunale con piccole malformazioni vascolari e segni di recente sanguinamento
 

Successivamente si completò l’iter diagnostico con pancolonscopia e perlustrazione con video-entero-capsula allo scopo di individuare eventuali altre lesioni angiodisplasiche in altri distretti intestinali.

Al follow-up a tre mesi il paziente appariva in discrete condizioni cliniche generali e non aveva sperimentato ulteriori episodi di sanguinamento gastro-intestinale in attesa di essere sottoposto al trattamento della valvulopatia aortica.

Sottoposto, infine, ad intervento di sostituzione valvolare con protesi biologica il paziente gode di discreto benessere e non ha più presentato, fin qui, ulteriori episodi emorragici del tratto gastroenterico.

DISCUSSIONE La sindrome di Heyde consiste in ricorrenti sanguinamenti intestinali correlati alla presenza di angiodisplasia intestinale e dovuti ad un difetto acquisito del fattore di von Willebrand associato a stenosi della valvola aortica. Purtroppo, molto spesso, le angiodisplasie intestinali sono difficili da individuare e diagnosticare, specialmente se indovate nel tenue ed in tali casi la video-entero-capsula può essere particolarmente utile.  

La fisiopatologia della sindrome, come abbiamo precedentemente discusso, è correlata alla proteolisi del fattore di von Willebrand (vWF) dovuta a sua volta all’alto stress di parete legato al flusso ematico altamente turbolento attorno ed attraverso la valvola aortica patologica ed al conseguente instaurarsi di una sindrome di von Willebrand acquisita, di una riduzione dei fattori inibenti la neoangiogenesi e formazione di angiodisplasie, di un calo del tasso plasmatico di fattore VIII ed in definitiva di un aumentato rischio di sanguinamento della malformazione vascolare. Purtroppo, però, i vasi angiodisplastici che non sanguinano attivamente possono non essere evidenziati durante l’esame endoscopico dei pazienti con sospetta sindrome di Heyde e sanguinamento gastrointestinale anamnestico. Questo contribuisce a rendere la diagnosi a volte difficile, misconosciuta o tardiva. Il sito più comune di angiodisplasie intestinali è il colon, ed in particolare  il cieco ed il colon ascendente. Sebbene rara, la sindrome di Heyde sembra rappresentare il punto di intersezione di una congerie di diverse entità di malattia altrimenti indipendenti. E certamente nonostante le svariate perplessità ed i misteriosi meandri della sindrome di Heyde, la gestione chirurgica mediante sostituzione valvolare aortica (AVR) ha dimostrato di offrire significativi miglioramenti specialmente nei pazienti sintomatici, con una lunga storia di ripetuti ricoveri ospedalieri dovuti a frequenti emorragie gastrointestinali con anemia sintomatica. In definitiva, le opzioni terapeutiche includono i trattamenti immediati di supporto, la localizzazione ed il trattamento con cauterizzazione od embolizzazione delle angiodisplasie intestinali sanguinanti, che tuttavia hanno elevate percentuali di recidiva, e soprattutto, laddove possibile e non controindicato, la valvuloplastica aortica con impianti di protesi valvolari esclusivamente biologiche poiché non necessitano di terapia anticoagulante a vita ma esclusivamente di antiaggreganti piastrinici. Quest’ultima di fatto rappresenta realmente il “gold standard terapeutico” risolvendo sia le anomalie anatomiche, sia le conseguenti alterazioni ematologiche con il risultato di un significativo miglioramento clinico dei pazienti con sindrome di Heyde, determinando la riduzione o più spesso la scomparsa delle recidive emorragiche e migliorandone certamente la performance cardiaca. Tuttavia, altre forme di gestione, quali la cauterizzazione endoscopica dei vasi ectasici e le terapie farmacologiche, che pur hanno tassi di recidiva più elevati, possono essere richieste ed imperative per i pazienti ad elevato rischio di intervento chirurgico.

Concludendo, la sindrome di Heyde con il suo doppio volto  (Dr Jeckill e Mister Hyde) configura un vero ed affascinante banco di prova investigativo per i medici e la sua gestione prevede una solida e “corale” cooperazione di Internisti, Cardiologi, Cardiochirurghi, Gastroenterologi, Ematologi e Patologi Clinici, volta all’aumento delle diagnosi, evidentemente troppo spesso “missed”, ed alla scelta della miglior strategia terapeutica per ogni singolo paziente!

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