Digiuno si? Digiuno no!
di Filippo Stazi
02 Agosto 2022

E’ prassi  usuale fare osservare un digiuno preoperatorio ai pazienti che devono essere sottoposti ad interventi di cardiologia interventistica, quali procedure coronariche percutanee o impianti di dispositivi cardiaci elettronici (pacemaker e defibrillatori). Il tempo minimo di digiuno che viene prescritto è in genere di 6 ore per i cibi solidi e di 2 ore per i liquidi. L’origine di tale condotta risale ai primi temi dell’anestesia, quando si usava il cloroformio, le tecniche di sedazione del paziente erano rudimentali e si aveva giustamente grande timore del rischio di nausea, vomito ed aspirazione polmonare del materiale alimentare.

In realtà il digiuno non è scevro di conseguenze negative potendo esacerbare la risposta dell’organismo al trauma aumentando l’insulino resistenza, la gluconeogenesi e la risposta di fase acuta. Inoltre i soggetti lasciati senza cibo sono potenzialmente esposti a disidratazione, nefropatia indotta dal mezzo di contrasto, ipoglicemia e, soprattutto se anziani, scarso controllo pressorio. Ancora, l’astinenza alimentare è intuitivamente mal tollerata dal paziente e aggiunge ulteriore disagio all’ansiosa attesa dell’intervento e spesso, a causa dei frequenti ritardi e cambi di programmazione tipici dell’attività ospedaliera, si prolunga ben oltre i tempi previsti. Infine, la necessità di osservare il digiuno spesso confligge con un flessibile planning dell’attività con conseguenti posticipi degli interventi, prolungamento dei tempi di degenza, aumentato disagio per il paziente ed incremento dei costi per il sistema sanitario.

Nel campo dell’interventistica coronarica sono disponibili sporadiche segnalazioni derivate da studi osservazionali (1) che mostrano la fattibilità dell’esecuzione di coronarografie ed angioplastiche anche senza un precedente protratto periodo di digiuno del paziente e, nella pratica clinica, la condotta al riguardo è in effetti molto variabile a seconda del giudizio dell’operatore. Nel campo dell’elettrostimolazione, invece, la letteratura sull’argomento è assolutamente carente.

Tale lacuna viene ora, almeno parzialmente, colmata da un interessante studio tedesco, il Fast-CIED (2), condotto al Leipzig Heart Center e pubblicato su Europace. Pazienti candidati a impianto, sostituzione o revisione di pace maker o defibrillatore, sono stati randomizzati 1:1 a osservare (n=101) o meno (n=100) il digiuno preoperatorio. Sono stati esclusi i pazienti con aumentata pressione intraaddominale (body mass index > 40, tumori intraaddominali, ascite), quelli con instabilità emodinamica, già intubati o destinati a sedazione profonda. Nei soggetti randomizzati al digiuno era preclusa l’assunzione di cibi solidi e di liquidi nelle, rispettivamente, 6 e 2 ore precedenti la procedura. I pazienti del gruppo senza digiuno potevano invece mangiare e bere fino a 1 ora prima dell’intervento. Gli end points primari dello studio erano due: il primo prevedeva una valutazione del benessere soggettivo del paziente, ottenuta tramite la compilazione, 30 minuti prima dell’intervento, di un questionario; il secondo, di sicurezza, valutava l’incidenza di eventi avversi intraprocedurali correlati all’assunzione del cibo, quali vomito, aspirazione polmonare perioperatoria ed intubazione in emergenza.

I risultati sembrano smentire la necessità del digiuno preoperatorio. Il benessere soggettivo valutato dal paziente è infatti risultato significativamente migliore (p = 0,029) nel gruppo non tenuto a digiuno, soprattutto relativamente alla sensazione di stanchezza (p = 0,023) e di fame (p < 0,001) mentre nessun evento avverso, collegabile al cibo, si è verificato nei due gruppi. Anche l’occorrenza di nausea intraprocedurale è stata simile (p = 0,299). L’incidenza di infezioni polmonari a 30 giorni dalla procedura, infine, possibile espressione di aspirazioni polmonari misconosciute, non ha presentato differenze statisticamente significative (p = 0,999) tra i due gruppi in esame.

L’altro dato di rilievo che emerge dallo studio è che i tempi effettivi di digiuno sono in realtà molto maggiori di quelli teoricamente previsti: nel gruppo digiuno in media 12,63 ore invece delle 6 previste e 5,2 ore nel gruppo senza digiuno invece di 1 ora. Ciò si verifica perché i tempi in cui vengono serviti i pasti in ospedale sono standardizzati e non tengono conto degli orari a cui vengono eseguite le procedure, motivo per cui i pazienti che sono sottoposti a interventi il mattino presto rischiano di avere come ultimo pasto quello della sera precedente, con tempi di digiuno quindi più lunghi di quanto non sarebbe necessario. Ciò nonostante, nel gruppo dei pazienti per cui non era previsto il digiuno, il 32% si è mantenuto in un tempo di astinenza dal cibo inferiore alle 2 ore e il 42% è rimasto sotto le 3 ore.

In conclusione, quindi, lo studio dimostra che, almeno in un centro ad alto volume di procedure come quello di Lipsia, una strategia che non si avvale di un digiuno protratto prima di una procedura di elettrostimolazione non si associa ad un aumentato rischio di eventi avversi ed ha indubbi vantaggi sia in termini di benessere soggettivo del paziente che di flessibilità organizzativa. Ovviamente, anche in considerazione della natura monocentrica dello studio, trials di maggiori dimensioni saranno necessari per sdoganare definitivamente un tale tipo di condotta.

Bibliografia

  1. Hamid T, Aleem Q, Lau Y et al. Pre-procedural fasting for coronary interventions: is it time to change practice? Heart 2014; 100: 658-661.
  2. Bode K, Gerhards M, Doering M et al. A randomized trial of non-fasting vs fasting for cardiac implantable electronic device procedures (Fast-CIED Study). Europace 202200, 1-10 https//doi.org/10.1093/europace/euac081