DATTE ‘NA MOSSA
di Claudio Ferri
18 Marzo 2016

Un recente lavoro (Diabetologia 2016; 59:709–718) perviene dall’Università di Maastricht e dai ricercatori partecipanti all’omonimo studio. Esso mostra con chiarezza come il rischio cardiovascolare sia “sensibile” a piccole cose, davvero facilmente modificabili.

Ben 2.497 soggetti (età media 60.0 ± 8.1 anni) di entrambi i generi sono stati dotati di un microsensore indossabile, l’activPAL, in grado di valutarne il livello di attività nelle 24 ore per 8 giorni consecutivi.

Orbene, in 1,395 (55.9%) soggetti è stato documentato un normale metabolismo glicidico, in 388 (15.5%) una ridotta tolleranza nei confronti degli idrati di carbonio e in 714 (28.6%) la presenza di un franco diabete mellito di tipo 2.

Un comportamento sedentario incrementava in modo molto consistente il rischio di essere diabetici, in entrambi i generi (odds ratio = 1.22; intervallo di confidenza al 95% = 1.13, 1.32) ed ancor più quello di manifestare la sindrome metabolica (odds ratio =1.39; intervallo di confidenza al 95% = 1.27, 1.53).

In modo a dir poco stupefacente, o forse tutt’altro, tale incremento del rischio era combinato ad un aumento – potremmo definirlo “simpaticamente” – del “tasso di sedentarietà” pari ad una singola ora.

Visto dall’altro lato della medaglia, pertanto, potremmo dire che muoversi anche un’ora al giorno, invece di aumentare, ridurrebbe il rischio di manifestare diabete mellito di tipo 2 oppure sindrome metabolica.

In sintesi: compriamo tutti un semplice contapassi, oppure scarichiamo una app gratuita e muoviamoci, anche poco fa bene. Di più, farà meglio.

Prof. Claudio Ferri
Direttore della Scuola di Medicina Interna
Università degli Studi L’Aquila