DALLO SCI…VOLONE ALLA DIAGNOSI
di Alessandro Di Toro
01 Giugno 2020

La storia clinica di questo paziente comincia incidentalmente nel 2004. Si tratta di un uomo di 53 anni con basso profilo di rischio cardiovascolare che, a seguito di un incidente sugli sci, riporta una frattura femorale e viene sottoposto ad ECG preoperatorio (Figura 1).

Il mese successivo viene eseguita valutazione cardiologica con ecocardiogramma che non mostra alterazioni significative: normale cinetica segmentaria e normali spessori parietali del ventricolo sinistro (max mm 11).

L’ anno dopo, nel sospetto di un’eziologia ischemica per toracoalgie atipiche viene sottoposto a scintigrafia miocardica che risulta negativa per anomalie della perfusione.

Durante i 7 anni successivi (fino all’età di 60 anni) il paziente si sottopone a visita cardiologica annuale senza ecocardiografia e rimane asintomatico. All’ECG persistono le note anomalie elettrocardiografiche ma non viene posta alcuna diagnosi.

Nel 2013, per indagare ulteriormente le anomalie elettrocardiografiche (che nel frattempo si sono fatte più evidenti), all’età di 61 anni, il paziente viene ricoverato e vengono eseguiti test ergometrico (peggioramento delle alterazioni ECG basali) e coronarografia (negativa per riduzioni significative dei lumi vascolari). L’ecocardiogramma rileva ipertrofia del ventricolo sinistro a carattere concentrico con spessore massimo fino a 16 mm in assenza di anomalie della cinesi parietale, lieve disfunzione diastolica e dilatazione atriale. Viene quindi posta diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica, patologia che, a seguito della raccolta dell’anamnesi familiare, risulta essere presente anche nel fratello del paziente.

La RM eseguita l’anno successivo (9 anni dalla comparsa delle anomalie ECG) conferma ipertrofia parietale a carattere concentrico (fin a 15 mm a livello del setto interventricolare) in assenza di late enhancement (LE) e funzione sistolica conservata (Figura 2).

Negli anni successivi, a paziente asintomatico, le anomalie della ripolarizzazione si fanno più marcate (Figura 3) e l’ecocardiogramma mostra ulteriore aumento degli spessori parietali, peggioramento del grado di disfunzione diastolica e della dilatazione atriale (che a 65 anni è ormai severa).

Nel 2017, durante la prima valutazione presso il nostro centro (a 13 anni dal primo rilievo delle anomalie elettrocardiografiche) il paziente si presenta asintomatico, normoteso, con normale habitus corporeo e con normofunzione renale. Il confronto degli elettrocardiogrammi passati mostra evidente accentuazione delle alterazioni della ripolarizzazione con aumento dei voltaggi (Figura 4). L’ecocardiogramma conferma l’importante ipertrofia ventricolare sinistra (Figura 5).

E’ stata ripetuta una RMN (Figura 6) che documenta: spessore a livello del setto interventricolare 16 mm; spessore della parete libera del ventricolo destro 4 mm; funzione sistolica conservata; LE medio-basale infero-laterale.

Nel sospetto di una fenocopia di cardiomiopatia ipertrofica, viene eseguita biopsia endomiocardica che dimostra, sia al microscopio ottico che elettronico, la presenza di accumuli intramiocitari di GB3 (Figura 7).

Viene posta indicazione al percorso genetico e ad approfondimento diagnostico.

Il counseling genetico, dopo completamento del percorso genetico e clinico nella famiglia documenta possibile trasmissione X-linked della patologia (Figura 8).

Il test genetico identifica la variante patogenica p.(Phe113Leu) nel gene ALPHA-GALACTOSIDASE A (GLA).

La diagnosi finale è Malattia di Anderson-Fabry, variante late-onset